Sabato, 08 Febbraio 2014 21:21

Poche donne ai vertici in Italia, che fare? Se ne è discusso a L'Aquila

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Si è tenuto venerdì a L'Aquila, presso la sala congressi di Confindustria, il convegno "Leadership femminile - il ruolo strategico delle donne in azienda e nella pubblica amministrazione".

L'iniziativa rientra nel quadro del progetto "L'Aquila città per le donne - Percorsi partecipativi per una lettura di genere della realtà urbana", volto a rendere le donne partecipi della ricostruzione fisica e sociale della città, oltre che a incentivare le pari opportunità economico-lavorative a L'Aquila.

Ospiti del dibattito sono state la Rettrice dell'Università dell'Aquila Paola Inverardi, la vice-questore aggiunta di Polizia di Stato presso la Questura dell'Aquila Delfina Di Stefano, la consigliera del Ministro dell'Interno per le politiche di contrasto della violenza di genere Isabella Rauti, la vice-presidente dell'Associazione Italiana Direttori del personale Abruzzo e Molise Elisa Antonioni e la direttrice di Abruzzo Impresa Eleonora Lopes.

La presenza femminile ai vertici di aziende, imprese, pubblici impieghi e settori accademici è già regolamentata dalla legge sulle quote di genere 'Golfo-Mosca', nata dall'unione delle proposte di legge presentate dalle deputate Lella Golfo (Popolo delle Libertà) e Alessia Mosca (Partito Democratico).

Il disegno di legge prevede che il 20% dei posti disponibili nei consigli direttivi e negli organi di controllo di aziende, quotate in borsa e non, sia riservato obbligatoriamente alle donne (ma già dal 2015 la quota sale ad un terzo).

Tuttavia le quote di genere sono solo uno degli strumenti per cambiare la cultura lavorativa e manageriale di un paese e da sole non possono costituire la soluzione.

"Non sono i talenti femminili a mancare, quello che influisce di più, probabilmente, è una cultura fatta di pregiudizi e stereotipi - ha detto ai microfoni di NewsTown Isabella Rauti a margine dell'incontro - Nonostante le donne riescano a conseguire la laurea per esempio in tempi più brevi e con una preparazione superiore ai colleghi maschi, poi sono svantaggiate nel mondo del lavoro per le scelte legate alla maternità. Questo svantaggio va assolutamente recuperato. Più donne nel mondo del lavoro significa raggiungere un maggiore prodotto interno lordo, maggiore produttività e competizione. Dobbiamo trovare più coraggio".

Ad oggi lo Stato sostiene economicamente la nascita di start-up femminili e infatti proprio negli ultimi anni le 'donne in carriera' sono in aumento. Tuttavia continuano ad essere in minoranza rispetto ai colleghi manager uomini.

"Dobbiamo sfondare il 'soffitto di cristallo' costituito dalle barriere culturali che impedisce a molte donne di buttarsi nel campo dell'imprenditoria", ha detto durante il convegno l'imprenditrice aquilana Laura Tinari, una delle promotrice del progetto "L'Aquila città per le donne".

Ma se tante donne desistono dal fare carriera è soprattutto perché una vita lavorativa manageriale non è conciliabile con una vita privata soddisfacente. Le posizioni lavorative di spicco, in Italia, richiedono una disponibilità totale della persona e non prevedono orari lavorativi fissi comportando spesso anche cambi repentini delle sedi lavorative.

Non di rado per una donna, la scelta diventa se portare avanti il lavoro o costruire una famiglia e questo accade sopratutto a causa dell'assenza di politiche di sostegno lavorativo e sociale adeguate.

Donne e uomini, dovrebbero essere messi nelle condizioni di non dover più fare 'sacrifici e rinunce' nella propria vita privata in nome della carriera e, oltre alle 'quote di genere', servirebbero più sostegni e incentivi per le famiglie.

Dall'indagine Istat 'Noi Italia', è emerso che nel 2011 il tasso di inattività lavorativa nel nostro paese era pari al 48,5 % per le donne e al 26,9% per gli uomini.
Tutt'altra storia in Svezia, dove il tasso di inattività femminile si attestava al 22,3% e quello maschile al 17,3%.

Le possibilità di occupazione in Svezia, come in tanti altri paesi europei, sono maggiori per diversi fattori, tra cui le forti politiche di assistenza e sostegno alle famiglie. L'obbligo di 'paternità', gli asili e i baby-parking aziendali, la programmazione di orari lavorativi sostenibili e conciliabili con una vita di coppia e famigliare soddisfacente, permettono infatti a chiunque di poter lavorare e vivere allo stesso tempo.

"Le politiche di genere dovrebbero essere orientate a un riequilibrio dei compiti sociali che permetta alle donne di non dover fare sacrifici sulla propria vita privata - ha dichiarato con fermezza Paola Inverardi - le donne di successo, me compresa, spesso non sono un buon modello da seguire, poiché hanno preferito rinunciare ad una vita affettiva e famigliare".

Ultima modifica il Domenica, 09 Febbraio 2014 12:07

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