Si è tenuta stamane, nell’Aula Magna di Scienze Umane, la cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2013-2014 dell’Università degli Studi dell’Aquila. Ad aprire è stata, come di consueto, la rettrice Paola Inverardi.
Il primo discorso di inaugurazione della rettrice ha mantenuto i caratteri distintivi e pragmatici del suo modo di operare. Ha, infatti, parlato dell’università correlando il suo intervento di numeri e grafici che mostrano le molte criticità del nostro sistema universitario: in primis i tagli sul turn over che, non nasconde, saranno presenti almeno fino al 2016. Ha parlato poi delle difficoltà della ricerca, argomento che le sta molto a cuore, ed ha sottolineato come l’Italia dedichi pochi posti di lavoro ai ricercatori che sono appena 4 su 1000 lavoratori”.
“L’Abruzzo - ha inoltre ammesso la rettrice - è una regione di transizione dal momento che ancora esistono zone arretrate, ma mantiene un buon sistema formativo e di ricerca, che oltre alle università di L’Aquila, Teramo, Chieti-Pescara adesso vanta anche il nuovo Gran Sasso Science Institute”.
Scendendo poi nello specifico del nostro ateneo, ha fornito alcuni numeri: nel 2002, i docenti erano 624 che, nel 2012, sono scesi a 563; stessa situazione per il personale che nel 2002 contava 519 dipendenti e, dieci anni dopo, 512. Per quanto riguarda le iscrizioni, gli immatricolati sono passati, non senza un visibile oscillamento, da 3150 nel 2007/2008 a 3668 nel 2011/2012 . Sappiamo che questo dato, tuttavia, va letto nella prospettiva dell’esenzione delle tasse attive dal post-sisma che ha spinto in molti ad iscriversi all’università, quasi come un passatempo o comunque non con un impegno molto serio da parte di tutti gli studenti. Altri dati forniti dalla rettrice hanno infatti delineato come la distanza tra numeri di iscritti e laureati si sta allargando: “Questo significa - ha dichiarato la rettrice - che il nostro sistema comprende un grande numero di studenti inattivi o poco attivi e rappresenta, evidentemente, un problema da risolvere”.
Inoltre, Inverardi ha sottolineato come in uno studio effettuato su 88 università italiane, l’Università degli Studi dell’Aquila sia risultata seconda sulle 39 università che devono adeguare la propria offerta formativa perché “sproporzionata”. La questione è quella dei “requisiti minimi” nel rapporto fra numero di docenti e studenti, richiesta dal ministero e, a meno che non si tratta di diminuisca il numero degli studenti mediante l’acceso al numero chiuso, significa solo una cosa: chiusura di corsi di studio.
Prima di elencare i suoi obiettivi la rettrice ha infatti affermato: “Capiamo cosa vogliamo e poi riflettiamo su quale università possiamo avere”. Tra gli obiettivi ha poi citato ovviamente la ricerca di una maggiore attrattività, la crescita dell’occupazione e la valorizzazione delle competenze professionali già esistenti. Ma per ottenere ciò, la rettrice ha ben compreso che vi è la necessità di insistere e valorizzare le parti distintive dell’offerta formativa, anche in base alle esigenze sociali ed economiche del territorio. Senza dimenticare di insistere su concetti come la necessità di internazionalizzazione, suo cavallo di battaglia fin dalla campagna elettorale, ha poi introdotto un concetto che spesso viene tralasciato dall’amministrazione universitaria: “Dobbiamo colmare il divario culturale con le scuole superiori, in modo da avere collaborazioni più strette”. Dopo un ultimo sguardo dedicato al lavoro, che richiede una migliore qualità della vita e migliori servizi per i dipendenti e le loro famiglie, come asili nido e quant’altro, l’intervento si è poi concentrato sulla ricostruzione.
“Vogliamo un’università residenziale, in cui gli studenti siano riconosciuti come veri e propri cittadini, in cui ci sia un rapporto rafforzato con le istituzioni e con il territorio, in modo da essere coinvolti nel riassetto urbanistico, nell’innovazione dell’armatura urbana e nella ricostruzione”, ha concluso la rettrice.
E più che ‘partecipativa’ si è dimostrata la Presidente del Consiglio Studentesco, Valentina Ciaccio che nel suo intervento poco istituzionale ma molto d’impatto ha mosso critiche al sistema universitario e al Comune, senza risparmiare colpi a nessuno.
“Non è possibile - ha detto Ciaccio - slegare l’università dal momento politico e sociale che stiamo vivendo nel nostro Paese: la disoccupazione giovanile è a livelli massimi e i tagli scellerati al diritto allo studio insieme all’aumento delle tasse, hanno contribuito alla diminuzione delle immatricolazioni (il 17 per cento dal 2003) in Italia e al pericolosissimo fenomeno degli ‘inattivi’”.
“Il diritto allo studio - ha ricordato - è un diritto costituzionale, deve essere permesso a tutti i capaci e meritevoli ma l’aggettivo meritevole, contenuto nell’articolo 34 della costituzione (“La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso” ndr.) non deve essere frainteso e diventare una mera bandiera, bisogna rompere l’ipocrisia che si sta nascondendo in questa parola, troppo spesso usata per giustificare tagli”.
