Era stato uno dei pochi temi sui quali, nel corso della sua fulminea visita all'Aquila di fine agosto, il presidente del Consiglio Matteo Renzi si era lasciato scappare, se non una promessa, almeno l'assunzione di un impegno.
Parliamo della restituzione al 100% (e non al 40%) delle tasse sospese alle aziende del Cratere subito dopo il terremoto pretesa dalla Commissione europea.
Bruxelles, finora, si è mostrata sorda a ogni giustificazione e a ogni obiezione portata dalle istituzioni locali.
Sarebbe davvero un duro colpo, per il tessuto economico e produttivo del comprensorio aquilano, restituire al 100% le tasse e i tributi non versati all'indomani del 6 aprile.
“Continueremo a battagliare in Europa" aveva detto Renzi di fronte alla platea radunatasi al Gran Sasso Science Institute lo scorso 25 agosto; platea di cui quale facevano parte anche i rappresentanti del mondo imprenditoriale e sindacale.
Com'è noto, in questi giorni il Governo sta trattando con la Commissione europea per allentare i vincoli dell'austerity e avere più risorse da mettere sul piatto nella legge di Stabilità. Il negoziato intavolato con i tecnocrati di Bruxelles potrebbe contenere anche la questione delle tasse.
In attesa che il premier dia seguito ai propri propositi battaglieri, il vice presidente della Regione e assessore alle Attività produttive Giovanni Lolli, sabato scorso, nel corso di un dibattito svoltosi all'interno della festa dell'Unità organizzata dal Pd aquilano, ha annunciato che la Regione è pronta a presentare un ricorso alla Corte di giustizia europea.
Oggi, intanto, Lolli incontrerà a palazzo Silone, sede della giunta regionale, all'Aquila, i parlamentari europei italiani per esporre loro il problema.
La vicenda
L'indagine della Ue nasce perché, in base al Trattato comunitario, tutti gli aiuti di Stato devono essere preventivamente notificati a Bruxelles.
Nel caso del terremoto dell'Aquila, il Governo italiano concesse le agevolazioni fiscali con una legge, la 183, approvata nel 2011 ma le notificò alla Commissione soltanto nel luglio 2012.
Una "svista" - attribuibile a qualche funzionario della nomenclatura ministeriale poco solerte - in seguito alla quale lo stesso Governo è stato chiamato a chiarire e a quantificare i fondi erogati e i benefici concessi.
Di qui la lettera spedita alla Regione lo scorso 4 agosto con la richiesta della documentazione contabile di aziende e privati con partita Iva relativa ai danni subiti e alle altre compensazioni ricevute.
Se la Commissione europea deciderà che gli aiuti sono illegali (non notificati) e incompatibili (oltre il danno subito), lo Stato dovrà recuperarli. Il che vorrà dire, per le imprese, la restituzione del 100% (e non più del 40%) delle tasse non versate.
Una stangata che non solo metterebbe in ginocchio quel che è rimasto del tessuto economico locale ma che sarebbe oltremodo iniqua perché verrebbe applicata solo per il terremoto dell'Aquila e non per le altre calamità naturali (come l'alluvione del Piemonte del 1994 o il sisma Umbria-Marche del 1997) in seguito alle quali furono previste misure di esenzione fiscale.
Le partite Iva che hanno beneficiato delle agevolazioni tributarie sono, in tutto il Cratere, poco più di 20mila (17mila persone fisiche e 3mila e 500 persone giuridiche), per un totale di 180 milioni di euro(ma se si considerano anche i benefici fiscali di cui hanno goduto i lavoratori dipendenti la cifra lievita a 640 milioni).
L'attenzione del Governo, per il momento, si è focalizzata su 111 imprese (per le quali la lettera parla di "massima priorità", dicitura che non esclude tutte le altre) che hanno ottenuto benefici superiori a 200mila euro (il cosiddetto de minimis), per un totale di 54 milioni di euro.
Sono le aziende più strutturate e con più dipendenti, un lungo elenco di cui fanno parte grandi industrie che hanno sedi e stabilimenti nel comprensorio aquilano, piccole e medie imprese operanti per lo più a livello locale, società a totale o parziale partecipazione pubblica, ex municipalizzate del Comune.
Stop al Cas, Consiglio di Stato dà ragione al Comune
A proposito di ricorsi, il Consiglio di Stato ha respinto quello presentato da alcuni cittadini aquilani contro la sospensione del Cas e delle altre forme di assistenza onerosa decisa dal Comune ed entrata in vigore la scorsa primavera.
La sentenza ha confermato quella emessa dal Tar, che già aveva dato torto ai ricorrenti.
“La sentenza del Consiglio di Stato” ha commentato al Centro l’assessore all’Assistenza alla popolazione Fabio Pelini, “e ci dà ragione sull’uso razionale e oculato della risorse pubbliche che abbiamo sempre perseguito”.
Sempre stando a quanto ha dichiarato Pelini, il Comune è riuscito a recuperare, negli ultimi mesi, un milione e mezzo di contributi percepiti indebitamente da cittadini che non ne avevano diritto.