"Il Pnrr è una grande sfida: non può essere considerato un bancomat per i capricci che si tengono nel cassetto; deve essere vissuto, invece, come un'occasione storica per il rilancio del territorio, il nostro in particolare, che viene fuori dal post sisma e dalla pandemia".
Parole della deputata dem Stefania Pezzopane che ha aperto così il secondo appuntamento di una serie di incontri promossi per discutere delle opportunità di sviluppo offerte dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
L'evento si è tenuto nella serata di ieri, all'auditorium Ance dell'Aquila. In platea, i rappresentanti di categorie sociali e sindacati, delle imprese, sindaci ed amministratori del territorio.
"Che cosa intendiamo fare, dunque? Primo, conoscere e approfondire i dati di contesto: prendiamo atto della situazione economica che vive il territorio; secondo, assumere consapevolezza della sfida che abbiamo davanti, e che non ha nulla a che fare con il mercimonio della distribuzione dei fondi a pioggia. Terzo, lavorare alla condivisione di un progetto: abbiamo chiamato a raccolta sindacati, categorie e professionisti per strutturare un ragionamento che abbia l'ambizione del piano strategico. Quarto, determinarci nella concretezza: c'è bisogno di fare presto e bene. Ad oggi, manca una strategia" ha ribadito Pezzopane; "il rischio è che le iniziative che pure si stanno mettendo in campo siano slegate e non producano valore aggiunto. Ed il valore aggiunto è l'occupazione: il lavoro per i giovani, per le donne, per chi lo ha perso. Su questo vogliamo concentrare la nostra attenzione".
A partire, appunto, dai dati, forniti da Alberto Bazzucchi, ricercatore ed analista, esperto di turismo e di economia del territorio, ed illustrati da Giovanni Lolli, già presidente vicario di Regione Abruzzo; dati che restituiscono un quadro a tinte fosche per il cratere 2009: "Si tratta di numeri che forniamo per la prima volta: fino ad oggi, persino l'Ocse aveva utilizzato dati Inps che fanno però riferimento al livello provinciale; grazie al prezioso lavoro di Bazzucchi, siamo riusciti invece ad estrapolare i numeri del cratere sismico, e della città dell'Aquila in particolare. Ebbene, nel periodo di riferimento - dal 2012 al 2019 - nel privato si sono persi 3mila posti di lavoro a livello di cratere, 1.600 nella città dell'Aquila: nello stesso periodo, nel resto d'Abruzzo il lavoro privato è rimasto stabile crescendo, invece, di 4 punti percentuale a livello nazionale. Sia chiaro: stiamo parlando degli addetti, i contrattualizzati, non degli occupati, che magari lavorano un'ora al giorno. Se guardiamo al pubblico impiego, il dato è simile: nel cratere abbiamo perso il 7,7%, altri mille posti di lavoro, mentre a livello regionale e nazionale il dato era in crescita. Ciò significa che gli interventi messi in campo in questi anni, e penso anche alle azioni a valere sul 4% dei fondi per la ricostruzione destinati allo sviluppo economico, non sono stati in grado di frenare questa emoraggia".
Scendendo nel dettaglio, nel cratere 2009 - e la città dell'Aquila fa sempre peggio del territorio - si è registrato, nel periodo di riferimento, un -20% di addetti nel manifatturiero, contro il – 2,1% italiano, addirittura un – 19,3% nelle costruzioni, nel cantiere più grande d’Europa, contro il +20% di crescita a livello nazionale; -12,4% nel settore del commercio, contro il +0,3 italiano, -7,4% nel settore delle attività professionali e tecniche.
A crescere solo gli addetti del settore della ristorazione e alberghiero, con una percentuale che si attesta, però, all'8% (all'Aquila città sale al 12%) rispetto al +20% in Italia.
Nel cratere sismico sono andate perdute il 5,8% delle imprese, l’1,4% all’Aquila.
Dati disastrosi.
In questi anni, si è pesantemente investito sul farmaceutico e sul settore aero-spaziale che, sebbene abbiano prodotto ricadute importanti in termini di infrastrutture e macchinari che restano un assett strategico del territorio, occupano soltanto 1.400 addetti. Il paradosso è che l'unico settore che crea lavoro è quello dei call center, per sua natura precario.
