Martedì, 17 Settembre 2019 10:14

Renzi rompe gli indugi, lascia il Pd: con lui una trentina di Parlamentari. E in Abruzzo? D'Alessandro lo segue, Pezzopane e D'Alfonso restano nei dem

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E dunque, Matteo Renzi ha rotto gli indugi lasciando il Partito Democratico, una mossa, in realtà, attesa da tempo. 

Va detto che l'ex premier, "senatore semplice di Scandicci" come ha avuto modo di definirsi, è un fuoriclasse della tattica politica; con una inattesa giravolta, ha colto al volo l'occasione della crisi aperta da Matteo Salvini, 'forzando' il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, all'alleanza con i 5 Stelle: così, ha riacquisito centralità, mantenendo il controllo dei gruppi parlamentari che avrebbe perso se si fosse tornati alle urne, e divenendo indispensabile per la tenuta del Governo. Dunque, giurato l'esecutivo ha ufficializzato l'uscita dal Pd portando con sé una trentina di parlamentari e lasciando nei gruppi dem alcuni dei suoi fedelissimi, e tra gli altri Luca Lotti, Lorenzo Guerini e Andrea Marcucci

D'ora in avanti, Renzi sarà determinante per le sorti del così detto 'Conte bis' giocando, tra l'altro, da battitore libero, pur avendo al Governo due ministri - Teresa Bellanova (che sarà capo della delegazione renziana) e Elena Bonetti, oltre al sottosegretario Ivan Scalfarotto. Di lotta e di governo, insomma.

Un capolavoro politico. 

Se non fosse che la tattica politica, oggi, è ciò che più di ogni altra cosa allontana la gente dalla politica, e questo Matteo Renzi non l'ha ancora capito. 

Sta di fatto che il dado è tratto: per ora a seguire Renzi saranno i senatori Giuseppe Cucca e Daniela Sbrollini, Francesco Bonifazi, Teresa Bellanova, Davide Faraone, Valeria Sudano, Ernesto Magorno, Laura Garavini, Eugenio Comincini, Nadia Ginetti, Mauro Marino, Leonardo Grimani; tra i deputati, lo seguiranno Maria Elena Boschi, Gennaro Migliore, Ivan Scalfarotto, Michele Anzaldi, Roberto Giachetti, Silvia Fregolent, Marco Di Maio, Luciano Nobili, Luigi Marattin, Lucia Annibali, Mauro Del Barba, Mattia Mor, Nicola Carè, Massimo Ungaro e l'abruzzese Camillo D'Alessandro. "I parlamentari saranno trenta, più o meno. Non dico che c'è un numero chiuso, ma quasi" ha spiegato Renzi a Repubblica. 

Ieri sera, il "senatore semplice di Scandicci" ha avvertito il premier Giuseppe Conte assicurandogli pieno sostegno: "Non indebolisco il fronte anti-Salvini - le sue parole - anzi, allargherò la maggioranza".

Verrebbe da pensare allo "stai sereno" che tagliò le gambe all'allora premier Enrico Letta: in realtà, Renzi ha chiarito che "la prima elezione" cui il nuovo movimento si presenterà "saranno le politiche, sperando che siano nel 2023". L'ex premier ci ha abituato a repentinei cambi di direzione, lo dicevamo: stavolta, però, c'è da credere che non forzerà la mano per far precipitare la situazione. Anzi, si è messo in una posizione di comodo per lavorare al suo progetto politico, una forza centrista, liberale, capace di attrarre l'elettorato in uscita da Forza Italia e il voto d'opinione di chi non è di sinistra e non ama i populismi. Alla Macron, per intenderci. Soltanto quando sentirà che il momento è giusto, Renzi romperà la 'strana' alleanza di governo con il Pd e con il Movimento 5 Stelle. 

Intanto, da "senatore semplice" avvierà una campagna elettorale permanente, governativo in Parlamento e agguerrito fuori, laddove ha già annunciato che non sosterrà eventuali alleanze tra Pd e M5S alle elezioni locali, minando la segreteria Zingaretti: "A me l'alleanza strategica con Di Maio non convince. Non ho fatto tutto questo lavoro per morire socio di Rousseau. Per me la politica è un'altra cosa rispetto all'algoritmo di Casaleggio. Ma non voglio disturbare il Pd", ha assicurato. "La nostra Casa non si candiderà né alle regionali né alle comunali, almeno per un anno. Chi vorrà impegnarsi lo farà con liste civiche o da indipendente".

Ora, la palla passa nel campo dei dem; Zingaretti è in una posizione davvero scomoda, segretario di un partito non più decisivo per le sorti di un governo che, in fondo, non voleva, minoranza di maggioranza in Parlamento con alcuni 'renziani' di ferro formalmente ancora nei gruppi. E' evidente che a breve potrebbero rientrare gli 'scissionisti' di Articolo 1, tuttavia la questione in seno ai dem è assai più ampia e attiene al futuro del partito, alla sua vocazione. Il Pd è nato con una esplicita vocazione maggioritaria, con l'ambizione di fare sintesi tra diverse culture politiche, sul modello dei grandi partiti americani; ora, il Paese sta tornando verso un modello proporzionale: dunque, il Pd dovrà fare lo sforzo di trasformarsi in un partito di chiara ispirazione socialista - magari cambiando nome e simbolo - oppure resterà 'vittima' delle sue soffocanti frammentazioni.

La questione abruzzese

E in Abruzzo, che cosa accadrà? Il partito viene dalla elezione del segretario regionale Michele Fina, maturata in modo trasversale tra le diversi correnti per evitare che si arrivasse ad uno scontro frontale tra Luciano D'Alfonso e Giovanni Legnini; si è dato il via, così, ad un tentativo di rinnovamento della classe dirigente regionale, mettendo all'angolo i maggiorenti del partito e aprendo, di fatto, alla svolta politica dettata da Nicola Zingaretti. 

