Il ruolo dell’Università dell’Aquila, quando si parla di rilancio economico e sociale della città, viene sempre considerato, da tutte le istituzioni, strategico. La situazione attuale del polo universitario e degli studenti che vivono in città sembra, però, presentare numerose criticità. A cominciare dall’esiguità dell’offerta alloggiativa pubblica offerta agli universitari fuori sede.
A lanciare l’allarme è l’Udu, il sindacato degli universitari: per l'anno accademico che sta per iniziare, le richieste di alloggio sono 446. Di queste soltanto 109 possono essere soddisfatte.
Si tratta degli alloggi pubblici attualmente situati nei locali della ex Caserma Campomizzi. Nell’immediato post-sisma, l’Azienda per il diritto agli studi universitari (Adsu) prese in gestione alcune delle strutture della Campomizzi; strutture che, per essere adibite a residenze universitarie, furono riqualificate attraverso ingenti investimenti. Attualmente, la ex caserma è l’unica struttura cittadina che offre alloggi pubblici per studenti universitari fuori sede. Non bastano, però: 337 richieste, infatti, rischiano di restare inevase.
“La Campomizzi può ospitare complessivamente circa 400 alloggi”, chiarisce ai nostri microfoni Marco Taraborrelli (rappresentante UDU in Consiglio di amministrazione dell’Adsu), “molti studenti che già risiedevano nella caserma hanno riconfermato il posto letto anche per il prossimo anno accademico, di conseguenza l’azienda ha potuto mettere a bando solo 109 alloggi per quest’anno, troppo pochi per soddisfare l’elevato numero di richieste avanzate”.
“All’interno della ex Campomizzi, due palazzine sono ancora di proprietà dell’esercito”, spiega Taraborrelli, “se queste strutture venissero date in gestione all’Adsu, per essere trasformate in residenza universitaria così da trasformare la Campomizzi in un vero e proprio campus, si risolverebbe definitivamente il problema legato alla carenza di posti letto. Va ricordato, inoltre, che la vicina caserma Pasquali è attualmente sottoutilizzata. Gli uffici delle due strutture potrebbero, dunque, essere trasferiti senza problemi. Inoltre, si potrebbero aumentare gli alloggi anche tramite il ripristino della residenzialità diffusa dell’Adsu”.
Ovviare alla poca disponibilità di alloggi, dunque, potrebbe essere semplice. Ma le soluzioni proposte dall’Udu non sembrano, per ora, trovare riscontri favorevoli. Già prima dell’estate il sindacato universitario aveva proposto il ripristino della residenzialità diffusa. La richiesta cadde nel vuoto per insufficienza di disponibilità di abitazioni private. Poi, con l'introduzione dei nuovi criteri di assegnazione dei progetti Case, l’assessore Fabio Pelini aveva assicurato che un numero definito di alloggi sarebbe stato riservato agli studenti. Comprendere questi alloggi tra quelli destinati al ripristino della residenzialità diffusa, avrebbe risolto i problemi. Ma, nonostante le continue rassicurazioni, non si hanno ancora certezze circa la disponibilità di Case e Map.
Non lascia tranquilli neanche la situazione della Campomizzi. La totalità delle strutture, anche quelle attualmente adibite a residenze universitarie e in comodato d’uso all’Adsu fino al 2015, sono ancora di proprietà dell’esercito. Il Ministero della Difesa le rivuole indietro e non sembra favorevole a prorogare l’accordo di programma. In altre parole, si rischia non solo di non ottenere le due palazzine richieste dall’Udu ma anche di perdere, tra due anni, tutti gli alloggi adibiti a residenza.
C’è, infine, la residenza San Carlo Borromeo che se fosse gestita pubblicamente, come da accordo di programma, potrebbe aumentare la disponibilità di alloggi pubblici.
Per ora, dunque, la gestione degli alloggi pubblici universitari, non sembra essere all’altezza di una città che riconosce agli studenti un ruolo fondamentale nella rinascita post-sisma.