Venerdì, 08 Settembre 2017 02:56

Univaq, Inverardi risponde all'Udu: niente stop a numero chiuso

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Niente stop al numero chiuso nei cinque corsi in cui è attualmente previsto (Biologia, Biotecnologie, Scienze Motorie Psicologia e Psicologia Magistrale) e avanti con i test di ingresso, senza timore per le denunce paventate dalle organizzazioni studestesche.

Paola Inverardi risponde così, dai microfoni di NewsTown, all’Udu, che aveva chiesto di “applicare” anche all’Aquila la sentenza con cui il Tar del Lazio aveva sospeso gli accessi a numero programmato nei corsi di laurea umanistici della Statale di Milano.

La rettrice di Univaq ritiene che la richiesta del’Udu non sia ammissibile “né da un punto di vista logico né da un punto di vista giuridico”.

“Intanto” precisa la Inverardi “quella del Tar non è una sentenza ma un’ordinanza, contenente una sospensiva di natura cautelare. Non sancisce niente. La deduzione fatta dall’Udu non trova nessun riscontro logico né giuridico. Se ci fosse il nesso causale di cui parla l’Udu, la Statale avrebbe dovuto sospendere i test, cosa che non ha fatto”.

I cinque corsi Univaq ad accesso programmato, osserva la rettrice, “avevano numeri molto alti di studenti rispetto alle risorse umane e strumentali che potevamo mettere in campo. Sono corsi di laurea che richiedono strutture e tirocini. Il numero programmato locale è stato messo in tutta Italia, non siamo gli unici ad averlo applicato”.

Sospendere i test” continua la Inverardi “non è possibile anche perché vi sono da rispettare tutta una serie di delibere approvate dagli organi di governo universitari e una programmazione didattica approvata dal Miur. Non possiamo prendere decisioni arbitrarie. Poi che si voglia usare strumentalmente questa vicenda per riaccendere il dibattito politico ci può stare, ma allora si dica che è un’azione di natura politica. Anche il costo dei test mi sembra un falso problema: parliamo di 35 euro”.

Secondo la rettrice è fallace anche l’argomentazione per cui si profilerebbe un danno erariale in caso di mancata sospensione dei test visto che i cinque corsi di laurea a numero chiuso erano quelli che potravano a Univaq più iscritti: “Questo” replica la Inverardi “era dovuto al fatto che, essendo noi gli unici rimasti a numero aperto, raccoglievamo studenti che si volevano immatricolare perché non erano riusciti a entrare nei loro atenei di origine o appartenenza. Per questo venivano da noi. Ora non vengono più semplicemente perché anche noi ci siamo messi nelle stesse condizioni degli altri. Tra l’altro, negli anni scorsi, quando non abbiamo raggiunto il numero previsto dai test, abbiamo sempre riaperto le iscrizioni e malgrado ciò non abbiamo mai raggiunto il contingente”.

Insomma, secondo la Inverardi “tutti quegli studenti venivano perché eravamo l’unico ateneo aperto in un mercato chiuso. L’Udu si batte perché il numero chiuso venga abolito ovunque. Osservo, però, una cosa: se ciò accadesse, se si togliesse, cioè, dappertutto l’accesso programmato, questo mercato non esisterà più perché gli studenti si iscriveranno negli atenei più vicini a casa loro. Quella che ha in mente l’Udu è una politica contraddittoria perché si chiede di soddisfare una domanda che non è reale ma indotta dalla particolare situazione. Se le richieste dell’Udu venissero accolte, l’Università dell’Aquila dovrebbe investire su i cinque corsi attualmente a numero chiuso e smettere di investire su altri e tutto per soddisfare una domanda che quando ci saremo messi nelle stesse condizioni degli altri non ci sarà più”.

Le parole della Inverardi non sono diverse da quelle della maggior parte dei rettori italiani: per eliminare il numero chiuso a livello locale servirebbe che lo Stato destinasse maggiori risorse all’università ma fin quando ciò non avverrà (come indicano i trend di questi anni, che dicono che sull’università italiana sono stati fatti solo tagli) i corsi ad accesso programmato saranno una pratica sgradevole ma necessaria: “Ovunque è così” dice la rettrice di Univaq “Non abbiamo le risorse per soddisfare numeri maggiori di quelli che abbiamo responsabilmente indicato. Nella carta degli studenti che abbiamo approvato c’è scritto che gli studenti hanno diritto a una buona didattica, a spazi, laboratori e risorse. Se a Biologia c’erano 400 studenti ma le strutture erano adatte ad accoglierne e gestirne 150, era impossibile garantire questi diritti”.

Medicina: sulle scuole di specializzazione probabile una proroga

Sull’altro punto caldo che in questi giorni sta interessando l’università, ossia l’accreditamento delle scuole di specializzazione di medicina, la Inverardi lascia intendere che molto probabilmente il ministero concederà una proroga. Dunque le due scuole di specializzazione dell’Università dell’Aquila che qualche giorno fa la direttrice del Mesva aveva indicato come a rischio sulla base di quanto scritto nel report stilato dall’osservatorio nazionale, dovrebbero essere salve: “Il documento infromale uscito ad agosto” spiega la Inverardi “quello che indica criticità a Neurologia e Cardiologia, è stato molto criticato da tutta la comunità universitaria e scientifica perché pieno di errori. In attesa di leggere la relazione ufficiale dell’osservatorio, l’orientamento che probabilmente prevarrà sarà quello di concedere una proroga di un anno per permettere alle scuole di specializzazione che hanno qualche debolezza, come, nel nostro caso, Cardiologia, perché invece Neurologia ha tutti i requisiti richiesti, di mettersi in regola”.

Ultima modifica il Sabato, 09 Settembre 2017 06:53

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