Martedì, 07 Aprile 2015 19:49

L'Aquila, "Il volto della giustizia" due anni dopo: cos'è cambiato da allora?

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Di Annalucia Bonanni - L'8 aprile di due anni fa Roberto Saviano volle trasmettere, nel programma di Fazio in cui presentava il suo ultimo libro, il video "Il volto della giustizia", nato come progetto scolastico sul tema della legalità all'Aquila nel post-terremoto e realizzato con studenti e studentesse del Liceo Cotugno. L'autore di Gomorra lo riteneva emblematico non solo di quello che era accaduto e continuava ad accadere all'Aquila a margine del terremoto del 2009, ma anche di quello che accade in tutta Italia quando vuoti di potere, di normative, di controlli, lasciano spazio a quel diffuso e strutturato sistema di illegalità che si chiama criminalità organizzata.

Oggi, a distanza di due anni esatti da quella presentazione - che mostrò a milioni di telespettatori, attraverso i volti di giovani aquilani, il Volto che all'Aquila mostrava la Giustizia, nel suo complesso e difficile rapporto con quel suo pallido surrogato che si chiama "legalità" - Newstown mi chiede di fare un punto, analizzando e tirando le somme di quello che nel frattempo è successo, di che cosa, da allora, è cambiato.

Il volto della giustizia è un video di denuncia; lontano dall'autocommiserazione, fuori dalla retorica che minaccia ogni anno di trasformare la ricorrenza del 6 aprile in uno stanco rituale. Perciò ogni anno, noi attivisti, ma anche molti tra gli stessi parenti delle vittime, abbiamo cercato di dare all'anniversario una valenza più ampia della pur sentita e doverosa commemorazione delle vittime. Denunciare gli errori che hanno portato alla loro morte, smascherare i veli di mistificazione e menzogne con cui si vorrebbe nasconderli, ci è sempre sembrato il modo più alto per onorare la loro memoria.

Dunque, anche quest'anno il valore che abbiamo aggiunto alla ricorrenza del 6 aprile è stato un atto di denuncia: la silenziosa ma ferma protesta, contenuta negli striscioni e nei cartelli portati da molti di noi anche alla fiaccolata, per l'esito del processo di secondo grado alla Commissione Grandi Rischi. Una sentenza di cui non contestiamo l'eventuale correttezza dal punto di vista tecnico-giuridico, ma che percepiamo come profondamente ingiusta.

Il video di due anni fa si apriva proprio con la denuncia della "rassicurazione disastrosa" data agli aquilani appena una settimana prima della fatidica notte del 6 aprile. Da allora abbiamo vissuto l'altalena della condanna prima e dell'assoluzione poi per i componenti di quella commissione: "il fatto non sussiste", cioè quella non era la Commissione Grandi Rischi, la rassicurazione ce la siamo sognata.

Ma subito, nel video, si denunciavano pure colpe e responsabilità derivanti da un malcostume e un'illegalità così diffusa e radicata, da non essere quasi più percepita: quella diffusa illegalità che ha permesso che molti edifici fossero costruiti o ristrutturati eludendo le norme di sicurezza antisismica. Anche su questo i processi giunti a sentenza in questi due anni hanno dato purtroppo ragione a quanto allora si denunciava.

Così come le inchieste successive hanno dimostrato quanto profonda e subdola sia l'infiltrazione della criminalità organizzata (vedi le inchieste sui Casalesi all'Aquila), i cui tentacoli, oggi sappiamo con maggiore certezza di ieri, si distendevano sulla città da ben prima del terremoto.

Non solo in questo caso, purtroppo, la realtà si è mostrata persino peggiore dei più pessimistici timori: pensiamo all'inchiesta "Do ut des" che ha toccato i livelli più alti dell'amministrazione comunale, provocando nel febbraio dell'anno scorso un terremoto politico, poi rientrato come se nulla fosse accaduto, come se l'inchiesta non avesse svelato, oltre a quanto grave e profonda fosse la corruzione all'interno dell' amministrazione, anche il livello morale degli "sciacalli locali" che definivano il terremoto una gran "botta di culo".

E sempre a proposito di livello morale, oltre che di compromissione a livello legale, come non ricordare le finte lacrime dell'ex prefetto Giovanna Iurato, di fronte alla casa dello studente, rivelate dall'intercettazione di una sconcertante conversazione telefonica?
Purtroppo l'elenco delle conferme a distanza di due anni potrebbe essere molto lungo.

Aver avuto ragione non ci consola affatto, se non in un caso: nell'ambito del filone di inchieste e processi che riguardavano l'attivismo cittadino, abbiamo avuto la soddisfazione di una piena assoluzione nel cosiddetto processo alle "carriole". Per una volta, legalità e giustizia – il cui rapporto spesso così problematico era alla base della riflessione contenuta in quel video – sono sembrati andare di pari passo, nella stessa direzione.

Ma non possiamo riposarci: altri processi e sentenze ci aspettano, altre battaglie per la Verità e la Giustizia richiedono ancora la nostra faticosa perseveranza.

Che cosa fanno oggi i protagonisti del video di allora?
Nel corso di un'intervista al Tg2, facemmo una specie di gioco, già visto all'interno di una puntata di "Vieni via con me " tra Fazio e Saviano, il gioco del "Resto o vado via".
La maggior parte degli studenti che ha partecipato a quel gioco ha mantenuto la parola sul restare o andare via: alcuni frequentano l'ultimo anno di Liceo, altri, già diplomati, sono andati a studiare fuori. Ma anche chi è andato via torna spesso. E nei momenti più importanti per la città, non manca mai...

di Annalucia Bonanni

Ultima modifica il Mercoledì, 08 Aprile 2015 09:42

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