Un mese dopo, la crisi di maggioranza al Comune dell'Aquila non ha ancora trovato una soluzione e, d’altra parte, non se ne sono comprese fino in fondo le ragioni; un mese dopo, ci si ritrova con una Giunta azzoppata, con tre assessori che seppur formalmente in carica – con relativo stipendio – non detengono alcuna delega.
In queste settimane, la città sta gestendo la difficile stagione turistica post-covid senza l’assessore delegato, con Fabrizia Aquilio che ha partecipato da spettatrice alla presentazione del programma della Perdonanza e da protagonista, non si è capito a che titolo, alla conferenza stampa di lancio della nuova guida turistica del capoluogo di Regione. Emblematiche, in tal senso, le parole degli albergatori di Fonte Cerreto e, in particolare, di Ada Fiordigigli che, sulle pagine del quotidiano Il Centro, si è lasciata andare ad un durissimo sfogo: “Serve un collegamento diretto tra L'Aquila e il Gran Sasso, un progetto a cui stava lavorando l'assessore al Turismo, Fabrizia Aquilio, che aveva programmato l'apertura di un infopoint anche a Fonte Cerreto. Ma il sindaco Biondi le ha tolto le deleghe e non se n'è fatto più nulla. E questo nel pieno della stagione, dopo il lockdown e con il settore in ginocchio”.
Ancor più grave, L’Aquila ha vissuto l’emergenza incendi senza l’assessore delegato all’ambiente e alla Protezione civile col paradosso che, all’alba del vasto rogo ad Arischia, il presidente della Regione Marco Marsilio comunicava alla stampa di essere sul posto col sindaco dell’Aquila e con l’assessore comunale alla Protezione civile Fabrizio Taranta che, tuttavia, non deteneva più alcuna delega da settimane. E spenti gli ultimi focolai attivi, ci sarà da scrivere sulla gestione di una emergenza che, a tutti i livelli, ha svelato evidenti criticità.
Ora, la città si prepara a vivere un autunno che si preannuncia tra i più difficili dal dopoguerra; andrà affrontata l’emergenza sanitaria, nient’affatto risolta e che, anzi, vivrà presumibilmente di altre fasi acute, e soprattutto l’emergenza economica e, dunque, sociale, con una crisi che sarà peggiore di quella del 2008.
Si è già in ritardo, ovunque beninteso, nel pianificare il rientro a scuola con i Comuni che, per gli edifici di competenza, dovranno assicurare spazi adeguati al rispetto del distanziamento sociale, sfida ancor più difficile in una città che, in 11 anni, non ha saputo ricostruire scuole sicure e moderne; è stato specificato che i lavori necessari a rispondere alle direttive del governo partiranno subito dopo ferragosto con l’obiettivo di concludersi nella prima decade di settembre: a dirlo, gli assessori Francesco Bignotti (Politiche scolastiche ed educative) e Vittorio Fabrizi (Opere pubbliche), quest’ultimo, di fatto, sfiduciato dal gruppo consiliare che lo esprime in Giunta, Fratelli d’Italia, il partito del sindaco, che vorrebbe la sua testa.
Non solo. Va sciolto il nodo della refezione scolastica e, ancor più intricato, quello del trasporto pubblico locale, con Ama che dovrà garantire il servizio rispettando le norme anti Covid.
La crisi economica rischia di minare la tenuta sociale della città: l’amministrazione attiva non ha competenze specifiche sul lavoro, ma va affrontato con serietà il tema dei fondi restanti a valere sul 4% delle risorse della ricostruzione destinate allo sviluppo economico; non va sprecata l’occasione di utilizzare al meglio questa formidabile leva per reggere all’urto della crisi, investendo su un'idea di sviluppo che dovrà avere ricadute occupazionali misurabili. Purtroppo, sulla definizione di un progetto di rilancio economico della città siamo ancora all’anno zero; la domanda che dovremmo porci è semplicissima: finita la ricostruzione, di cosa vivrà L’Aquila e il suo territorio?
Vanno messe in campo politiche sociali rinnovate e innovative capaci di dare respiro alle famiglie in difficoltà, e in città sono sempre di più sebbene restino nell'ombra e colpevolmente poco raccontate.
