L’Università degli Studi dell’Aquila ha il suo nuovo rettore. Dopo i nove anni dell’era di Di Orio, sarà Paola Inverardi, ex-preside della facoltà di Scienze, già direttore del Dipartimento di Ingegneria e Scienze dell’Informazione e Matematica (DISIM), ricercatrice e membro del Senato Accademico, a prendere in mano le redini dell’Università.
Dopo aver seguito da vicino tutti gli sviluppi della campagna elettorale, News-Town è tornato ad intervistarla, nella cornice di Piazza Duomo, non più in veste di candidata ma non ancora ufficialmente in quelli di rettore, per parlare del particolare momento con Ferdinando Di Orio ancora in carica, del delicato rapporto con i sindacati studenteschi e dei progetti per l’immediato futuro del nostro Ateneo.
La sua storia è legata a questa città sia professionalmente che personalmente, quale è stato il suo primo pensiero quando ha capito di essere ufficialmente il nuovo rettore dell’Università degli Studi dell’Aquila?
Non è bello a dirsi ma non ho avuto pensieri perché c’era un po’ di tensione. Immaginavo che sarei passata al terzo turno perché me lo dicevano tutti però, nel momento in cui ho appreso la notizia, non ho avuto particolari pensieri. Devo dire che, ancora oggi, non mi sento molto diversa, cioè non riesco ancora a percepire il cambiamento di stato, probabilmente lo percepirò meglio quando comincerò a lavorare per questo incarico.
A cosa si dedicherà in questi mesi?
Adesso, prima di prendere ufficialmente servizio, cercherò di capire, sia con il mio ruolo negli organi che con contatti diretti con i vari soggetti all’interno dell’università, quali siano le problematiche urgenti. Vedremo che tipo di rapporto si stabilirà con Di Orio: aveva detto, durante un Senato Accademico precedente alle elezioni, che avrebbe collaborato con il nuovo rettore nella definizione dell’ordine del giorno dei vari organi e dei problemi da discutere. Poi immagino che non potremmo prendere grandi decisioni strategiche in questi mesi ma, d’altra parte, dobbiamo anche evitare di paralizzarci e non fare nulla nell’attesa del cambio.
Come vede la scelta di Di Orio di rimanere in carica fino ad Ottobre?
E’ un suo diritto, è lui che deve valutare se ha senso o meno rimanere, se può ancora svolgere un ruolo per l’Ateneo o se questo non porterà a paralizzarlo per quattro mesi. Non mi sento di dire nulla, vorrei che lui si pronunciasse perché in questo momento è rettore ed è nelle sue prerogative decidere di rimanere ma deve anche capire che il bene dell’Ateneo è al di sopra dei suoi interessi e agli interessi di tutti noi. E’ lui che deve decidere se riuscirà a collaborare con me, oppure no.
Quale sarà il suo primo intervento da rettore?
Sono tanti, uno l’ho già accennato: cercare un raccordo ufficiale e formalizzato con tutti i portatori di interessi del territorio e penso di poterlo fare subito perché, anche se non sono nella pienezza del ruolo, si sa che lo sarò, quindi ho la credibilità sufficiente per iniziare subito a muovermi. Un’altra priorità riguarda l’aspetto organizzativo, che coinvolge la gestione dei processi all’interno dell’Ateneo e il soddisfacimento o meno del personale tecnico-amministrativo e dei docenti che, in campagna elettorale, hanno denunciato diversi problemi. Questa è certamente la prima cosa che bisogna mettere in campo: una riformulazione dei processi organizzativi dell’Ateneo che valorizzino le persone, che permettano a tutti di lavorare meglio ma che forniscano anche i servizi che si aspettano sia i professori che gli studenti. Bisogna poi cominciare subito a pensare a come caratterizzare meglio e sostenere l’offerta formativa. Noi quest’anno abbiamo fatto una scelta di continuità, cioè una “non scelta”, perché abbiamo deciso di far rimanere tutto così com’è però sappiamo che questo atteggiamento oggi non può durare perché ci sono dei vincoli forti di sistema che dobbiamo rispettare. Dobbiamo, perciò, iniziare a lavorare anche su questo da subito, cercando collaborazioni con altri atenei e presentandoci sul palcoscenico del prossimo anno accademico con una scelta forte.
E’ nota la sua volontà di istaurare un dialogo con i ragazzi ma gli studenti elettori, facenti parte di diverse istituzioni studentesche, hanno diretto la loro preferenza verso l’altra candidata: come pensa di riuscire a dialogare con loro?
