Martedì, 03 Marzo 2015 16:10

Parco Gran Sasso, Diaconale risponde a Cialente: "Non mi faccio intimidire"

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"Credo che il sindaco e Lelio De Santis abbiano fatto un po' di confusione. Da parte mia c'è la massima volontà di ascolto e dialogo ma non mi piego a nessuna intimidazione".

E' più di una semplice una risposta istituzionale quella che il presidente del Parco Nazionale Gran Sasso e Monti della Laga, Arturo Diaconale, ha mandato alla giunta Cialente a quasi una settimana di distanza dalla conferenza stampa in cui il primo cittadino e l'assessore comunale al Turismo avevano aspramente criticato - annunciando anche un ricorso al Tar - il metodo con cui erano state effettuate alcune nomine in seno alla Comunità e al Consiglio direttivo del Parco.

La replica di Diaconale, per quanto pacata, va ben al di là del protocollo e ha tutto il sapore di un messaggio politico, benché, dice lo stesso Diaconale, "in questi anni non abbia mai sovrapposto né confuso le mie personali opinioni politiche, di cui non ho mai fatot mistero e che sono a tutti note, alle funzioni da me esercitavte come presidente del Parco Gran Sasso".

Ribattendo nel merito alle accuse lanciate da De Santis e Cialente, Diaconale ha risposto: "E' evidente che è stata fatta un po' di confusione tra Comunità del Parco, Consiglio direttivo e Parco stesso e tra le rispettive competenze".

Il Parco, ha ricordato Diaconale, era senza Consiglio direttivo dal 2007, una vacatio per la quale "noi non avevamo responsabilità, visto che la legge stabilisce che i membri del Consiglio direttivo sono in parte di nomina ministeriale e in parte eletti dalla Comunità del Parco". Quest'ultima, a sua volta, è composta da 58 membri, che rappresentano i 44 Comuni, le 6 comunità montane, le 5 province e le 3 regioni che rientrano nel perimetro del Parco medesimo.

"Il rinnovo degli organi" - avevano attaccato Cialente e De Santis una settimana fa - "è avvenuto alla presenza di soli 23 membri, e dentro i 23 voti ben 6 erano per delega. Una procedura nient'affatto consentita".

Diaconale ha precisato che il ricorso al sistema delle deleghe, di cui tra l'altro lo stesso Comune dell'Aquila aveva fatto uso in passato, è legale e perfettamente legittimo dal punto di vista normativo.

"Un altro problema sollevato da Cialente" ha rintuzzato poi Diaconale "è lo scarso peso che il Comune dell'Aquila, il più grande e importante tra quelli inclusi nel Parco, avrebbe sia all'interno della Comunità che dentro il Consiglio direttivo. Per quanto riguarda il primo aspetto, all'interno della Comunità vige un sistema di voto non ponderato, tale per cui il voto di un Comune come L'Aquila vale tanto quanto quello di un Comune di 200 abitanti. In merito al secondo aspetto" ha aggiunto Diaconale "la legge non prevede che il Comune dell'Aquila faccia parte del Consiglio direttivo. Noi tuttavia tempo fa proponemmo che un suo rappresentante fosse sempre presente a tutte le riunioni del Consiglio, sebbene come semplice uditore e senza potere di voto".

"Quello che è successo alla riunione contestata da Cialente e da De Santis" ha proseguito Diaconale "e il risultato che ne è scaturito è dovuto sia all'impreparazione dei rappresentanti del Comune dell'Aquila sia agli equlibri politici che si sono creati all'interno della Comunità".

Ma un altro e forse l'autentico terreno di scontro tra il Parco e il Comune, ancor più importante della querelle sulle nomine, è il Piano territoriale ("Manca da 14 anni" ha accusato Cialente) e, soprattutto, il progetto per la nuova seggiovia delle Fontari.

"Non è, come si dice, che l’Ente non ha il Piano" - ha dichiarato Diaconale - "Lo ha addirittura dal 1999, ma sono i tempi lunghi della burocrazia che ne hanno rallentato l’iter. Un iter che oggi, fatte le contro-deduzioni alle oltre 250 osservazioni pervenute, sta finalmente per concludersi, almeno per quanto riguarda le competenze del Parco, perché sarà portato all’approvazione del prossimo Consiglio Direttivo".

Sulle nuove Fontari, invece, non è un mistero per nessuno che il Comune e il Parco siano, in questo momento, su posizioni piuttosto lontane, con il primo che vorrebbe accelerare i tempi e il secondo che invece ha sposato una posizione se non coincidente con quella contraria del fronte ambientalsta sicuramente più cauta di quella dell'amministrazione.

"E’un problema" - ha risposto Diaconale - "che non si può risolvere con le forzature va ma che va affrontato sì nel rispetto delle legittime esigenze di sviluppo dei territori ma anche nel rispetto delle norme, proprio come avvenne per la seggiovia di PRati di Tivo. Ci sono leggi e regolamenti precisi. Se vengono infranti, c'è il rischio di incorrere in procedure d’infrazione".

Ultima modifica il Mercoledì, 04 Marzo 2015 13:44

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