E’ Pescara la provincia più sportiva d’Abruzzo, seguita da Teramo e Chieti. Male L’Aquila, che arranca come un corridore con il fiato corto.
E’ l’istantanea che emerge da un’indagine condotta dall’istituto di ricerca Clas-Pts Group - e riportata, due giorni fa, dal Sole 24 Ore – sulle province più sportive d’Italia.
Un dossier in cui le 107 province italiane sono state monitorate attraverso 30 indicatori: tre generali (la voce principale riguarda i tesserati) e gli altri suddivisi in tre grandi aree (sport di squadra, sport individuali, sport e società). Il tutto è stato poi rapportato alla popolazione e all’estensione delle province per calcolare l’indice di sportività.
Nella classifica generale al primo posto troviamo Trieste con 912,3 punti, seguita da Trento (791,7) e (abbastanza inaspettatamente) Cagliari (756,1).
Per trovare una provincia abruzzese bisogna scendere fino al 41° posto, dove c’è Pescara. Teramo sta un po’ più giù, in 50ª posizione, e Chieti alla 76ª. L’Aquila occupa un poco onorevole 94° posto, a 13 posizioni dal fanalino di coda Enna.
Il capoluogo abruzzese va male sia negli sport di squadra (sempre 94ª) che in quelli individuali (86ª), così come nella speciale classifica che misura il grado di attrattività per grandi eventi italiani e internazionali (74ª). Le uniche due specialità dove il trend si inverte sono il rugby (dove è 5ª, dietro Parma, Treviso, Rovigo e Padova) e gli sport individuali invernali (20ª).
A livello regionale, L’Aquila è ultima anche nella classifica del numero di atleti tesserati con il Coni (76ª), dietro Pescara (40ª), Teramo (54ª) e Chieti (68ª).
Anche nelle altre classifiche generali le altre province abruzzesi vanno meglio: in quella degli sport di squadra Pescara è 15ª e Teramo 28ª, negli sport individuali invece è Chieti a guidare a livello regionale in 53ª posizione, seguita da Pescara alla 54ª e Teramo alla 62ª.
Nella graduatoria “Sport e società” è Teramo, alla 56ª posizione, la prima provincia abruzzese, seguita da Pescara (61ª), Chieti (77ª) e L’Aquila (92ª).
Sul sito del Sole 24 Ore sono disponibili sia l’infografica interattiva che le tabelle con le classifiche delle varie categorie (sport di squadra, individuali, società e sport ecc.).
A cosa si deve il cattivo piazzamento della provincia dell’Aquila? A molti fattori, non ultimo, naturalmente, gli effetti dei terremoti – quello del 2009 e quelli del 2016/17 – che hanno inferto un colpo notevole al territorio, danneggiando, oltre alle abitazioni, anche l'economia e provocando dispersione e disgregazione sociale.
Ma al di là delle cause più o meno contingenti – tra cui l'assottigliarsi dei contributi pubblici e privati (sponsor) - ci sono anche diversi ritardi strutturali, dal basso numero di strutture e impianti sportivi alle particolarità morfologiche e geografiche del territorio.
Lo specchio della cattiva salute dello sport aquilano è sicuramente il fallimento dell’Aquila Calcio e quello dell’Aquila Rugby Club, quest’ultimo solo parzialmente compensato dalla nascita della compagine unica Unione Rugby L’Aquila. Certo, non mancano le eccezioni positive e le eccellenze ma sono mosche bianche rispetto a un quadro generale abbastanza deficitario.
L’assessore allo Sport, Alessandro Piccinini, non la vede così nera: “Premetto che non ho letto la classifica e non conosco la metodologia con cui è stata condotta la ricerca ma devo dire che in città, pur con tutti i problemi legati specialmente all’impiantistica, c’è una certa vivacità e sono tanti gli atleti aquilani che ogni anno raggiungono risultati importanti”.
Giorgio Morelli, presidente regionale Fir, sostiene che, dopo il terremoto, si è pensato più a inseguire improbabili progetti legati al professionismo che a coltivare e sostenere lo sport di base, inteso come anzitutto attività sociale. Secondo l’ex rugbista è mancata anche una redistribuzione a livello territoriale della ricchezza generata dalla ricostruzione: “Il discorso sullo sport va inserito in un ragionamento più ampio, quello della ricostruzione sociale. I guadagni delle imprese sono legittimi ma il rischio è che quando la ricostruzione materiale sarà ultimata, non rimarrà alcun segno tangibile e ci ritroveremo, al posto di una città, un involucro vuoto, con case nuove ma senza più le persone. Occorre esercitare, a livello sociale, una spinta affinché sia eticamente non sostenibile non destinare nulla al territorio”.
Tuttavia, secondo Roberto Marotta, ex campione di pattinaggio (è stato sette volte primatista mondiale di velocità sui pattini a rotelle), segretario generale della Fisr (Federazione italiana
sport rotellistici), quello dell’avarizia degli imprenditori è un mito da sfatare: “Sento spesso dire che la colpa di tutto è degli imprenditori che non tirano fuori i soldi. Ma a parte che le imprese spendono se vedono la possibilità di un ritorno economico, in secondo luogo posso affermare, anche in virtù del lavoro che faccio, che in giro non è che ci sia tutta questa ricchezza. La ricostruzione non produce questo gettito di denaro così grande di cui parlano tutti, non bisogna confondere il fatturato con gli utili”.
Secondo Marotta è anche un problema di mancanza di dirigenti: “Oggi purtroppo fare il dirigente comporta responsabilità enormi” afferma l’ex presidente della Fondazione Carispaq “sono poche le persone disposte a prendersi questo rischio. Spesso sono i genitori dei ragazzi a farlo ma poi cessano una volta finita l’attività dei figli”.
Anche Antonello Passacantando, coordinatore nazionale dell’Ancefs (Associazione Nazionale dei Coordinatori di Educazione Fisica e Sportiva), pone l’accento sulla mancanza di dirigenti sportivi: “Sono finiti i tempi in cui si poteva andare avanti a pane e frittata” osserva “Oggi chiunque pensa di poter fare il dirigente ma non è così, occorrono delle professionalità ben precise per organizzare l’attività di una società”. C’è un dato, tuttavia, fornito da Passacantando, che aiuta a guardare la classifica del Sole 24 Ore con meno pessimismo e viene dalle scuole: “Nonostante tutti i problemi e i tagli, a livello provinciale la percentuale di istituti di 1° e 2° grado che partecipano ai campionati studenteschi è superiore al 90% e anche nelle scuole primarie il tasso di adesione ai progetti di attività motoria, gestiti da professori di educazione fisica, è molto alto, pari al 98%”.