Le risorse del Pnrr, dunque, debbono essere finalizzate a creare lavoro. "Il declino delle aree interne deriva certo dai mancati servizi, dalle scarse connessioni - riconosce Lolli - ma va imputato principalmente alla mancanza di opportunità di lavoro: un giovane decide di restare all'Aquila se ha una ragionevole possibilità di trovare una occupazione decorosa, altrimenti va via".
E non è un caso che la popolazione residente del cratere tenda, inevitabilmente, all'invecchiamento: "nel cratere 2009 abbiamo 56 mila pensionati, e parlo di pensionati che pagano le tasse: non stiamo considerando pensioni sociali, al minimo, che sommano altre migliaia di persone. Se vogliamo pensare ad una città che sopravvive con le pensioni, ci dobbiamo rassegnare all'idea del declino; se vogliamo pensare, invece, ad una città che vive nel suo futuro, bisogna ragionare su cosa faranno i giovani concentrandoci, dunque, sulla creazione di posti di lavoro stabile e di qualità. All'Aquila si voterà in primavera", ha sottolineato Lolli: "sarebbe auspicabile, e lo dico da cittadino, che al centro del dibattito sulla prossima amministrazione comunale ci fosse questo tema che mi sembra lievemente più rilevante rispetto alla scelta se debba venire Jerry Calà o Orietta Berti":
Al dibattito sono intervenuti, tra gli altri, il professor Lelio Iapadre dell’Università dell'Aquila, economista e coordinatore del progetto 'Territori aperti' per la promozione dei territori del cratere sismico, e il professor Romano Benini, docente universitario, esperto di mercato del lavoro, nello staff operativo del Commissario Giovanni Legnini per l’attuazione del Pnrr: "La questione dello sviluppo dell’Appennino centrale è di priorità nazionale", ha inteso sottolineare Benini. "Mancano giovani, residenti e forza per competere – ha aggiunto - Non è solo un problema abruzzese, e si sta allargando sempre di più. Da qui è nata l’idea di un Pnrr complementare, che rappresenta oggettivamente una occasione epocale".
Parliamo del miliardo e 800 milioni destinati ai crateri 2009 e 2016, complementari, appunto ai fondi del Pnrr, oltre che alle risorse per le ricostruzioni e per lo sviluppo economico col meccanismo del 4%; l'unico intervento 'verticale' a valere sulle risorse messe a disposizione dell'Europa, specificatamente pensato per un territorio ristretto. "Non ci sono mai state così tante risorse a disposizione. Ma non dobbiamo ridurci a realizzare infrastrutture fini a sé stesse: queste debbono essere la premessa per la crescita di capitale sociale e umano. Dunque, realizzeremo centri di ricerca, servizi sociali e alla persona, favoriremo le filiere agroalimentari, la filiera del legno. Ci sono tanti benefici a fondo perduto per investimenti, e non dovremo commettere errori del passato. Almeno il 70 per cento che stiamo mettendo in campo vorremmo spenderlo entro due anni".
Ma a proposito di spesa, a che punto siamo con lo stato d'attuazione del fondo Restart sul cratere 2009? Di nuovo, a darci una risposta sono i dati forniti da Alberto Bazzucchi: sul totale di 320 milioni - e parliamo della vecchia programmazione - sono stati approvati interventi per 230 milioni e 700 mila euro, con risorse impegnate pari a poco meno di 147 milioni, di cui poco più di 86 trasferiti (il 58,6% delle risorse impegnate) e 74 milioni e 300 mila euro spesi (l'86,4% dei fondi trasferiti, il 32.2% di quelli approvati).
Insomma, ci sono dei ritardi evidente. E va ancora programmata la nuova dotazione a valere sull'ultimo stanziamento del governo Conte.
Dei 230 milioni approvati, 89 milioni e 200 mila euro sono stati destinati al settore imprenditoriale e produttivo, con le ricadute in termini di occupazione che vi abbiamo illustrato; del totale, risultano spesi il 30,7% delle risorse stanziate. 47 milioni sono andati a turismo e ambiente (stato di spesa al 27,6%), quasi 15 milioni alla cultura e poco meno all'alta formazione (qui, la percentuale di risorse spese arriva al 65%). Quasi 54 milioni, invece, sono stati impegnati su ricerca e innovazione tecnologica.