Mercoledì, 21 Maggio 2014 18:08

Università, il ministro: stop a test d'ingresso a medicina. Il modello francese funzionerà?

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I test di accesso per la Facoltà di Medicina e Chirurgia saranno aboliti. Dopo le diverse anticipazioni di Studentown sull'argomento, il ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Stefania Giannini torna ad insistere, sull'onda delle proteste degli ultimi giorni, sull'inadeguatezza del numero chiuso.

Stavolta la ministra ha scelto Facebook per annunciare la tanto attesa notizia. Ad esultare, però, saranno solo coloro che ancora non hanno fatto i test. Per tutti gli altri, come per quegli studenti che con difficoltà hanno affrontato i test ad aprile, resterà solo l’amaro in bocca. Dunque è la fine di quei test che costringevano ragazzi e famiglie a trasferte costose e a volte poco proficue, vista la difficoltà e a volte il no sense delle domande.

Il partito della ministra, Scelta Civica ha aperto una question time sul web, durante il quale la ministra ha risposto dall'altra parte dello schermo a tutte le domande sulla questione, sottolineando la necessità di un tale cambiamento. Chi sostiene la scelta del ministro, come tutti quegli studenti che il mese scorso hanno urlato "#stopaltest" sotto gli ospedali di tutta Italia, ha senz'altro le sue ragioni: in primis domande poco adeguate al 'fine medico', una preparazione ai test che la scuola superiore non offre e che fa ricorrere spesso a enti privati e, infine, la goccia che fa traboccare il vaso, ovvero le numerose irregolarità nell'esecuzione dei test, riscontrate in tutta Italia. Inoltre, a legittimare la scelta potrebbe essere la mancanza di figure mediche che, a causa di pensionamenti, coinvolgerà l’Italia nei prossimi anni, soprattutto per quanto riguarda i medici di famiglia e in particolare al nord, come annunciato dallo stessa Federezione Italiana dei Medici di famiglia, FIMMG.

"Sono profondamente convinta - aveva dichiarato la ministra ad Adnkronos - che la programmazione e il bilanciamento tra i posti disponibili del sistema sanitario, valutato a livello regionale con un sistema modificabile in meglio ma che comunque ha una sua fondatezza, e l'emissione di potenziali medici sia un fattore che ha migliorato enormemente non solo la qualità della didattica delle facoltà di medicina ma anche quel gap drammatico che quelli della mia generazione hanno poi scontato in anni di forte disoccupazione. Però è anche vero che non sono del tutto convinta che le 60 domande di un test a risposta multipla concentrate nella giornata di prova debbano e possano essere il migliore strumento per misurare questa selezione".

Lo strumento giusto per la selezione, almeno a detta della ministra, sarebbe il modello francese o per lo meno un "suo adattamento al sistema italiano". Si tratterebbe di uno sbarramento ad un anno su "base meritocratica". Quali saranno esattamente i criteri che renderanno gli studenti adeguati a proseguire il loro sognato percorso di studi resta il più grande quesito. Per saperlo ufficialmente dovremo aspettare fino a luglio, data entro la quale la ministra esporrà la proposta e le nuove regole.

Restano diverse perplessità a proposito. La prima ad averne mostrate è stata la rettrice dell'Università degli Studi dell’Aquila, Paola Inverardi, protagonista in questi giorni della spinosa questione del numero programmato istituito per alcuni corsi. La rettrice aveva così commentato: "La ministra Giannini non ha messo in discussione la programmazione dei numeri: in altre parole, stabilito che dovranno esserci un certo numero di medici, tale numero rimane. Al contrario ha messo in discussione la modalità di selezione, il test d'ingresso. Il modello francese però, ad oggi, non è applicabile alla realtà italiana: costringerebbe le università a mettersi nella condizione di assicurare la didattica - per il primo anno - non più a 160, ma a 700-800 studenti. Non ci sono le risorse. Gli atenei dovrebbero essere in grado di assicurare a tutti gli iscritti eguali opportunità per poter competere al test che - al finire del primo anno - ridurrebbe comunque il numero degli studenti a 160. Se ci assicurano le risorse per garantire a tutti gli studenti il giusto numero di docenti e adeguate strutture, allora si può fare: altrimenti, si introduce un meccanismo ancor più perverso. Alla fine del primo anno, saremmo costretti a buttar fuori studenti con la media del 27".

Dunque con il metodo francese non si avrebbero in realtà più medici ma cambierebbe solo il metodo di selezione. Inoltre, a fronte di un test che, seppur con irregolarità, era uguale per tutti e dunque super partes, con lo sbarramento ad un anno, i singoli professori avrebbero un immenso potere nel decidere il destino degli studenti. Con tali modalità  saranno inevitabili dei ricorsi. Inoltre, cosa faranno gli studenti che non passeranno l’anno? Non avranno più accesso alla facoltà? Certo si ritroveranno con un anno di ritardo nel loro percorso di studi, pur avendo mantenuto una buona media, come ha sottolineato la rettrice.

Per le scuole di specializzazione, invece, la ministra Giannini fa intuire che non ci sono buone notizie. "Ho parlato con il ministero dell'Economia e delle Finanze - scrive ancora in un post - anche di questo tema. Il Miur ha trovato una quota di fondi per arrivare ad un aumento che però non è sufficiente al ripristino delle quote dello scorso anno. Abbiamo chiesto al Ministero dell'Economia e delle Finanze di aggiungere i fondi mancanti".

 

Ultima modifica il Mercoledì, 21 Maggio 2014 23:41

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