Mercoledì, 17 Aprile 2013 01:00

Elezione del Presidente della Repubblica: le ultime frenetiche ore, nelle stanze del potere

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È Milena Gabanelli la candidata del Movimento 5 Stelle alla presidenza della Repubblica, selezionata al termine dei due turni di quirinarie online. Gli altri candidati in ordine di preferenze ottenute sono Gino Strada e Stefano Rodotà. Qualche ora prima la fine delle votazioni, Gianroberto Casaleggio era intervenuto per disegnare l’identikit del candidato ideale, una personalità “fuori dai partiti” aveva chiesto a Torino. Per molti, un invito neanche troppo esplicito a non votare Romano Prodi ed Emma Bonino.

Sul sito di Beppe Grillo si parla di 48.000 votanti accreditati al primo turno. Ma nessun dato specifico è stato diffuso dal movimento. Alla faccia della democrazia liquida. Non è questo, però, a far riflettere. La candidatura di Milena Gabanelli apre scenari impensabili, fino a qualche giorno fa. "Quando pensano che tu sia all'altezza di un compito così grande si può solo essere onorati, perché è altamente gratificante", ha detto la giornalista di Report, che ha aggiunto di sentirsi "assolutamente commossa e anche sopravvalutata". Si è presa una notte per rifletterci, la sensazione è che rinuncerà alla candidatura, come ha già fatto Gino Strada. Se non sarà la Gabanelli, ha detto Grillo, via libera a Stefano Rodotà. E qui il discorso si fa intrigante, perché il giurista sembra raccogliere simpatie trasversali. A sinistra, in particolare.

Intanto, quello della giornalista Rai è nome spendibile e capace di aprire porte che sembravano oramai chiuse: “Bersani voti la Gabanelli", ha detto Grillo in un video postato in rete, "ci potremmo togliere qualche soddisfazione, potrebbe essere l'inizio chissà di una collaborazione, cominciamo da lì poi vedremo su cose come il conflitto di interessi e i rimborsi elettorali".

                                           

Una risposta arriva poco dopo, a TeleQuirinale su RepubblicaTv: Alessandra Moretti, bersaniana di ferro, dichiara che “è arrivato il momento di iniziare a discutere. Il Pd continuerà a cercare l'intesa su una figura capace di raccogliere il consenso più ampio possibile”. Piccole sfumature, sottili giochi politici. Che potrebbero spalancare le porte a Rodotà.

                                           

Il Partito Democratico, infatti, ha la necessità di indicare un nome forte “prima che esploda (e il paese ne risenta)”, scriveva ieri Ezio Mauro in un editoriale proprio su Repubblica. “Come succede a chi sta fermo, il Pd rischia di importare all’interno del suo recinto la crisi che paralizza un sistema impazzito. Per ora le polemiche – furibonda quella tra Renzi e Finocchiaro – dividono il gruppo dirigente. Ma se il Pd non sceglie un nome per il Quirinale, subendo l’iniziativa e le preferenze di Grillo e di Berlusconi, il gruppo dirigente rischia di dividersi dalla sua opinione pubblica di riferimento e il partito di avere un ruolo gregario nella grande partita per il Colle”.

Ha ragione. Il partito sta bollendo ad alta temperatura. Ad agitare ulteriormente le acque, l’incontro tra Renzi e Berlusconi: un faccia a faccia di venti minuti, lontani da telecamere e taccuini, a margine di una iniziativa a Parma. “Un incontro cordiale”, ha detto il sindaco di Firenze. Insomma, il Pd deve fare la prima mossa e non può sbagliarla: nessun aut aut, dunque, hanno spiegato fonti interne al partito, "massimo rispetto per la Gabanelli, ma per noi vale il metodo dei due terzi. Se ognuno arriva con la sua bandierina dalle prime votazioni, è impossibile arrivare ad una candidatura ampiamente condivisa". In molti spingono per l’elezione di Giuliano Amato, che potrebbe evitare di arrivare alla quarta votazione. Il Pdl, in particolare, teme che così verrebbe eletto di sicuro Romano Prodi. Sul nome di Amato hanno discusso, ieri, Pier Luigi Bersani e Mario Monti. E proprio sull’ex presidente del Consiglio si potrebbe registrare, dunque, una convergenza ampia, per evitare scelte divisive che potrebbero creare ancora maggiore confusione nell’intricato scenario politico italiano.