C’è da dare risposta alle legittime aspettative dei cittadini che vorrebbero un centro storico vivibile, non soffocato da automobili e mezzi della ricostruzione, ma vanno tenute in considerazione anche le richieste dei commercianti che lamentano l’assenza di parcheggi, di servizi e persino di decoro urbano; il rischio che corriamo è che il centro storico resti una magnifica scenografia per gli eventi estivi, con pochi residenti e poche attività commerciali.
C’è da prestare particolare cura, e attenzione, alla città fuori le mura, al tessuto urbanistico e sociale sfilacciato - e di nuovo, L’Aquila al momento non ha un assessore all’urbanistica e non avrà, ancora per anni, un piano regolatore - che va necessariamente ‘ricucito’, in un’ottica di sviluppo coerente e capace di alzare lo sguardo oltre le mura, riconnettendo le periferie, le frazioni e, ancora oltre, i comuni di prossimità. L’attuale maggioranza ha vinto le elezioni, anche e soprattutto, promettendo un’attenzione particolare ai territori marginali, che marginali, però, sono rimasti. Oltre la ricostruzione, in alcune frazioni dell’Aquila mancano i servizi primari come la raccolta dei rifiuti porta a porta e, persino, le isole ecologiche. Per non parlare delle periferie che erano, e restano, dormitori privi di luoghi di incontro e socialità. Intanto, si discute ancora del destino del Ponte Belvedere.
Del trasporto pubblico si è già detto, in riferimento all’emergenza Covid; più in generale, però, va assicurato un servizio che sia davvero fruibile e accessibile: ci si sta concentrando - e giustamente - sulla mobilità elettrica, sulle biciclette a pedalata assistita, ma all’Aquila non c’è ancora un tratto di pista ciclabile percorribile.
E potremmo aggiungere delle difficoltà del mondo culturale cittadino – anche qui, ci si è chiesti di che destino avranno le nostre Istituzioni una volta terminati i fondi del 4% e ci si è domandati come reggeranno all’urto della crisi le piccole realtà che arricchiscono di vitalità e vivacità la città? – delle aspettative mancate su una vera rinascita turistica che pure si potrebbe immaginare in questa particolare contingenza storica, e così via.
Si tratta di problemi che ci portiamo dietro da anni, ma che rischiano di acuirsi nei prossimi difficilissimi mesi che chiameranno la classe dirigente di questa città, l’amministrazione attiva in particolare, a mettere in campo politiche capaci di affrontare la crisi e di guardare al necessario rilancio del territorio che passerà dalla definizione di una vocazione possibile. E’ un’urgenza esasperata, oramai, dall'emergenza sanitaria globale che, ad autunno potremo toccarlo con mano, sta cambiando e cambierà i modelli cui siamo stati abituati.
Ecco il motivo per cui i giochi della vecchia politica sono, francamente, inaccettabili.
Le forze di centrodestra alla guida della città hanno il dovere di risolvere la crisi, di mettere un punto fermo ad una situazione che si è fatta imbarazzante, ricostituendo una Giunta forte, credibile, capace di affrontare con determinazione, e con idee chiare, i prossimi due anni di legislatura.
Non c’è altro tempo da perdere.
Se c’è ancora una maggioranza, che torni a governare lasciando finalmente da parte vecchie ruggini, ambizioni di carrierismo personale, sterili equilibri partitici lontani dalla vita reale delle persone e dalle loro esigenze.
Per farla semplice: se la Lega reputa fallita l’esperienza di governo, come lasciato intendere dal suo capogruppo Francesco De Santis, abbia il coraggio di ritirare gli assessori e di rompere definitivamente con l’attuale maggioranza; d’altra parte, se il sindaco Biondi non nutre più un rapporto di fiducia con gli assessori cui ha ritirato le deleghe, avvii un rimpasto di Giunta.
Se una maggioranza non c’è più, si apra una crisi trasparente per capire se, in seno al Consiglio comunale, ci sono forze, o singoli consiglieri fino ad ora all'opposizione, pronti a sostenere il sindaco Biondi fino alla fine del suo mandato; altrimenti, si abbia l'onestà di staccare la spina.
E le opposizioni, giochino finalmente un ruolo ‘attivo’ in questa crisi; chi si candida ad offrire alla città una alternativa di governo, non può limitarsi a restare a guardare.