“Anche sul Decreto A.V.A. (Autovalutazione, Valutazione periodica e Accreditamento, ndr.) - ha affermato - devono essere rotte grandi ipocrisie. Senza lo sblocco del turn-over delle docenze ed un rifinanziamento serio si potrà intervenire solo sul numero degli studenti ma così il sistema sarà ancora più chiuso e meno accessibile”.
Ciaccio ha poi riportato i problemi generati da tale Decreto all’interno della realtà universitaria aquilana: “La banale soluzione sarebbe l’inserimento generalizzato del numero chiuso e scenderemo da 26mila iscritti a soli 12mila ma i corsi più attrattivi, con un numero elevato di iscritti, dovrebbero essere punti di forza dell’ateneo e non problemi da risolvere con l’inserimento generale di numero programmato”. Ha poi ribadito, seguendo le posizioni prese dall’Udu contro la chiusura dei corsi nel campo civile-ambientale e pedagogico-sociale, in particolare riferendosi al corso magistrale di Scienze della Formazione e del Servizio Sociale e alla probabilità di una interclasse con filosofia.
Ciaccio ha esortato ad investire sul diritto allo studio, proponendo un sistema di tassazione che tuteli gli studenti attivi e con redditi bassi e un sistema di trasporti pubblici gratuiti per gli studenti, attraverso 3 milioni di euro da destinare annualmente all’Ama. In seguito ha esposto la questione dell’offerta residenziale sia pubblica che privata della nostra città: “non lasceremo la Campomizzi e chiediamo che si riporti al giusto uso pubblico la residenza Carlo Borromeo che è stata scorrettamente affidata alla curia”.
Si è poi scagliata contro la Regione per l’abbandono del polo polifunzionale di Coppito e non ha risparmiato neanche il Comune dell’Aquila, alla presenza del sindaco Massimo Cialente: “Il Comune non si perda in progetti futuristici ma si concentri su problemi di tutti i giorni. In tre anni, non è stato in grado neanche di porre rimedio al problema di una semplice pensilina degli autobus”.
Ha poi preso la parola Michele Tuccia, rappresentante del personale tecnico-amministrativo che ha brevemente esposto il suo augurio all’università con delle speranze, che sono un po’ quelle di tutti: “Mi auguro - ha detto - di essere affiancato in futuro da dipendenti più giovani e che il personale sia posto in condizione di fare un buon lavoro”. “L’università - ha aggiunto - dovrebbe avere sempre al centro gli studenti e la loro partecipazione non dovrebbe rientrare solo in una questione di numeri”.
E’ seguita la prolusione di Edoardo Alesse docente del Dipartimento di Scienze Cliniche Applicate e Biotecnologiche, intitolata “L’innovazione tecnologica in Medicina; un’opportunità per l’Università degli Studi dell’Aquila” in cui ha illustrato dettagliatamente i passi che la medicina sta compiendo per trasformarsi da “tradizionale” a predittiva, preventiva e personalizzata e il ruolo chiave che la nostra università e suoi ricercatori stanno avendo in questa direzione. Ha concluso il suo intervento con una farse letta su Facebook di un certo dipendente Massimo P. che dice: “L’innovazione non chiede permesso, travolge chi è immobile e cambia il mondo”.
E di innovazione ha parlato, in un video-messaggio, anche Carlo Trigilia, Ministro per la Coesione Territoriale che non ha potuto partecipare alla cerimonia. Al suo posto, è arrivato a L'Aquila il Capo di Gabinetto, Alfonso Celotto. “Il ministro ci teneva molto a partecipare - ha detto Celotto - di certo non si immaginava che oggi si potesse tenere il quarto ‘voto di fiducia’ in sette mesi”.
Celotto ha saputo intrattenere i presenti, confessando di aver avuto piacere nel partecipare. “Prima di tutto perché sono anche io un professore, insegno Diritto alla facoltà di Giurisprudenza di Roma Tre e poi perché da adolescente ho vissuto il terremoto nella provincia di Napoli e ho visto in prima persona cosa significa e la ricostruzione”.
“Quello che dico spesso della mia facoltà è che noi fabbrichiamo disoccupati perciò è di fondamentale importanza per l’università avere una cooperazione con il territorio, in cui gli studenti fungano da volano”.
“In questo senso, - ha aggiunto - l’Università degli Studi dell’Aquila è sulla strada giusta e questa calamità, nonostante tutte le perdite, potrebbe essere un’occasione”.
E delle opportunità in cui potrebbe tradursi il terremoto ha parlato anche il Ministro della Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, nel suo video-messaggio. Il ministro ha dato, almeno a parole, una speranza alla nostra piccola città: “Le attività innovativa possono essere il futuro dell’Aquila”, ha detto il ministro. “Ma quali devono essere gli interventi volti a promuovere un’innovazione, a misura di una città come l’Aquila?”
Ciò che è certo è che questo Anno Accademico sarà decisivo: si capirà finalmente la strada che intraprenderà non solo l’ateneo, sotto la guida della nuova rettrice ma tutta la città, che imprescindibilmente risentirà di ogni scelta presa in questo campo. Si dovranno prendere scelte difficili e sofferte se si vuole perlomeno “sopravvivere”, ciò che ci auguriamo è che in questo percorso l’università non torni ad essere sola ma che la collaborazione e l’attenzione delle istituzioni locali e nazionali traduca le parole in fatti.
con la collaborazione di Ludovica Salera
La foto Gallery di Christian Di Nardo