Giovedì, 13 Gennaio 2022 19:14

Elezione del Presidente della Repubblica: tra dieci giorni la prima votazione

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Tra dieci giorni, alle 15, si terrà la prima votazione per l'elezione del Presidente della Repubblica.

Il presidente della Camera, Roberto Fico, ha convocato il Parlamento in seduta comune: così come previsto dalla Costituzione, ad eleggere il Capo dello Stato sono chiamati 1.009 grandi elettori; tuttavia, attualmente il plenum è fermo a 1007 componenti: i senatori sono 320, e non 321, in attesa che l'Aula di Palazzo Madama convalidi il subentro del senatore del Pd Fabio Porta a quello del Maie Adriano Cario, dichiarato decaduto. I deputati attualmente in carica sono invece 629, e non 630, essendo vacante il seggio lasciato libero dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri: per domenica 16 gennaio sono state convocate le elezioni suppletive, pertanto il nuovo eletto si aggiungerà al plenum appena verrà proclamato.

Ai parlamentari si aggiungono i 58 delegati regionali, tre per ciascuna regione esclusa la Valle d'Aosta che ne esprime soltanto uno; l'Abruzzo è stata la prima regione italiana ad indicare i suoi rappresentanti: saranno il governatore Marco Marsilio, il presidente del Consiglio regionale Lorenzo Sospiri e la consigliera del Movimento 5 stelle Sara Marcozzi, indicata dalle forze di minoranza. D'altra parte, la prassi vuole che le delegazioni regionali dei grandi elettori siano composte, per ogni regione, dal presidente della Giunta e da un esponente della maggioranza da lui indicato, oltre che da un esponente dell'opposizione.

Come funziona la votazione?

Viene eletto il candidato che ottiene la maggioranza dei 2/3 dei voti dell'assemblea (quindi, almeno 672); se non si arriva alla fumata bianca nelle prime tre votazioni, poi è sufficiente 'strappare' la maggioranza assoluta dei voti espressi (50%+1, e cioé 505 preferenze).

Quali sono gli scenari, al momento?

Stante la composizione delle Camere, nessuno schieramento ha i numeri per riuscire ad eleggere da solo il Presidente, neanche in quarta votazione.

La coalizione di centrodestra classicamente intesa - Lega, Fratelli d'Italia, Forza Italia, Coraggio Italia e Noi con l'Italia ai quali si aggiungono i delegati regionali d'area - può contare, sulla carta, su 460 grandi elettori (Pd e M5s si fermerebbero a 408, il centro ampiamente inteso dovrebbe pesare circa 130 voti); in queste ore, il leader del Carroccio Matteo Salvini ha voluto ribadire che, "per il centrodestra, l'unico candidato in campo è Silvio Berlusconi". In realtà, è chiaro a tutti che il fondatore di Forza Italia è un nome divisivo: persino Gianni Letta, il braccio destro del 'fu' Cavaliere, ha lanciato un messaggio piuttosto chiaro a margine della visita alla Camera ardente di David Sassoli: "i grandi elettori, parlamentari e non, si ispirino alla lezione” giunta dalla commemorazione in Parlamento dell'ex giornalista Rai "guardando agli interessi del Paese e non alle differenze di parte".

Un appello a tutti, ma che è stato interpretato come rivolto a Berlusconi che, pure con un centrodestra compatto, difficilmente potrebbe arrivare a 505 preferenze in quarta votazione, 'strappandone' una cinquantina nel fronte centrista. 

D'altra parte, Matteo Renzi - che guida la pattuglia di Italia viva, con 44 grandi elettori - si è richiamato alle parole di Gianni Letta per lasciare intendere che un accordo, sull'ex presidente del Consiglio, non è pensabile, ed invitando il centrodestra a non imporre una forzatura che finirebbe per bruciare Silvio Berlusconi come accadde a Romano Prodi nel 2013, affossato da 101 franchi tiratori. 

Ecco il motivo per cui la candidatura del 'fu' Cavaliere si sgonfierà con l'avvicinarsi della prima votazione. 

Escludendo al momento una rielezione di Sergio Mattarella - il Capo dello Stato è stato piuttosto chiaro, in queste settimane, sulla indisponibilità ad un traghettamento di qualche mese come accadde con Giorgio Napolitano: potrebbe ripensarci soltanto se la situazione dovesse impantanarsi, e a fronte di una richiesta di disponibilità che dovesse arrivare da tutti i partiti, Lega e Fratelli d'Italia compresi - e lasciando da parte l'ipotesi piuttosto irreale che possa ricomporsi in Parlamento una 'coalizione Ursula' come fu per l'elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea, con la convergenza di Pd, centristi, Movimento 5 stelle e Forza Italia, la strada di un accordo ampio resta l'unica possibile.

Ora, è evidente che nessuno è in grado di prevedere le molteplici combinazioni e alleanze che nei prossimi giorni potrebbero produrre una maggioranza in grado di eleggere il presidente della Repubblica; in passato, non solo gli accordi tra partiti sono stati traditi, ma gli stessi gruppi parlamentari si sono divisi al loro interno, 'impallinando', come si dice in gergo, questo o quel candidato proposto da aree sgradite del proprio schieramento.

Tuttavia, le ipotesi in campo potrebbero essere due; la prima, si arriva ad una scelta ampiamente condivisa, votata dalla maggioranza che sostiene il governo: il nome più logico, in uno scenario di questo tipo, sarebbe quello di Mario Draghi. Un trasloco dell'ex presidente della Banca centrale europea al Quirinale, infatti, presupporrebbe un patto tra le forze che compongono l'esecutivo per arrivare a fine legislatura. Una forzatura non condivisa su Draghi porterebbe il paese direttamente alle urne, e sono in pochi a volerlo. 

L'altra ipotesi è un asse tra il centrodestra e i centristi, da costruirsi sull'interlocuzione tra Matteo Salvini e Matteo Renzi; uno schema, questo, che rischia di tagliar fuori Pd e Movimento 5 stelle, con effetti difficilmente prevedibili, comunque, sulla tenuta della maggioranza di governo. Sia chiaro: non si tratterebbe certo di un "presidente patriota", come vorrebbe Giorgia Meloni, bensì di un profilo moderato, sebbene 'nominalmente' riconducibile ad un alveo di centrodestra. In questo caso, mancherebbe una ventina di voti per l'elezione al quarto scrutinio che potrebbero facilmente rinvenirsi nel gruppo misto.

In serata, Matteo Renzi si è detto convinto che "eleggeremo il Presidente della Repubblica il 27 gennaio, già in quarta votazione"; qualche giorno fa aveva sottolineato che "nel 2015 scegliemmo Sergio Mattarella e non tutta la maggioranza di Governo fu d'accordo: alcuni partiti erano scettici o contrari. Oggi possiamo dire che aver individuato Sergio Mattarella è stato un bene per l'Italia. Ma sette anni fa la maggioranza parlamentare fu diversa dalla maggioranza presidenziale: il Quirinale fa sempre storia a sé". 

Parole che sono una mano tesa al centrodestra.

Ultima modifica il Venerdì, 14 Gennaio 2022 12:28

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