Mercoledì, 28 Maggio 2014 16:29

L'interpretazione della musica medievale tra dubbi e certezze

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Nel momento in cui un musicista moderno decide di dedicarsi ad un repertorio molto lontano nel tempo come quello medievale, si trova a confrontarsi con una scrittura musicale assolutamente differente da quella che si studia negli anni della formazione accademica. Inoltre le edizioni in notazione moderna se da un lato facilitano la lettura della notazione antica, dall’altro hanno l’effetto di allontanarci dall’originaria lezione con l’introduzione di un apparato di segni sconosciuti al Medioevo.

Il manoscritto quindi, seppur trascritto con la notazione attuale, diventa un testo difficile da decodificare e richiede di essere interpretato con l’ausilio di differenti generi di fonti che possano rivelare, oltre all’oggetto stesso, cioè il contenuto musicale, anche il “come”, il “quando” ed il “perché” nascosti dietro le composizioni.

L’approccio con il quale gli studiosi di musicologia si sono avvicinati alle fonti musicali e letterarie è stato contraddistinto sempre più dalla massima cura ed attenzione con la conseguenza di porre l’accento sulla distanza che separa la nostra epoca e la nostra sensibilità musicale da quella medievale, tanto che per Margaret Bent, autorità indiscussa della musica tardo-medievale, questa è una frattura incolmabile. Per queste ragioni la posizione dei musicologi nei confronti dei musicisti che si dedicano a questo repertorio è inevitabilmente critica.

D’altra parte si può osservare che una pagina scritta non può essere esaustiva di tutto un mondo musicale e di prassi strumentale che non possono essere totalmente trasmessi da un manoscritto. Molti musicologi affermano infatti che ciò che stato tramandato in forma scritta rappresenti la "registrazione" a posteriori di ciò che era eseguito. Anna Maria Busse Berger nel suo libro La musica medievale e l’arte della memoria dimostra appunto che "il fatto che qualcosa fu messo per iscritto non deve altresì significare che non venne più trasmesso oralmente, in quanto testi scritti e tradizione orale possono ben coesistere".

Tra le voci che contestano le moderne esecuzioni di musica medievale possiamo citare anche il musicologo Daniel Leech-Wilkinson che, nel suo testo The modern invention of medieval music, afferma che si tratta di esecuzioni non veritiere in quanto non sufficientemente documentate. In risposta a queste affermazioni, possiamo affermare tuttavia che i musicisti che si dedicano a questo repertorio sono completamente consapevoli della difficoltà e anche dell’impossibilità di far rivivere la musica medievale per come era nel suo tempo.

Partendo da questo presupposto si possono comunque ipotizzare situazioni ed ensemble strumentali e vocali non del tutto estranei a quelli che potevano essere in uso nel Tre - Quattrocento. Una via da percorrere in questo senso è quella che si rivolge a fonti storiche indirette quali l’iconografia musicale e la letteratura coeva che possano suggerire situazioni con organici strumentali e vocali o la citazione di brani musicali, con i quali gli autori dei testi potevano essersi venuti a trovare magari in contesti differenti ma simili a quelli delle loro narrazioni.

Tenendo conto quindi delle differenti fonti non si può affermare che queste siano risolutive perché non è possibile avere la certezza di un’esecuzione fedele, sicuramente però esse possono farci acquistare una maggiore consapevolezza e comunque una maggiore aderenza ad un’epoca non riferendosi solamente ai meri dati musicali, ma tenendo presente la società in cui operavano i musicisti del Medioevo. Quindi la consapevolezza delle difficoltà interpretative può aiutare ad evitare quanto afferma Leech-Wilkinson e cioè che l’interpretazione della musica medievale sia un’invenzione dei nostri giorni.

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