Semplicemente bisogna parlare insieme, ho già ricevuto le congratulazioni e gli auguri da parte della maggiore organizzazione di studenti che è quella che non mi ha votato e che ha scritto un documento programmatico che terminava con un invito di voto agli altri due candidati. Per quanto sia assolutamente legittimo è ovvio che un documento presentato in questo modo, unito all’impossibilità di avere un dialogo nel merito dei programmi, non ha poi favorito le possibilità di confrontarci e di capire veramente quali erano le divergenze. Penso che le posizioni dell’Udu si siano molto cristallizzate su delle bandiere, purtroppo con le bandiere non si governa. Riconosco la legittimità delle rappresentanze di portare avanti delle idee, però quando si va alla discussione, se ci sono requisiti che non sono conciliabili, bisogna decidere insieme come scegliere. Non sono pregiudizialmente a favore o contro qualcosa, ho l’abitudine e la prassi di guardare alla realtà dei fatti, capire quali sono i problemi e poi cercare insieme la soluzione che meglio soddisfa il bisogno di tutti.
Nei giorni precedenti alle elezioni ha parlato di una campagna elettorale non limpida e di attacchi nei suoi confronti tramite lettere e telefonate: in che modo riuscirà a ricompattare l’Ateneo?
Diciamo che più che attacchi personali, c’è stato il tentativo di estremizzare e ridicolizzare delle posizioni: non penso questo sia corretto ma ognuno fa la campagna elettorale come la sa fare e come la vuole fare. Comunque credo che, passato questo momento, in realtà tutto avverrà molto più serenamente. So per esperienza che è molto difficile comunicare e che è molto facile lasciare quel minimo livello di ambiguità che, all’occorrenza, può essere strumentalizzato però, una volta che saremo negli organi, discuteremo e prenderemo delle decisioni che saranno trasparenti e proseguiremo su questa linea.
Il fatto di aver ricevuto l’appoggio di molti professori è sintomo che la situazione critica dell’università è dovuta, oltre a decreti nazionali, a scelte sbagliate fatte in questi anni: quale sarà l’elemento di discontinuità più forte, dal punto di vista della didattica e dell’organizzazione, rispetto alla precedente governance?
A parer mio, ad un certo punto è necessaria la discontinuità in tutte le istituzioni perché si tratta di un cambiamento culturale; anche se il precedente rettore avesse governato molto bene, è fisiologica la voglia di cambiamento. Il modo di intrepretare il governo dell’Ateno dell’attuale rettore è stato molto personalistico: la figura del rettore è molto presente, ha una forte personalità che imprime e impone anche sugli altri organi. E’ chiaro che tutti abbiamo forti personalità, altrimenti non ci saremmo messi nella competizione, ma culturalmente io sono abituata al confronto che mi viene dall’esperienza scientifica e al valore delle differenza, per cui devo ringraziare la facoltà di Scienze in cui sono cresciuta accademicamente. E’ sempre stata una facoltà molto diversificata in cui ho imparato anche il valore del ragionamento e la capacità di sintetizzare posizioni diverse per raggiungere obiettivi comuni. E’ un valore che spero di poter mettere in campo e che creerà discontinuità rispetto all’interpretazione dell’università che c’è stata fino ad oggi.
Cosa promette di non fare per la città?
Prometto di non fare una gestione dell’università personalistica, non intendo a livello personale ma di Ateneo: prometto, in altre parole, di non guardare all’università come una cosa a sé. Questa è la premessa di quello che penso possa essere il futuro del nostro Ateneo: prometto di non chiudere l’ateneo “in un recinto”, sia rispetto alle altre università, alle istituzioni accademiche nazionali e internazionali, sia rispetto a tutti gli attori territoriali. Immagino un’università aperta e non mi perdonerei mai una gestione miope, da questo punto di vista.
Perché uno studente, il prossimo anno accademico, dovrebbe iscriversi all’ Università degli Studi dell’Aquila, scegliendo di vivere e studiare nella nostra città?
Credo che dobbiamo essere capaci di vedere nella ricostruzione e nelle difficoltà del vivere a L’Aquila un valore positivo, anche se mi rendo conto che non è un’operazione facile. Quello che vorrei è che ogni studente che si iscrive all’Università degli Studi dell’Aquila nell’anno 2014/2015 sappia che è inserito in un processo di integrazione con i processi di ricostruzione della città, siano essi culturali, sociali, di natura sanitaria, ingegneristica o scientifica. Iscriversi all’università non sarà solo per aver un titolo ma anche per partecipare come fondatori attivi a un processo unico che è quello di ricostruzione di una città e di un rapporto diverso tra i cittadini. E’ qualcosa che stiamo sperimentando per la prima volta ma in cui credo fermamente. L’Aquila ha vissuto queste elezioni con uno spirito che non mi aspettavo, come se questo cambiamento del rettore potesse significare un cambiamento per la città e questo spirito di apertura può e deve essere coltivato: la città si apre ad accogliere e noi non dobbiamo perdere l’occasione di rispondere a questo.
Quale limite di tempo si da per ottenere dei risultati?
I primi risultati credo che li dobbiamo avere entro un anno e poi dobbiamo stilare un programma molto preciso con gli altri attori della città, dandoci una visione prospettica futura anche molto ambiziosa ma attraverso degli obiettivi concreti che si possano realizzare in breve tempo, senza mai dimenticare che tutti vogliamo tendere a un mondo migliore: ci vogliamo arrivare per piccoli passi, ma ci vogliamo comunque arrivare.