Sabato, 12 Dicembre 2020 16:59

A 50 anni dalla morte di Saverio Saltarelli. "La repressione colpisce gli operai, il revisionismo li disarma" / 2

di 

Sono passati 10 giorni dalla morte di Saverio Saltarelli.

Il prefetto di Milano Libero Mazza invia al Ministero dell'Interno un rapporto sulla situazione dell'ordine pubblico in città in cui propone di mettere fuorilegge, o almeno di perseguire con fermezza, "le organizzazioni estremiste extraparlamentari".

Leggiamo dal rapporto: "I disordini verificatisi sabato 12 dicembre in questa città, con luttuose, se pure accidentali, conseguenze, sono da considerare i prodromi di altri eventi ben più gravi e deprecabili che possono ancora verificarsi in conseguenza del progressivo rafforzamento e proliferazione delle formazioni estremistiche extraparlamentari di ispirazione 'maoista' (Movimento studentesco, Lotta continua, Avanguardia operaia, etc) nonché dei movimenti anarchici e di quelli di estrema destra. Tutti questi movimenti, che hanno la loro 'centrale' a Milano, nonostante differenziazioni sul piano ideologico e nella metodologia di intervento, sono prettamente rivoluzionari, propugnano 'la lotta al sistema' e si prefiggono di sovvertire le istituzioni democratiche, consacrate dalla Carta Costituzionale, attraverso la violenza organizzata".

Aggiunge Libero Mazza: "Gli appartenenti a tali formazioni, che sino a qualche anno fa erano poche migliaia, ammontano oggi a circa ventimila unità, svolgono fanatica ed intensa opera di propaganda e proselitismo sia nell'ambiente studentesco che in quello operaio, facendo leva sulle frange maggiormente portate all'oltranzismo (1)".

Il rapporto diventerà pubblico nell'aprile 1971: di fatto, è la prima volta che viene declinato il concetto di "opposti estremismi", mettendo sullo stesso piano l'eversione dell'estrema destra post-fascista che puntava, e lo dimostreranno anni di indagini giudiziarie, a creare panico e disorientamento per instaurare un governo forte ed evitare che il Pci andasse al potere, e le rivendicazioni della sinistra, di operai e studenti che, con la loro forte carica di contestazione contro gli apparati di potere dominanti e le loro ideologie, stavano portando mutamenti irreversibili nella società italiana, non senza contraddizioni certamente, non senza spaccature e differenti punti di vista sul modo di stare in piazza e di portare avanti le rivendicazioni sociali e culturali, che la storia di Saverio Saltarelli, in un qualche modo, ha attraversato (lo vedremo nei prossimi articoli).

Una serie di attentati in tutto il Paese aveva preceduto lo scoppio della bomba nell'androne della Banca Nazionale dell'Agricoltura, in Piazza Fontana, e per quella strage erano già stati individuati i colpevoli, da settimane se non da mesi, di certo prima delle 16:37 del 12 dicembre 1969: la pista anarchica era stata 'confezionata' ad arte; tant'è vero che si fece di tutto per non vedere che, in realtà, le bombe - quella esplosa a Milano e l'altra, inceppatasi a Roma - portavano scritto un nome e cognome, Ordine Nuovo, organizzazione veneta di estrema destra con forti agganci ai vertici dello Stato italiano, ancora incancreniti da reduci fascisti, e con coperture nei servizi segreti e nella intelligence americana. 

Strategia della tensione, verrà ribattezzata.

Un anno dopo Piazza Fontana, il 12 dicembre 1970, Pietro Valpreda era in carcere da innocente; il ferroviere Giuseppe Pinelli era volato giù da un balcone della Questura di Milano quattro giorni dopo lo scoppio della bomba, e ancora si parlava di suicidio. E qualche ora prima delle manifestazioni di piazza a Milano, 12 mesi dopo la strage, c'era stato il fallito golpe di Borghese che, per alcuni storici, più che a rovesciare la democrazia sul modello greco venne 'usato' per alimentare il crescente clima di tensione che caratterizzerà gli anni '70, almeno fino alla morte di Aldo Moro.

E' in questa cornice che va inquadrata la morte di Saverio Saltarelli. 

Ma come accadde dopo i morti della Banca Nazionale dell'Agricoltura, di nuovo la società civile non restò silente. 

Una novantina di docenti della Statale diffusero un comunicato nel quale denunciarono il carattere provocatorio dell’aggressione poliziesca in quel plumbeo sabato di dicembre (2), già allora interpretata come parte di un disegno repressivo più ampio.

Anche la risposta dei lavoratori e del Movimento studentesco fu immediata. Lo sciopero generale di 4 ore che era già stato indetto dai sindacati per il 14 dicembre assumerà contorni ben diversi, di protesta per la morte del giovane studente abruzzese e di forte mobilitazione per il disarmo della polizia in servizio di ordine pubblico.

