Inoltre le donne in Europa rappresentano il 44% dello staff accademico di grado “C” (ricercatori), il 36% di grado “B” (professore associato) e solo il 18% di grado “A” (professore ordinario). La proporzione delle donne tra i “full professor” è più alta nelle scienze umanistiche e sociali (rispettivamente 27% e 18.6%) e più bassa nel campo dell’ingegneria e scienze tecnologiche (7.2%)
Nel periodo 2002-2006 c’è stato un incremento nel numero totale di donne ricercatrici in campo scientifico in Europa rispetto al quinquennio precedente: la crescita più significativa si è avuta nei campi delle scienze mediche (+5.6%), umanistiche (+6.8%), ingegneristiche e tecnologiche (+6.7%) e sociali (+6.5%)
La Svezia è fra i paesi europei con la più alta percentuale femminile nel ruolo di Rettore (27%). Secondo il rapporto «She Figures 2009», la quota media di donne fra i Rettori nei 27 paesi dell’Unione Europea è intorno al 13% (Commissione Europea, 2009, p. 93).
In Italia su 80 Rettori della CRUI (2011-2012) solo 5 sono donne, cioè il 6,25%.
Analizziamo i dati della nostra Università. Ci riferiamo all’anno accademico 2011-2012:
- Personale totale: 1102
- Personale tecnico ammnistrativo: 516
- Personale docente: 586
La figura seguente mostra la percentuale totale delle donne nel totale del personale universitario che si assesta al 45%. Tra i docenti però le donne sono solo il 35%, mentre tra il personale amministrativo sono la maggioranza, 56%. Di queste ultime ben 8 hanno raggiunto il massimo livello professionale, cioè più degli uomini della stessa categoria.
Ma se passiamo ad analizzare come le donne si distribuiscono nei diversi livelli di carriera universitaria, come docenti, scopriamo che le indicazioni europee vengono confermate. Le donne sono il 21% tra i professori ordinari, il 27% tra i professori ordinari e la maggioranza tra i ricercatori (grado “C”), 52%.
Analizzando i dati per Facoltà (ancora in vigore per l’anno 2011-12), vengono alla luce percentuali assai diverse tra le facoltà di tipo umanistico e quelle più prettamente tecnico-sceintifiche: le donne del corpo docente della ex-Facoltà di Lettere e Filosofia sono il 51% del totale e il 50% per Scienze della Formazione. La percentuale scende al 34% per Medicina e Chirurgia, al 30% per Scienze mm.ff.nn e al 17% per l’Ingegneria.
Passando ai dati riguardanti gli studenti universitari rileviamo che in Italia si iscrive all’università o a corsi equivalenti, il 55% dei diciannove/ventenni: poco più della media Ocse che è del 53%. Australia, Finlandia, Polonia e Svezia superano il 70 % di iscritti all’Università. (Fonte: rapporto annuale Ocse sull’Istruzione 2006)
Nell'anno accademico 1941/42 gli studenti iscritti alle università italiane erano 145793; le donne non superavano il 15-20% del totale.
Nel 2004 il numero totale di studenti universitari si assesta a circa 1 milione e 800 mila, dei quali 1 milione sono donne (55,5%) e 800mila sono uomini.
Si ripotrano i dati di un’analisi su studenti iscritti all’Ateneo Aquilano dell’anno accademico 2011-2012 su un campione di 16833 studenti in corso.
Il 52,3% del totale sono donne e il 47,7 % uomini.
In figura vengono riportati i numeri riguardanti la distribuzione degli studenti e delle studentesse per facoltà:
Le percentuali corrispondenti sono:
Viene osservato che nelle prove di ammissione ai corsi offerti dalla Facoltà di Ingegneria in tutta Italia, le ragazze ottengono ottimi risultati, ma, al momento dell’iscrizione, solo una ragazza su quattro decide di immatricolarsi.
La scarsa presenza di donne nei corsi di Ingegneria, riscontrabile anche a livello nazionale ed europeo, è il risultato di stereotipi sociali molto diffusi. Ciò è spesso dovuto alla persistenza di pregiudizi che vedono le donne più portate a professioni nel settore umanistico o di assistenza alla persona.
La percentuale delle donne in alcuni corsi di laurea ci restituisce un quadro ancor più stereotipato:
- Ingegneria elettronica 13%
- Ingegneria civile 24%
- Informatica 16%
- Scienze biologiche 81%
- Dietistica 61%
- Fisioterapia 38%
- Ostetricia 97%
- infermieristica 61%
Appare evidente come in Italia e anche in Europa il potenziale intellettuale femminile non viene adeguatamente capitalizzato: non si tratta solo di una discriminazione che colpisce una parte, oltretutto cospicua, della popolazione lavorativa europea, ma di una perdita per l’intero sistema scientifico e tecnologico dell’Unione.
E’ chiaro, quindi, che il settore della ricerca necessita di interventi politici correttivi che consentano di incrementare la partecipazione femminile, a beneficio non solo dello sviluppo culturale e professionale delle donne, ma anche per colmare il dislivello di competitività della ricerca scientifica dell’Unione rispetto ad altre regioni del mondo.
Una società priva di squilibri di genere, cioè più attenta alle pari opportunità, è anche una società più proiettata verso il benessere socio-economico di tutti i suoi cittadini, una società più equa e democratica.
di Giusi Pitari