Nuova rottura tra la Lega e Biondi. E questa volta lo strappo consumatosi durante il consiglio comunale che avrebbe dovuto votare la razionalizzazione delle società partecipate (un atto dovuto per legge, che va approvato ogni anno entro il 31 dicembre) rischia di essere una frattura non più ricomponibile.
L’assemblea si è formalmente sciolta per mancanza del numero legale sul riconoscimento di un debito fuori bilancio, dopo che la stessa maggioranza aveva chiesto un’inversione dell’ordine del giorno facendo slittare la discussione sulla partecipate in coda alla seduta.
Al momento del voto, non hanno risposto all’appello, oltre a tutti i consiglieri di minoranza, i tre consiglieri del Carroccio (Francesco De Santis, Luigi Di Luzio e Chiara Cucchiarella) più Roberto Jr Silveri e Luciano Bontempo, che recentemente si erano federati ai salviniani. Non ha votato nemmeno un altro esponente della maggioranza, Daniele D’Angelo (Cambiamo), che però era presente ma ha avuto dei problemi di connessione al momento della votazione.
Con 15 consiglieri presenti – uno in meno di quanti sarebbero stati necessari per continuare a garantire il numero legale - il presidente Roberto Tinari non ha potuto far altro che dichiarare sciogliere il consiglio.
La rottura, tuttavia, si era consumata qualche istante prima, quando, discutendo l'ordine del giorno sulla variante per la nuova viabilità di Sassa, il capogruppo della Lega Francesco De Santis aveva annunciato che il partito avrebbe abbandonato i lavori subito dopo aver votato a favore del provvedimento.
Durissime le parole usate da De Santis: “Abbiamo difficoltà nel continuare a partecipare a assemblee dove ci ritroviamo a essere dei semplici ratificatori di decisioni già prese. Non siamo stati eletti per questo. La Lega è il principale partito in città, in questi mesi abbiamo mostrato un grande senso di responsabilità ma ora non possiamo continuare a fingere che vada tutto bene. Ci riserveremo di riflettere su quello che sta accadendo dentro questa amministrazione”.
Non si può dire si sia trattato di uno strappo imprevisto. Già in commissione Bilancio si era capito che aria tirasse.
Il 21 dicembre, infatti, la Lega aveva votato con le opposizioni il rinvio della discussione sul provvedimento sulle partecipate, per poter avere più tempo per studiare il documento, trasmesso dalla giunta ai consiglieri con troppo poco margine . Quando, però, il 28 dicembre la commissione si era riunita di nuovo, il Carroccio si era astenuto, lasciando intendere che le questioni politiche messe sul piatto non erano state affatto risolte.
Al centro di tutto, com’è noto, c’è la restituzione delle deleghe sospese da Biondi a luglio (dopo l’ormai famoso j’accuse contro “la vergognosa inerzia dell’amministrazione” lanciato da De Santis durante una seduta di consiglio) ai tre assessori leghisti Daniele Ferella, Fabrizio Taranta e Fabrizia Aquilio.
Per mesi la crisi è rimasta in una specie di limbo: Biondi aveva lasciato i leghisti a cuocere nel loro brodo e questi ultimi non aveano dato seguito ai loro belligeranti proclami. Rimasto con tre consiglieri, dopo la fuoriuscita sia di Tiziana Del Beato che di Elisabetta De Blasis, il Carroccio, secondo il primo cittadino, non poteva più pretendere tre assessori.
Le cose sono cambiate poche settimane fa, quando Roberto Jr Silveri e Luciano Bontempo hanno annunciato la loro adesione a un progetto di federazione con il gruppo leghista.
A quel punto, forte di una pattuglia di consiglieri tornata di nuovo ai numeri pre-crisi, il Carroccio è tornato a chiedere i tre assessorati, escludendo qualsiasi altro tipo di accordo alternativo (compreso quello, filtrato nelle ultime ore, che prevedeva il reintegro in giunta dei soli Ferella e Tataranta, con la Aquilio dirottata su in incarico legato alla candidatura dell’Aquila a capitale italiana della cultura 2022 e il terzo assessore leghista sostituito da un tecnico d’area che avrebbe dovuto assumere una sorta di delega all’emergenza Covid).
Con la rottura di oggi, tutti i nodi sono venuti al pettine.
Biondi dovrà decidere, a questo punto, cosa fare: se rompere definitivamente (ma quel punto il centrodestra non avrebbe più i numeri per governare) o cedere alle richieste della Lega.
Intanto, per la mancata approvazione della razionalizzazione delle partecipate, il Comune andrà incontro a una sanzione amministrativa, comminata dalla sezione giurisdizionale della Corte dei Conti, che va da un minimo di 5mila a un massimo di 500mila euro.