Una enorme bandiera della Pace, srotolata lungo la scalinata del Parco del Castello; un cartello: "Complici di Mimmo Lucano".
Così L'Aquila, stamane, ha voluto mostrare solidarietà all'ex sindaco di Riace, rispondendo all'appello lanciato da Anpi e Arci.
Oltre ai rappresentanti delle due associazioni, in piazza c'erano, tra gli altri, i vertici della Cgil della provincia dell'Aquila col segretario Francesco Marrelli, la deputata del Pd Stefania Pezzopane, il consigliere comunale dem Stefano Palumbo, il segretario regionale di Articolo Uno Fabio Ranieri, Enrico Perilli della segreteria regionale di Sinistra Italiana, Pierluigi Iannarelli, segretario comunale del partito, il segretario del circolo Pd di Sassa Quirino Crosta.
"In un Paese in cui le condanne per stupro vanno da 6 a 12 anni, Mimmo Lucano è stato condannato a 13 anni e due mesi. Uno in più di Carminati per Mafia Capitale. Tre in più di Cosentino per associazione mafiosa", ha sottolineato il segretario provinciale dell'Anpi Fulvio Angelini leggendo l'appello alla mobilitazione. "Luca Traini, che a Macerata nel 2018 sparò contro sei immigrati cercando di ucciderli, è stato condannato a 12 anni. Solo quattro anni ai domiciliari è stata la pena per Amedeo Mancini che, a Fermo, ha ammazzato a pugni un giovane nigeriano di 36 anni. E potremmo fare molti altri esempi".
Le sentenze si rispettano, certo. E tuttavia "la condanna, come sottolinea Amnesty International, ci appare “immotivata e sproporzionata”", è stato ribadito.
"Oltre gli aspetti giudiziari, che andranno approfonditi nella prospettiva di altri due gradi di giudizio, non possiamo che denunciare come sia stato colpito un uomo che, da Sindaco di un piccolo paese in abbandono, ha dato vita a una straordinaria esperienza di rilancio di una terra martoriata grazie all’accoglienza di molti migranti".
Riace è - e resta - un modello di accoglienza di cittadini che arrivano da altre terre e una occasione di rinascita, di ripopolamento, di umanità, di integrazione. Un modello che non si condanna perché la solidarietà non si arresta.
"In queste settimane, Mimmo parlava di lavoro nero, di caporalato, sfruttamento di calabresi e migranti, parlava di sanità in una Regione dove, di commissariamento in commissariamento, le strutture pubbliche sono chiuse o abbandonate. Mettere in connessione queste storie significa dare voce alle persone marginali, permettergli di reagire, di alzare la testa, ritrovare dignità e speranza nel futuro: come non pensare che questa condanna sia un monito rivolto a chi si dedica agli ultimi, ai più fragili, agli sfruttati?
Se quest’uomo rimasto povero e isolato per aver mantenuto i propri ideali viene condannato così duramente, colpevole di un “disegno criminoso” fatto d’accoglienza e integrazione, forse è per la fragilità di un sistema che non sopporta la presenza di simboli concreti, capaci di affrontare la realtà, di cambiarla, di renderla migliore".
Mimmo è uno di questi simboli.
"Non vogliamo lasciarlo solo: restiamo orgogliosamente suoi complici, oggi più di ieri".