L'ennesimo terremoto di queste ore, però, potrebbe minare alle fondamenta il progetto. 

D'altra parte, la mancata nomina di esponenti dem abruzzesi ha lasciato il segno: D'Alfonso ha apertamente attaccato Legnini, pur senza citarlo, lasciando intendere che l'ex vicepresidente del Csm abbia remato contro la sua investitura a sottosegretario. Tra l'altro, i parlamentari abruzzesi non hanno mancato di manifestare il loro malumore, accusando il segretario regionale di non aver esercitato la dovuta pressione ai tavoli romani.

Sta di fatto che, al momento, il senatore Luciano D'Alfonso sembrerebbe voler restare nel partito: "Come sempre sarò una infrastruttura del PD nella mia regione e in Senato", ha chiarito; "coltiverò idee, passione, letture e dedizione, senza rinunciare a prendere in giro con pensata irriverenza l’incapace di turno. Sosterrò il cantiere del Governo con entusiasmo e produttività. Parallelamente mi divertirò a ingrandire le inadeguatezze, aiutandomi con le mille letture fatte sulle qualità irrinunciabili della politica". Parole che suonano davvero come un avvertimento. L'ex governatore è tra coloro che staranno nel Pd pur se legati a Matteo Renzi. 

Chi farà da pontiere è il deputato Camillo D'Alessandro che ha rotto gli indugi: seguirà l'ex premier nella nuova esperienza politica. "Quando si esce non si sbatte la porta. Ma ci si gira e si dice grazie. Io compio una scelta innanzitutto dicendo grazie alla comunità del Partito Democratico, che ho avuto l'onore di rappresentare nei diversi impegni istituzionali", le sue parole. "Ho aderito alla iniziativa politica di Matteo Renzi per costruire uno spazio politico capace di coraggio ed innovazione, non alternativo ma alleato al nuovo corso del Pd. I sostenitori del campo largo dovrebbero riflettere su questa opportunità. Si tratta di farlo. Ciò nulla toglie alla funzione del Pd nella sua capacità di vocazione plurale, che significa tanto, ma non tutto, soprattutto in ragione di un accordo di governo PD-5Stelle che può diventare alleanza politica in prospettiva. Non si mette in discussione il Governo, che avrà sostegno leale e forse una maggioranza ancora più larga. Ci faremo portatori di idee partendo e rispettando il programma di Governo. Ho ascoltato tanti amici, tutti era impossibile, e li ringrazio per le riflessioni condivise, per le parole di verità, per le diverse posizioni e consigli. Continuerò a lavorare con lealtà, con lo stesso impegno e passione. Vi risparmio l'emozione, commozione di queste ore, lo stato d'animo, le notti insonni. Le risparmio perché sono mie e le porterò dietro per tutta la vita. Adesso al lavoro per il bene dei cittadini italiani e per il mio Abruzzo". 

Lascia i dem anche l'ex segretario regionale Marco Rapino, vicinissimo a D'Alfonso, che l'ha annunciato con un post pubblicato su Facebook.

Resterà nel Pd, invece, la deputata aquilana Stefania Pezzopane. "È la mia casa politica, ho lottato per averla, per cambiarla. Resto a casa mia. Da ieri e soprattutto questa mattina in tanti mi stanno scrivendo e chiamando per sapere cosa faccio. Mi scrivono "mica te ne vai? che succede"? Non avrei mai voluto essere messa di fronte ad una tale scelta, ma confermo la mia volontà di 10 anni fa di contribuire a creare proprio questo partito e di essere al servizio di questa comunità", le sue parole affidate ad una nota. "In queste ore - ha aggiunto Pezzopane - sono impegnata a capire perché tutto ciò. E oggi incontrerò amici e colleghi che ci stanno lasciando alla Camera, per domandare loro le ragioni di qualcosa che mi risulta del tutto inspiegabile e sbagliato. Sono stati giorni duri ed ore difficili. Oggi dico solo che resto nel Pd. E pur rispettando la scelta di altri, non la condivido. E vorrei che prima di tutto ci fosse il rispetto delle scelte di tutti e ciascuno. E' un errore, come ogni altra divisione avvenuta in questi anni. Per il partito e per il paese".

"Lascia sconcertati i nostri elettori, a cui la nuova fase sta dando un po' di speranza ed ottimismo" ha proseguito Pezzopane. "Sono e resto nel PD. Lavoriamo a che non prevalgano nel partito e verso l'esterno massimalismi. Ho condiviso l'entusiasmo innovativo di una stagione passata, di cui Renzi è stato uno dei protagonisti. Quella esigenza di riformismo e cambiamento ha pieno titolo dentro il Pd, anzi il Pd vive per riformare e cambiare. Sicuramente è importante che ci sia una forza fuori dal Pd che aggrega i moderati e con la quale allearsi pure contro le destre, ma non mi piace che questo tentativo nasca da una scissione dal Pd e su input di un ex segretario. Così è un errore e uno schiaffo al popolo dem. Nel giro di un mese sono successe tante cose: alleanza con i 5 stelle e Pd al governo; Conte premier; alleanza organica coi 5 stelle nelle regioni. Tutti temi da discutere ed approfondire. Perché proprio ora una scissione? Il paese ha bisogno di una prospettiva che non lasci più spazio ad errori e sottovalutazioni che portino la destra populista e sovranista a impossessarsi delle istituzioni. Un abbraccio a tutte le mie compagne e compagni di viaggio che stanno nel Pd. Un sorriso triste per chi va via". 

Ultima modifica il Mercoledì, 18 Settembre 2019 13:55

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