Cinquantaquattro positivi su 23.244 tamponi.
E’ questo il bilancio finale dello screening di massa fatto con i test antigenici rapidi nel comune dell’Aquila.
Una campagna iniziata giovedì 3 dicembre e durata cinque giorni, che ha richiesto, come ha detto il sindaco Pierluigi Biondi nella conferenza stampa convocata per tirare le somme conclusive, “uno sforzo organizzativo notevole sia in termini di personale che risorse economiche. Ringrazio tutti coloro che hanno dato il proprio contributo”.
Sono state 360 – tra medici, infermieri, veterinari, biologi, volontari e dipendenti pubblici (dello stesso Comune ma anche delle società partecipate, di Usra e Abruzzo Engineering) – le persone che hanno partecipato, con differenti mansioni, alle operazioni. Le postazioni attivate sono state 39, alle quali vanno giunte le due cliniche mobili che hanno consentito di raggiungere anche le frazioni più lontane.
Quella dei 23mila cittadini che hanno aderito alla campagna, ha detto Biondi, “è una cifra più bassa rispetto a quella che alla vigilia avevamo considerato ottimale, vale a dire 25mila. Ma è comunque un campione soddisfacente, considerando i tanti che non hanno partecipato o perché erano in isolamento domiciliare o perché ospiti di case di riposo e di cura o perché magari avevano aderito ad altre iniziative analoghe autonome di altri enti”.
Il basso numero di positivi trovati - 54, con 15 tamponi ancora in bilico perché dubbi - ha osservato Biondi, “è un dato apparentemente stridente con quello che esce fuori dagli andamenti consolidati della curva di contagio. Ma bisogna considerare che l’adesione era volontaria e che dunque alla campagna hanno partecipato verosimilmente le persone più coscienziose e rispettose delle regole. Coloro che hanno atteggiamenti poco consoni alle norme anti contagio non hanno fatto il test”.
Per Biondi si è trattato di un “esperimento unico e senza pari in Italia”, non paragonabile a quello fatto a Bolzano per la quantità infinitamente maggiore di risorse economiche, organizzative e di personale che l’Alto Adige possiede rispetto al Comune dell’Aquila.
Quello aquilano, ha osservato il primo cittadino, è già un modello, “tanto è vero che il sindaco di Teramo lo replicherà nel suo comune a ridosso delle vacanze di Natale”.
Non è escluso che l’operazione non venga replicata anche all’Aquila: “Ho scritto alla Protezione civile regionale” ha annunciato il primo cittadino “per chiedere che vengano fatti gli stessi tamponi al personale delle scuole, in vita della alla riapertura del 7 gennaio, nonché ai parenti degli ospiti delle case di cura”.
Biondi si è voluto togliere anche qualche sassolino dalla scarpa.
In primis nei confronti della Asl dell’Aquila e della stessa Protezione civile regionale, totalmente assenti quanto a supporto logistico e organizzativo. “Parafrasando De André, quando si muore si muore soli” ha detto il sindaco “Il carico logistico organizzativo e economico è stato caricato solo sulle spalle del Comune. La Asl dell’Aquila? Qui si è visto Brucchi, il direttore sanitario della Asl di Teramo. Mi auguro che ora vengano fatti in tempi rapidi i tamponi molecolari alle persone trovate positive, mi era stato detto che ci sarebbero voluti quattro giorni”.
Biondi ha poi lanciato un’altra frecciata alla Cgil, che, nei giorni scorsi, aveva scritto una lettera per chiedere spiegazioni in merito all’esclusione, dalla campagna di screening, delle associazioni di volontariato dopo che queste ultime si erano rifiutate di collaborare alle procedure di maneggiamento dei tamponi e dei reagenti.
“Dalla Cgil mi sarei aspettato che si mettesse a disposizione della campagna” ha detto Biondi “invece rimarrà nelle cronache di questa emergenza sanitaria solo per la vicenda dei buoni pasto ai dipendenti comunali in smart working. Se fosse stato per la Cgil non avremmo fatto niente. Naturalmente non parlo di tutta la Cgil, con la quale sto lavorando proficuamente su altre questioni, come la stabilizzazione del personale precario, ma solo di una parte, quella meno nobile che punzecchia e scrive e che fa politica. Penso che Di Vittorio si stia rivoltando nella tomba”.
A proposito del mancato coinvolgimento delle associazioni di volontariato, invece, Biondi ha affermato: “Il volontariato interviene secondo il principio di sussidiarietà nel momento in cui il pubblico non riesce a fare determinate cose che è deputato a fare. Avevamo chiesto al volontariato di fare attività di accettazione e refertazione, mansioni che si possono fare tranquillamente pur non essendo sanitari, in ossequio al manuale che avevamo diffuso a tutte le linee di somministrazione”.
Ora che la campagna di screening è finita e che l’Abruzzo è tornato, tra mille polemiche, in zona arancione, ha infine osservato Biondi, sarà necessario continuare a rispettare le regole e a non abbassare la guardia, cullandosi sui bassi numeri dei casi positivi venuti alla luce con i test e sull’allentamento delle restrizioni conseguente alla fine della zona rossa: “Il tampone rapido non è il vaccino e non immunizza. La campagna che abbiamo fatto serviva a definire lo stato di salute di una comunità ma è chiaro che non risolve tutti i problemi. Già oggi le situazioni sono diverse rispetto a qualche giorno fa. Ora sta a noi continuare a essere responsabili apprezzando la libertà che ci è stata concessa”