Il Consiglio regionale, riunito in assise straordinaria, ha scelto i tre delegati - due di maggioranza e l'altro di opposizione, come prassi - che parteciperanno al voto per l'elezione del Presidente della Repubblica.
Si tratta del presidente della Giunta regionale, Luciano D'Alfonso, del presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Di Pangrazio e del vice presidente dell'assise, il consigliere di opposizione Paolo Gatti (Forza Italia).
In particolare, Luciano D'Alfonso ha ottenuto 18 voti, così come Giuseppe Di Pangrazio. Il forzista Paolo Gatti ha avuto 9 preferenze, 4 in più della pentastellata Sara Marcozzi. Una prefenza ciascuno, infine, per l'ex presidente Gianni Chiodi (Forza Italia) e per Leandro Bracco (Movimento 5 Stelle).
L'assise - inizialmente convocata alle 15:30 - è stata rinviata alle 17:30 su richiesta del presidente del Consiglio regionale. La maggioranza di centrosinistra, infatti, si era spaccata sulla proposta di Luciano D'Alfonso di preferire alte personalità estranee all'agone politico a rappresentanti delle cariche principali degli organi regionali: il presidente aveva fatto i nomi dello storico aquilano Raffaele Colapietra e del pittore-scultore pescarese Ettore Spalletti.
Una proposta certamente particolare, seppure in linea con la personalità di D'Alfonso, e comunque prevista dalla nostra Costituzione che consentirebbe in effetti la scelta di rappresentanti esterni all'assise regionale.
Invece, al termine del vertice di maggioranza, il centrosinistra ha deciso di rispettare la prassi, oltre che le indicazioni della Conferenza delle Regioni e della Conferenza dei presidenti delle Assemblee regionali legislative, delegando così i presidenti della Giunta regionale e del Consiglio regionale. Seguita anche l'indicazione di scegliere - tra le file delle opposizioni - il vice presidente di minoranza dell'assise.
Dunque, sarà il forzista Paolo Gatti a partecipare al voto per l'elezione del Presidente della Repubblica: ha potuto contare, oltre che sui voti del suo partito, anche sul sostegno del Nuovo centrodestra, della lista civica Abruzzo futuro, e degli altri due 'grandi elettori', D'Alfonso e Di Pangrazio. Così, ha superato la candidata del Movimento 5 Stelle, Sara Marcozzi, che si è fermata alle 5 preferenze dei 5 consiglieri pentastellati presenti (Domenico Pettinari non ha partecipato al voto, per motivi di salute). Tra le polemiche.
Al momento delle indicazioni di voto, infatti, il capogruppo a 5 stelle Riccardo Marcante non aveva mancato di sottolineare come fosse ancora fresco "il ricordo del gioco delle parti, con il quale - maggioranza e opposizione di centrodestra - ci hanno estromesso dall'Ufficio di presidenza e dalla presidenza dell'Ufficio di vigilanza, non rispettando il voto di 150mila elettori abruzzesi".
Marcante non si è rivolto ai partiti di Forza Italia, Ncd e alla lista civica Abruzzo futuro, piuttosto ai consiglieri di centrosinistra: "Se è vero che come coalizione il centrodestra è giunto secondo - ha ricordato - è vero anche che si tratta di una coalizione di partiti che viaggiano su strade politiche divergenti, a livello nazionale e regionale. Forza Italia è, in realtà il secondo partito di opposizione, avendo ottenuto alle elezioni 35mila voti in meno del Movimento 5 Stelle che avrebbe, per questo, il sacrosanto diritto di partecipare alla elezione del Presidente della Repubblica con il consigliere Sara Marcozzi".
Un invito che, come detto, è caduto nel vuoto. M5S lo ha sottolineato anche dopo il voto, attraverso una nota ufficiale: "Eleggendo il rappresentante del Movimento Cinque Stelle - si legge nel comunicato - avremmo assicurato ai cittadini un voto per il Presidente della Repubblica nei confronti di un nome autorevole, libero e prestigioso ma soprattutto lontano da quelle fosche logiche di spartizione tipiche del Patto del Nazareno, dove due decidono la sorte dei molti".
Al momento del voto, Luciano D'Alfonso si è lasciato andare ad una lunga riflessione: "Il grande elettore ha una delega precisa, una vita determinata, assomiglia ad una farfalla: nasce e muore nell'immediatezza", ha spiegato. "Vita breve, di questo specialissimo servitore dello Stato, per scegliere davvero un eletto: il presidente della Repubblica. Come si sceglie un grande elettore? Un criterio potrebbe essere la bellezza, l'altro la capacità di espressività della rappresentatività, un altro ancora il mandato vincolante. E' la teoria della farfalla, appunto. Stabiliamo che cosa fa la farfalla, chi va ad eleggere la farfalla? Sono stato stimolato alla riflessione dall'intevento del capogruppo del Movimento 5 Stelle, quando ha detto: 'attenti perché noi diamo garanzie che andremo ad eleggere un presidente che non sarà frutto del 'Patto del Nazareno', stretto tra un evasore e un abusivo'. Ora, la liberal democrazia - ha sottolineato D'Alfonso - è un concetto complesso, dunque invito il presidente Di Pangrazio a finanziare corsi di formazione per i consiglieri. Come si fa a giudicare il dirigente del principale partito italiano, ogni volta candidato e ogni volta super eletto, un abusivo? Renzi non ha coltivato la paura, ha coltivato il progetto e la speranza per questo paese. Non ero convinto di accettare il ruolo di farfalla, ho deciso di farlo proprio per il timore che venisse scelto un rappresentante che mortificasse il lavoro che sta svolgendo il Governo e che dovrà svolgere il nuovo Presidente della Repubblica".
D'Alfonso poi, con scelta piuttosto irrituale, ha indicato alcuni profili a suo giudizio indicati a ricoprire la maggiore carica dello Stato: Sabino Cassese, Sergio Mattarella, Piero Fassino, Walter Veltroni.
Chissà che il successore di Giorgio Napolitano non esca proprio da questa rosa di nomi. Il Parlamento in seduta comune è convocato al 29 gennaio, per la prima votazione. L'auspicio è arrivare al quarto scrutinio non più tardi del 2 febbraio: a quel punto, basterebbe la maggioranza assoluta per eleggere il nuovo Presidente. Renzi è convinto che sarà lo scrutinio decisivo. I numeri ci sarebbero, in effetti: le tensioni che dilaniano il Pd al voto sull'Italicum, acuite dopo le primarie liguri e l'addio al partito di Sergio Cofferati, e le spaccature dentro Forza Italia, però, non lasciano presagire giornate facili.
Come viene eletto il presidente della Repubblica? Il successore di Giorgio Napolitano verrà scelto dal parlamento in seduta comune, cioè da Camera e Senato riuniti. All’elezione parteciperanno, appunto, anche i 58 delegati eletti dai consigli regionali (tre per ogni regione, a eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno solo).
Se al completo, l’assemblea che eleggerà il presidente sarà composta da 1.008 persone: 630 deputati, 320 senatori (315 più i cinque senatori a vita Elena Cattaneo, Carlo Azeglio Ciampi, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia) e i 58 delegati regionali.
L’elezione avverrà a scrutinio segreto: votano prima i senatori, poi i deputati e, per ultimi, i delegati regionali. Lo spoglio delle schede lo fa il presidente della camera, che legge ad alta voce i nomi dei candidati. Per esseri eletti, nei primi tre scrutini serve la maggioranza dei due terzi (672 voti), mentre dalla quarta votazione in poi basta la maggioranza assoluta, cioè il 50% più uno (505 voti).