Venerdì, 09 Maggio 2014 02:04

Ricostruzione, Legnini: "Convenzione con Abi per garantire i fondi"

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La concomitanza delle elezioni europee con quelle regionali sta facendo scivolare le prime, già normalmente snobbate dai cittadini, sullo sfondo, oscurandole soprattutto in termini di visibilità mediatica.

Eppure i destini della ricostruzione dell'Aquila sono appesi più ad alcune decisioni attese da Bruxelles che non a quel che potranno fare Regione, governo e parlamento italiano.

La spada di Damocle che pende sul futuro dell'Aquila è quella del patto di stabilità. Difficilmente la ricostruzione potrà giungere a un effettivo compimento senza una rinegoziazione di quell'accordo, che, com'è noto, impone ai paesi dell'Unione di tenere il rapporto deficit/pil sotto il 3%.

Se ne è parlato tante volte, lo stesso sindaco Cialente ha rimarcato in più di un'occasione la necessità di ricontrattare con Bruxelles alcune regole, chiedendo, ad esempio, che le spese sostenute dagli Stati per far fronte alle calamità naturali non vengano considerate un indebitamento.

Se ne è parlato, di nuovo, ieri, in un incontro promosso dal consigliere regionale del Pd Giovanni D'Amico, al quale hanno partecipato anche il parlamentare europeo Gianni Pittella (candidato nella  circoscrizione Sud, della quale fa parte anche l'Abruzzo) e il sottosegretario all'Economia con delega alla ricostruzione Giovanni Legnini.

Quest'ultimo, in particolare, ha ricordato che, tra qualche mese, i soldi saranno finiti; per evitare la paralisi dei progetti e dei cantieri, il governo, insieme al Comune, si sta scervellando per trovare un meccanismo di finanziamento in grado di assicurare un flusso di cassa costante che sia, però, anche compatibile con le ferree regole di bilancio dell'Ue.

Legnini ha ricordato che la ragione per cui il rinnovo della convenzione fra Abi e Cassa Depositi e Prestiti, da tutti invocata come la soluzione migliore per far marciare senza intoppi la ricostruzione, è sfumato risiede proprio nel niet opposto da Bruxelles e dai suoi parametri vincolanti.

“Per questo” ha detto Legnini “il meccanismo che vorremo tentare di mettere su, senza illusioni ma con determinazione, è di coinvolgere il sistema bancario privato nell'anticipazione degli stanziamenti pluriennali, in modo tale da non subire più le obiezioni della Commissione”.

Un'altra partita che si giocherà a Bruxelles è quella sulle tasse. Com'è noto, migliaia di aziende del Cratere rischiano di dover restituire al 100% le imposte e i contributi dai quali erano state esentate nell'immediato post terremoto.

L'Europa sta valutando se considerare o meno quello sconto un aiuto di Stato non conforme alle leggi comunitarie. A tal proposito Legnini ha detto che “lunedì prossimo ci sarà, a Roma, un incontro tra governo, Comune dell'Aquila e rappresentanti della Commissione Europea per la Concorrenza per discutere la materia”.

Dallo scioglimento di questo nodo dipenderà, probabilmente, la vita del tessuto produttivo del territorio; molte imprese, piegate non solo dal terremoto ma anche dalla crisi economica, non avrebbero le risorse per accollarsi la restituzione.

Sulle ricadute negative e sui condizionamenti esercitati dal patto di stabilità europeo sulla ricostruzione dell'Aquila si è pronunciato anche Gianni Pittella, che, oltre a fare il deputato nel parlamento europeo, ne è anche il vice presidente: “E' una battaglia giusta, che dobbiamo condurre fino in fondo. Parlerò, nei prossimi giorni, con il sottosegretario Del Rio e con Martin Shulz, voglio organizzare, dopo le elezioni, un'iniziativa a Bruxelles con la Commissione Europea perché questo tema possa essere risolto. Non è possibile che la Commissione da una parte stanzi 500 milioni di euro per l'emergenza e dall'altra neghi la possibilità che si utilizzio i fondi sulla ricostruzione. Si insiste nel considerare questi fondi parte del computo deficit/pil ma così si impedisce di utilizzarli. Tutto ciò è in contraddizione con quello che la Commissione ha fatto subito dopo il sisma”.

In questo quadro, dove a confrontarsi sono vari attori istituzionali, a mancare è la Regione Abruzzo. Lo ha ricordato, atti alla mano, il consigliere regionale del Pd Giovanni D'Amico: “Il consiglio regionale ha prodotto, dal 2009 a oggi, tre risoluzioni. Due sono risalenti al maggio 2009. Di queste  una fu elaborata in gran parte dal gruppo del Pd, e aveva un'articolazione in nuce molto vicina alle elaborazioni sviluppate in un secondo momento nel famoso documento Ocse; la seconda, approvata dall'assemblea nel maggio 2009, fu una risoluzione molto accondiscendente con le strategie del decreto 39, di forte accentramento dei poteri, che il Governo stava determinando in quella fase. La terza risoluzione, invece, è un disegno di legge, chiamato “L'Aquila capoluogo d'Abruzzo”, proposto sempre dal Pd che però non ha avuto esito, non ha avuto nemmeno acccesso alla fase di discussione in commissione. Una commissione, peraltro, espressamente costituita su nostra pressione, proprio perché si attivassero le fasi di coinvolgimento del consiglio regionale nella fase di ricostruzione. Quel disegno di legge non ha avuto nessuno sviluppo, tanto che ho dovuto chiedere al presidente Pagano di sciogliere la commissione per non continuare a sostenere i costi di un organismo che non aveva prodotto nulla. La verità è che sul teremoto dell'Aquila la Regione si è sottratta alle proprie funzioni di soggetto catalizzatore di coesione generale e sviluppo. Questa mancanza  ha determinato anche una incomunicabilità costante tra i diversi livelli istituzionali”.

 

Ultima modifica il Venerdì, 09 Maggio 2014 16:18

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