Il governatore della Regione Abruzzo Gianni Chiodi, ricandidato alle prossime regionali in seno a Forza Italia, è sotto scorta da una ventina di giorni.
Lo conferma all'AGI lo stesso presidente il quale, tuttavia, sostiene di non conoscerne i motivi. La decisione è stata assunta dal prefetto del capoluogo di regione, Francesco Alecci. Da quanto si apprende da fonti investigative il nome di Chiodi, come presunto 'bersaglio' sarebbe venuto fuori da intercettazioni telefoniche ordinate dalla Procura di Torino.
Il governatore è seguito a turno, costantemente, da agenti della Digos e dei carabinieri. Anche la sua abitazione di Teramo viene costantemente vigilata dalle forze dell'ordine. Per Chiodi, si tratta di un provvedimento che - ha sottolineato - mi fa stare più tranquillo.
Campagna elettorale blindata, dunque. Gli agenti non lo perdono mai di vista, anche quando si reca fuori dall'Abruzzo. "Dell'indagine - ribadisce Chiodi - non so assolutamente nulla: Posso dire di non aver ricevuto minacce di alcun genere se non un paio di anni fa quando ignoti mi fecero recapitare alcuni proiettili nella sede di Pescara dell'assessorato alla Sanità".
"Dalle indagini - commenta il presidente - evidentemente è stato rilevato nei miei confronti un rischio concreto circa la mia incolumità. Ma ripeto, non so nulla. I miei interlocutori, a oggi, sono stati la questura dell'Aquila e il prefetto Alecci". Sempre secondo quanto riferito da Gianni Chiodi, la scorta proseguirà fino al prossimo 30 maggio, "poi si vedrà cosa accade. Per quanto mi riguarda - ha concluso il candidato di centrodestra - mi sento assolutamente sereno per ciò che riguarda il mio lavoro politico-istituzionale. So di aver agito per il bene della collettività. Avrò pestato i piedi a qualcuno? Avrò detto troppi no? Non lo so. E' certo, comunque, che allo stato degli atti c'è uno Stato che funziona e che adotta quella prevenzione che mi fa stare certamente più tranquillo".