Martedì, 28 Aprile 2015 01:43

Caos Province, il rebus degli "esuberi": Regione Abruzzo ancora inadempiente

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La legge regionale per la riforma delle province, da cui dipenderà il destino di centinaia di lavoratori che aspettano di sapere come saranno ricollocati per effetto della legge Delrio (che ha "abolito" le province ridefinendone competenze, assetti e organizzazione), potrebbe arrivare già entro la fine di maggio.

Tutto dipenderà da alcune risposte che la giunta di Luciano D'Alfonso attende dal Governo ma anche da alcune questioni procedurali.

Il gruppo tecnico di supporto all'Osservatorio regionale per la riforma, infatti, ha predisposto un nuovo ddl, sostitutivo di quello approvato dalla giunta lo scorso 29 dicembre.

Se il nuovo testo verrà presentato in un unico emendamento, interamente sostitutivo del disegno di legge votato a fine 2014, l'approvazione definitiva potrebbe esserci già prima di giugno.

Se, viceversa, il testo sostitutivo dovesse prima essere approvato come nuovo disegno di legge da parte della giunta, allora i tempi si farebbero più lunghi. Anche se, afferma il vice presidente della Regione, Giovanni Lolli, c'è necessità di concludere il prima possibile, possibilmente entro l'estate.

Le aree di competenza delle province circoscritte dalla riforma Delrio sono tutela ambientale, edilizia scolastica e viabilità.

Le Regioni devono fissare le modalità per il passaggio delle funzioni residuali. Da questa ridefinizione dipende anche la lista dei lavoratori considerati soprannumerari, ossia destinati ad essere trasferiti in altre amministrazioni (oltre alle stese Regioni, anche Comuni, asl, tribunali ecc.). Fino ad ora, però, sono solo quattro le Regioni italiane che hanno già deciso: Toscana, Umbria, Marche e Liguria.

La Regione Abruzzo, per legiferare, ha istituito un Osservatorio e un Gruppo di Lavoro Tecnico, due gruppi di lavoro composti da referenti politici e tecnici interni alla Regione ma appartenenti anche alle Province, ai Comuni e ai sindacati.

Ieri, all'Aquila, Giovanni Lolli ha incontrato presso l'aula del Consiglio i dipendenti dell'amministrazione provinciale riuniti in assemblea. Insieme a lui c'erano anche il presidente Del Corvo, le senatrici Enza Blundo (M5S) e Paola Pelino (FI) più altri rappresentanti politici e istituzionali locali.

La provincia dell'Aquila, ha detto Lolli, sia sul fronte finanziario che del personale ha, in prospettiva, una situazione meno complicata rispetto a quella di altre realtà (ad esempio Chieti, che si trova già in pre-dissesto).

Le quattro Province abruzzesi hanno, in totale, poco più di 1400 dipendenti. Quella dell'Aquila ne ha 516 (numero comprensivo anche dei lavoratori impiegati nei centri per l'impiego e nella polizia provinciale), a cospetto dei 301 di Chieti, dei 291 di Pescara e dei 317 di Teramo.

Di questi 516 dipendenti, 63 torneranno alla Regione come effetto della riappropriazione delle funzioni "cedute" alle province con la legge 72 del 1998 - vale a dire agricoltura, formazione professionale e Geni civili.

I lavoratori dei centri per l'impiego, un centinaio, dovrebbero passare, per la maggior parte, in carico alla neonata Agenzia nazionale per l'occupazione mentre quelli della polizia provinciale (una quarantina) seguiranno il destino che il ddl sulla riforma della pubblica amministrazione (il cosiddetto ddl Madia) traccerà per loro e che per ora è molto incerto.

Bisogna tener conto, poi, che ci saranno anche un'ottantina tra pensionamenti e prepensionamenti.

Alla fine di questa catena di sottrazioni, rimarrebbero circa 220 lavoratori: una parte di questi, la più grande, rimarrà a lavorare nelle nuove province riformate per lo svolgimento delle funzioni stabilite dalla legge Delrio (tutela ambientale, viabilità e edilizia scolastica).

Qualche decina sarà assorbita da altri enti pubblici, come asl e Comuni. Per quanto riguarda i tribunali, invece, Lolli ha detto chiaramente che non ci sarà possibilità di trasferire nemmeno un lavoratore: in lista ci sono già i precari della giustizia e se si vorrà assumere qualcuno bisognerà attingere da quel bacino.

Si tratta, è bene specificarlo, di numeri tutt'altro che definitivi. "Il calcolo" ha detto Lolli "andrà fatto situazione per situazione, cercando di non lasciare nessuno a spasso e nel contempo non caricando sul bilancio della Regione i lavoratori che dovranno essere ricollocati".

Attualmente, infatti, il bilancio regionale – tra la sanità che assorbe quasi il 90% delle risorse, le spese per il personale, i tagli e un debito di 540 milioni - consente margini di manovra risicatissimi, per non dire nulli. Senza contare che la Regione ha già un'organizzazione elefantiaca e un organico assolutamente sovradimensionato (circa 1400 persone).

Il rebus deella ricollocazione dei lavoratori delle province si aggiunge alle tante altre grane che la Regione deve risolvere sul fronte occupazionale. Ci sono, ad esempio, i 60 lavoratori delle comunità montane smantellate; quelli delle società partecipate in liquidazione (come Abruzzo Engineering o i centri di ricerca); quelli del Mario Negri Sud e del Ciapi. La somma finale dà 500. 500 lavoratori e lavoratrici che rischiano di rimanere in mezzo a una strada e per i quali bisognerà trovare in fretta delle soluzioni.

A questo quadro, già abbastanza fosco, bisogna poi aggiungere le 80 crisi industriali regionali in corso: "La situazione è molto complessa" dice Lolli "Bisogna trovare soluzioni ragionevoli senza fare propaganda".

 

Ultima modifica il Martedì, 28 Aprile 2015 16:26

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