Martedì, 28 Aprile 2020 14:56

Non trascurabili questioni di spazio

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L’allarme era già stato lanciato nei giorni scorsi da Antonio De Rossi che, trattando da posizione navigata e autorevole di aree interne su il Mulino [qui], esprimeva perplessità riguardo la carenza nelle varie task force governative anti-coronavirus di figure “in grado di spazializzare territorialmente i fenomeni”.

Questo perché le misure messe in atto per contrastare gli effetti del virus che è venuto a farci visita in questo funesto anno bisesto (distanziamento sociale, clausura domestica, movimenti di prossimità, ecc.) si traducono inevitabilmente in questioni spaziali che andrebbero interpretate, studiate e pensate dal punto di vista delle scienze che normalmente se ne occupano (geografia, urbanistica, architettura, prossemica, ecc.).

Per capirlo proviamo a fare un viaggio spaziale e temporale, dalla scala nazionale a quella domestica e dall’ultimo indirizzo governativo fino alle prime disposizioni del lockdown.

Macro-aree

Il DPCM del 26 aprile 2020 porta in qualche modo il limite degli spostamenti consentiti al rango amministrativo regionale senza introdurre una differenziazione delle misure tra le diverse regioni. Il Governo ignora in questo modo le differenze anche profonde che intercorrono tra aree ancora a forte contagio da aree ormai pressoché prive di nuovi contagi (ad oggi si contano due regioni e ben venti province a contagio zero). Queste differenze avrebbero permesso di discretizzare due-tre macro-aree a differente indice di contagio in cui suddividere oggi il Paese, così da attuare misure proporzionali alla gravità del fenomeno.

Al netto dei dovuti aggiornamenti all’oggi e al 4 maggio, il concetto è stato ben espresso da tre docenti del Politecnico di Milano (Coppola, Curci, Lanzani) e pubblicato ormai più di dieci giorni fa sul Forum Disuguaglianze e Diversità [qui] nel quale si invitava a guardare in modo diverso al Sud e alle tante specificità dell’Italia, con una mappa quanto mai eloquente delle origini del ragionamento.

Questa scelta del governo centrale non solo si presta a risultare ingiusta e dunque divisiva ma, alla lunga, rischia di produrre danni superiori a quanto la gestione del fenomeno richiederebbe, rallentando oltremodo la ripartenza dell’intero Paese. Lo diciamo evitando speculazioni su quelle che sarebbero le consapevoli motivazioni di una così grossolana svista, pur auspicando azioni decise da parte dei rappresentanti politici locali presso il governo centrale.

Aree interne

Scendendo ulteriormente di scala e scorrendo a ritroso nei principali temi trattati anche a livello nazionale, vale la pena soffermarsi sul dibattito portato all’attenzione generale da Stefano Boeri riguardo un ipotetico ritorno ai borghi e alle aree interne, quasi in fuga dalle città delle densità abitative e del pm10.

Un tema già all’attenzione di molti addetti ai lavori, quello delle aree interne, recentemente preso in cura dalla Strategia Nazionale delle Aree Interne avviata dall’allora ministro Fabrizio Barca.

Si tratta di un’azione che sta finalmente unendo i puntini di un attivismo già presente in maniera spontanea sui territori, con l’azione di accompagnamento da parte del Governo in alcuni territori-laboratorio con la speranza di poter estendere le buone pratiche agli altri territori. In questo processo molto faticoso la trovata comunicativa di Boeri potrebbe risultare una piccola svolta, non di certo pensando a chissà quale inversione di tendenza ma come occasione per dotare queste aree, normalmente al di fuori dal dibattito nazionale, degli elementi essenziali.

E allora adoperiamoci dalle aree interne nel promuovere e definire operazioni mirate per i nostri territori: più servizi essenziali (ma non solo), in maniera intelligente, aggregativa di più comunità presenti sugli stessi territori; più residenza che ricettività, come si sta provando a fare a Fontecchio, per esempio, con diverse forme di attrattività; più spazio pubblico e di condivisione mediante iniziative culturali che possano garantire il giusto distanziamento in periodi di pandemia, senza produrre necessariamente forme di isolamento.

