di Marie-Regine Dongiovanni - Era l'aprile 2013 quando, attraverso un'iniziativa della professoressa Annalucia Bonanni, ci impegnammo ad illustrare, con un cortometraggio, il vero volto della città dell'Aquila.
Allora ero una studentessa del Cotugno e frequentavo il quarto anno del Liceo linguistico. Oggi sono una studentessa universitaria, e al momento sto svolgendo un tirocinio presso la redazione di NewsTown.
Avendone l'opportunità, ho deciso di dare voce ai miei pensieri e di parlarvi di come quel progetto mi ha aperto gli occhi , dell'impatto che ha avuto sulla mia persona.
Non un semplice video, non il solito corto. "Il volto della Giustizia" ha costituito per me, ma sono certa che sia stato così per tutti gli altri, una presa di coscienza, uno spunto di riflessione.
Ci tengo a sottolineare che la figura della professoressa Bonanni è stata esemplare. Non accade sovente di incontrare una docente disposta a portare l'attivismo tra i banchi di scuola.
E' paradossale, eppure sempre più spesso i docenti tendono a troncare sul nascere alcuni argomenti, alimentando quel fenomeno riscontrabile nella nostra e in altre città italiane: l'omertà.
E invece no, noi abbiamo portato quei banchi di scuola tra le strade della nostra città. Tra transenne e calcinacci abbiamo voluto alzare la voce, e provare ad indossare il volto della giustizia.
La ricostruzione può avvenire solo grazie alla consapevolezza ed essere consapevoli significa essere cittadini liberi.
Abbiamo riflettuto su temi fino ad allora per noi sconosciuti con cui tuttavia ogni giorno facciamo i conti inconsapevolmente, come l'illegalità, l'abuso d'ufficio, la corruzione, gli appalti truccati e molto altro ancora.
Ma siamo andati anche oltre: abbiamo imparato che spesso la legalità si scontra con la giustizia, e continuiamo a constatarlo alla luce delle condizioni in cui versa la nostra città tutt'ora.
Io credo L'Aquila rappresenti il riflesso delle contraddizioni e dei limiti che vive attualmente la nostra nazione.
Passeggiando tra i vicoli della città possiamo farci un'idea di quella che è la condizione dell'Italia intera: un concentrato di paura, sforzo e attesa.
Avere vent'anni all'Aquila è questo.
Nel cortometraggio denunciavamo inoltre l'assenza di luoghi di cultura danneggiati dal sisma e mai più rinati, come la biblioteca, la casa dello studente, il convitto nazionale.
A distanza di sei anni questi spazi vitali che una volta sorgevano nel centro storico non esistono più, e con essi sono stati minati i nostri stimoli.
Riguardando lo stralcio di intervista in cui siamo stati ascoltati da Rai2 per il gioco del "resto o vado via", percepisco solo ora la pericolosità delle promesse fatte al tempo. Del resto, come si può biasimare chi è venuto meno alla parola data per realizzarsi altrove?
Sta di fatto che Jacopo, Angelica, Chiara, Alice e tanti altri ancora sono andati via davvero. Letizia, Valeria, Ilaria, Andrea ed io invece siamo rimasti e, ripeto, non ci vedo nulla di eroico.
Forse andare via non è semplice come dicono.
Marie-Regine Don Giovanni