L’Università dell’Aquila esce a testa alta dall’Hackathon. Il miglior team aquilano si è classificato, infatti, secondo su scala nazionale alla competizione per la creazione di applicazioni su piattaforma Android o PhoneGap che si è tenuta giovedì e venerdì nel Disim (Dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione Matematica).
Cinquanta studenti, precedentemente iscritti, si sono suddivisi in gruppi di lavoro e hanno dato forma alle loro idee - “hack” appunto - lavorando anche di notte e dando concretezza a una visione partecipativa dell’Università e di tutte le attività ad essa legate, lontano da ciò che siamo abituati a vedere solitamente.
Il tema sul quale gli studenti hanno dovuto cimentarsi è quello dell’open data e della partecipazione civica.
“Parliamo - si legge sul sito web di Hackaton - di realizzare applicazioni in grado di usare, e magari migliorare, i dataset di open data disponibili nel nostro paese (ma non solo), creare visualizzazioni che possano meglio spiegare situazioni e numeri, permettere a politica e cittadini di interagire in modo più fluido e funzionale”.
Al termine del coding, ogni team ha esposto la sua hack davanti a una giuria tecnica locale, nel nostro caso composta dai professori Ivano Malavolta, docente di applicazioni per dispositivi mobili, Luca Forlizzi, professore di laboratorio di "programmazione 2" e Giuseppe Della Penna, docente di ingegneria del web e l’idea vincente è stata presentata dai ragazzi alle altre otto università in diretta web.
Ad arrivare ad un passo dalla vittoria sono stati Nicola Sacco, Daniele Di Pompeo, Igor Di Paolo, Filippo Tirabassi, studenti del corso di ingegneria informatica che, con la loro hack, “Social recycle” hanno creato un gioco sociale intorno alla raccolta differenziata: "abbiamo cercato su internet open data che riguardassero l’associazione tra codici a barre dei prodotti e il tipo di rifiuto che questi prodotti producevano, non li abbiamo trovati, almeno in Italia – hanno detto – così abbiamo deciso di creare un piccolo server che ci fornisse la possibilità di inviare questi dati dal dispositivo mobile, leggendo il codice a barre tramite lo stesso e inserendo il tipo di rifiuto e dove questo rifiuto deve essere buttato”.
“Abbiamo cercato di porre tutto questo sotto forma di gioco sociale, in modo tale che un utente che inserisce un prodotto nel database guadagni punti, instaurando così un processo di social living” concludono gli studenti.
Ad aggiudicarsi il primo posto in Italia è stata l’Università Politecnica delle Marche con l’hack “Open city”, che mette a disposizione del cittadino degli strumenti per poter interagire direttamente con le istituzioni: l’app, infatti, permette di prendere visione delle documentazioni e delle ordinanze del Comune, utilizzando il dataset di quest’ultimo, di esprimere un proprio giudizio e di proporre dei sondaggi a tutta la community dell’applicazione, facendo anche delle segnalazioni su cosa funziona o meno nella città.
Non da meno sono state tutte le hack proposte dai team nostrani che hanno toccato svariati argomenti come la ricerca del lavoro, la partecipazione alla vita politica, lo spreco dei fondi per lavori pubblici, la cultura, i censimenti delle case nella fase della ricostruzione.
L’evento è stato seguito su Google Plus dove i ragazzi hanno inserito foto e commenti di una “due giorni” fuori dall’ordinario: “la foto più apprezzata – ha spiegato nel discorso di apertura uno degli organizzatori - riceverà un piccolo premio, buon lavoro e…siate social!”.