Se non si dovesse arrivare ad un accordo, però, ecco che l’opzione Rodotà, da votare con il Movimento 5 Stelle, sarebbe più che probabile e potrebbe aprire alla possibilità di una fiducia grillina ad un esecutivo di centro-sinistra.

Sono ore frenetiche, dunque. E domani c'è la prima votazione a Camere riunite. Appuntamento alle 10.

parlamento

Le regole per l’elezione del Presidente della Repubblica.

L’iter per l’elezione della massima carica dello Stato che, salvo imprevisti, resta in mandato per sette anni è sancito nell’articolo 83 della Costituzione. Per l’elezione, il Parlamento si riunisce in seduta comune. Partecipano anche tre delegati per Regione eletti dal Consiglio regionale (un solo delegato per la Valle d’Aosta). In rappresentanza dell’Abruzzo ci saranno Gianni Chiodi, Nazaro Pagano e Camillo D’Alessandro del Partito Democratico, il più giovane dei grandi elettori italiani. Il successore di Giorgio Napolitano sarà scelto da 630 deputati, 319 senatori (315 eletti e 4 senatori a vita) e 58 delegati delle Regioni. In totale, 1007 elettori. L’elezione avviene a scrutinio segreto e richiede la maggioranza di due terzi dell’assemblea nei primi tre scrutini; solo dal quarto in poi è sufficiente la maggioranza assoluta (la metà più uno). 

Chi può essere eletto al Quirinale?

Sulla carta qualunque cittadino italiano che abbia compiuto i 50 anni e goda dei diritti civili e politici può essere eletto al Quirinale. Lo sancisce la Costituzione, che non esclude possa essere rieletto il Presidente in carica anche se, ad oggi, questa evenienza non si è mai verificata. E Napolitano ha chiarito di non voler assolutamente prendere in considerazione un secondo mandato.

Giochi probabilistici.

Da Luigi Einaudi in poi, solo chi aveva già ricoperto alte cariche istituzionali si è seduto sulla poltrone del Colle. Antonio Segni, Giovanni Leone, Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi prima di arrivare al Quirinale erano stati Presidenti del Consiglio dei Ministri; Luigi Einaudi e Antonio Saragat erano stati Vice Presidenti. Giovanni Gronchi, Sandro Pertini, Oscar Luigi Scalfaro e Giorgio Napolitano, avevano presieduto la Camera dei deputati mentre Cossiga e Saragat furono rispettivamente a capo del Senato e dell’Assemblea Costituente. Non è un caso, dunque, che i nomi di Prodi e Amato siano tra i più gettonati.

Giochi di numeri.

Come detto, nei primi tre scrutini è richiesta la maggioranza di due terzi, 671 membri dunque, mentre dalla quarta votazione in poi basta la maggioranza assoluta, 504 membri. Il centrosinistra può contare su circa 490 voti tra parlamentari e delegati, per cui teoricamente potrebbe eleggere il nuovo presidente con pochi voti raccolti tra i montiani tra i grillini in quarta votazione. Di qui l’ipotesi Rodotà, se non si dovesse arrivare ad un accordo con il Pdl su un nome di garanzia, come quello di Amato, che sarebbe eletto nei primi tre scrutini. Nessuna coalizione, infatti, per l'attuale composizione del Parlamento, può eleggere da sola il presidente della Repubblica.

Non sono assolutamente da escludere novità dell’ultimo minuto, è chiaro. Non sarebbe la prima volta. I nomi che circolano in queste ore, Rodotà, Amato, Gabanelli, Prodi e Letta (vecchia proposta Pdl), potrebbero semplicemente nascondere le personalità su cui i partiti stanno trattando in queste ore frenetiche. Staremo a vedere. Già da domani.

Ultima modifica il Mercoledì, 17 Aprile 2013 01:32

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