L’indomani, il mattino del 15 dicembre, su iniziativa degli studenti della Statale un corteo di 70mila persone percorrerà il centro di Milano riempiendo piazza Duomo: lì, Salvatore Toscano - per tutti ‘Turi’ - tenne la commemorazione funebre ricordando come Saverio fosse “figlio di povera gente del Sud, esemplare, sia nell’impegno politico che nello studio (3)”.

Al pomeriggio, si tenne un’altra manifestazione organizzata da Avanguardia Operaia, cui aderirono gruppi della sinistra extraparlamentare, ad indicare come i rapporti, all’epoca, non fossero affatto sereni tra il Movimento studentesco e i collettivi della così detta nuova sinistra; al corteo aderirono Lotta Continua, Comitato di base, la Sezione della quarta internazionale, Potere operaio, Il Manifesto. I manifestanti si mossero da via Larga, dietro un grande striscione con su scritto: “la repressione colpisce gli operai, il revisionismo li disarma”.

I volantini di convocazione e adesione alla manifestazione avevano toni durissimi contro la sinistra storica; la risposta arrivò da un corsivo pubblicato su L’Unità, all’epoca organo di stampa del Pci, intitolato “Vigilanza e fermezza”:Sotto il titolo di ‘Lotta continua’ è stato ampiamente diffuso a Milano […] un volantino che […] cerca di gettare la confusione tra le masse dei lavoratori e degli studenti sulle indicazioni date dai sindacati e dalle forze democratiche per rispondere ai gravi fatti di sabato 12 dicembre e portare avanti la lotta per la democrazia e per le riforme” (4).

Berlinguer, durante un comizio a Mestre il 14 dicembre, accuserà apertamente alcuni gruppi della nuova sinistra di fornire “pretesti e coperture ai peggiori piani antidemocratici (5).

Di quelle tensioni si sente ancora l’eco cinquant’anni dopo tra le parole di Fabio Stoppani, compagno di classe di Saverio al Liceo Berchet di Milano, come lui in piazza con i comunisti internazionalisti (6). “Era una giornata particolare dal punto di vista politico, quel 12 dicembre 1970”, ricorda. “Pochi giorni prima, c’era stato il fallito golpe del fascista Junio Valerio Borghese di cui fummo tenuti all’oscuro, almeno fino al marzo 1971. L’allora governo di centrosinistra, sostenuto dalla così detta opposizione che andava dal Pci al Psiup, decise di dimostrare ai golpisti di essere in grado di ‘tenere’ la piazza. Quel giorno – ad un anno dai fatti di Piazza Fontana – nessuno avrebbe dovuto alzare la voce pubblicamente contro la ‘strage di stato’: dunque, tentarono di silenziare la manifestazione anarchica convocata per rivendicare l’innocenza di Pietro Valpreda e Giuseppe Pinelli”.

In piazza c’erano soltanto “i compagni anarchici, gli internazionalisti e poche altre personalità dell’estrema sinistra: gli altri cercarono in ogni modo di mettere a tacere la nostra protesta. Oggi, tutti riconoscono l’innocenza di Valpreda”, sottolinea amaro Stoppani; “all’epoca, però, il fronte così detto democratico era in fondo convinto che Valpreda fosse coinvolto nell’attentato alla Banca dell’agricoltura, magari spinto dai fascisti. Essere in piazza quel giorno per ribadire l’assoluta innocenza degli anarchici significava indicare chiaramente chi erano i veri responsabili della strage”.

Stoppani torna con la memoria agli attimi concitati che precedettero la morte di Saverio: “eravamo 500, 600 persone non di più; la Polizia ci attaccò violentemente, in modo immotivato. Fummo sparpagliati. Partì una seconda carica: a quel punto, il Movimento studentesco reagì, convinto che Polizia e Carabinieri stessero attaccando il loro presidio. Misero in fuga un gruppo di Carabinieri che iniziarono a sparare ferendo il giornalista Carpi. Contemporaneamente, i reparti in piazza attaccarono di nuovo i manifestanti con un uso spropositato di lacrimogeni. In mezzo alla guerriglia finirono un gruppo di 30, 40 compagni che si erano ritrovati isolati, senza alcuna protezione, dopo la prima carica in via Torino; tra di loro c’era Saverio, che crediamo sia stato malmenato dai Carabinieri: un testimone raccontò che un giovane era stato colpito da un gruppo di poliziotti. Non sappiamo ancora, però, se fu ucciso dal candelotto prima o dopo il pestaggio”.

1) Il rapporto completo si può leggere qui

2) Zavaroni Pierluigi, Caduti e memoria nella lotta politica, p. 31

3) Capanna Mario, Formidabili quegli anni, p. 120

4) Vigilanza e fermezza in L’Unità, 14 dicembre 1970

5) Il discorso di Berlinguer a Mestre in L’Unità, 14 dicembre 1970

6) Stoppani all’apposizione della nuova targa per Saltarelli, Milano, 12 dicembre 2019.

 

 

Rileggi la prima puntata: 12 dicembre 1970: una giornata cupa a Milano / 1

Ultima modifica il Lunedì, 14 Dicembre 2020 22:08

Articoli correlati (da tag)

Chiudi