Area Y

Ma la proposta sui piccoli centri lanciata da Boeri, oltre a dare risonanza a dei princìpi già ampiamente condivisi tra gli addetti ai lavori, ha introdotto quella che potrebbe davvero tradursi in una chiave di volta metodologica, se recepita.

Si tratta del patto (anche finanziario e fiscale) tra città e piccoli centri inteso nelle forme di un soccorso reciproco, ora che anche le città hanno capito di non poter fare più tutto da sole.

Per quanto riguarda l’Abruzzo tornerebbe di attualità la messa a sistema della storica relazione con Roma e la sua enorme area metropolitana. L’ossatura potrebbe essere dettata dalla configurazione a Y dei principali assi autostradali, bilanciata da una parte dall’area urbana romana e, all’altro capo, dal sistema complementare di piccole città d’arte, borghi, parchi e attrezzature turistiche, a comporre un sistema pienamente concluso sulla rotta europea del Corridoio V° Mediterraneo, Barcellona-Civitavecchia-Ortona-Ploce.

Strade e piazze

Richiusi nelle nostre case, in vista di un futuro allentamento delle misure di lockdown maturiamo una certa aspettativa verso la natura e gli spazi aperti delle nostre città.

Confidando nella bella stagione e nel proverbiale clima mediterraneo, in molti sperano che la socialità che non potrà svolgersi nel chiuso dei ristoranti e dei teatri possa svolgersi all’aperto, in quello che è tra i patrimoni più invidiabili della città italiana ed europea: le nostre strade e le nostre piazze. Per raggiungere questo sogno di quasi-normalità sarebbe innanzitutto necessario predisporsi come cittadini, amministratori ed esercenti a una buona dose di creatività ed elasticità mentali.

In tal senso sarebbe importante prepararsi, nel periodo che andrà da oggi alla riapertura evocata per il primo giugno, affinché il suolo pubblico sia regolamentato e messo a disposizione gratuitamente, in misura proporzionale alla capienza dei locali. Allo stesso tempo andrebbero fatte proprie e messe in pratica, anche eventualmente in deroga a quelle che sono le ordinarie forme di tutela monumentale e paesaggistica, tutte quelle forme proprie dell’architettura provvisoria che vanno dal semplice disegno a terra fino a strutture multipiano con funzione di dehors.

Scuole

La nota forse più dolente di questo viaggio nello spazio covid è quello relativo alla formazione e alla socializzazione dei più giovani.

Nell’apprendere come in Germania avvengono i primi rientri non possiamo che fare i conti, ancora una volta, con la grande inadeguatezza del nostro patrimonio scolastico. Già lo sapevamo vulnerabile sismicamente, ora lo scopriamo anche incapace di flessibilità funzionale in tutti quegli edifici storici in cui non è attuabile la benché minima variazione dimensionale degli ambienti.

Detto che quella degli spazi esterni può essere una risorsa solo per alcune zone del Paese e solo per alcuni periodi dell’anno, la partita futura va giocata su maggiori dimensioni coperte e flessibilità spinta delle partizioni interne da incrociare con la turnazione delle classi sull’intera giornata scolastica. Ciò dovrebbe riguardare tutte le nuove strutture scolastiche fin da subito, tanto più a L’Aquila e nei crateri sismici 2009 e 2016.

La tardiva ricostruzione delle scuole serva almeno quale occasione per aggiornarsi a questa nuova emergenza!

Case

Delle case e del contraltare degli uffici abbiamo già detto [qui] più di un mese fa e non ci ripeteremo.

La previsione, giusta o sbagliata che sia, riscontra assonanze con quelle successivamente formulate da diversi mondi dell’architettura mondiale. Del resto la pandemia passerà, ma non passerà la paura di nuove pandemie che ci condizionerà, in ogni parte del pianete e in ogni scelta di vita futura.

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In conclusione, anche sotto gli effetti di una pandemia lo spazio può risentire di innumerevoli sollecitazioni e talvolta può consentire altrettanti opportuni aggiustamenti tesi a migliorarne la vivibilità, un po’ come per gli innumerevoli ritagli di tessuto che possono venir fuori da un cartamodello che abbiamo scelto per confezionare l’abito più adatto alle nostre esigenze.

Letto 9935 volte Ultima modifica il Martedì, 28 Aprile 2020 15:57
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