L’esposizione mediatica delle scorse settimane da “Il sole 24ore” a “Presa diretta” su Rai3, per non citare i vari tg nazionali e altre testate on line e cartacee, sembra non bastare al capoluogo abruzzese.
Nonostante le perplessità sui modi e sui toni usati dalla stampa e dai media nazionali per raccontare L’Aquila dopo gli episodi scaturiti dall’inchiesta “Do ut des”, il sindaco Cialente nel suo discorso di re-insediamento, dopo il ritiro delle dimissioni da primo cittadino rassegnate all’inizio di gennaio, ha avanzato una proposta alle tv nazionali. “Venite a fare il 'Grande Fratello' all'Aquila – ha detto Cialente -, così l'Italia potrà capire cosa sia il dramma del terremoto. E, visto che stiamo all'Aquila, suggerisco anche il titolo della trasmissione, la traduzione in dialetto aquilano, ossia: 'Ju grande quatrano'".
Dunque la casa del padre dei reality show, visto che quella di Cinecittà ha preso fuoco, potrebbe approdare a L’Aquila, idealmente in un appartamento del progetto c.a.s.e., antisismico, ecocompatibile, speriamo ignifugo e da lì accendere le sue telecamere di monitoraggio sulla valle dell’Aterno e sulla sua rinascita inarrestabile. Ma il grande fratello, pardon quatrano, dopo un po' risulta noioso.
E allora si potrebbe fare di meglio: pensare a una seconda puntata di “Draquila”! Però no, forse ci hanno già pensato...Anche Scorsese sembra già opzionato per un film su Celestino V...”I Cesaroni” aquilani sono stati rinviati... Dunque perché non chiedere ai registi Ferzan Ozpetek, Michele Placido, Mimmo Calopresti, Paolo Sorrentino, Francesca Comencini di raccontare ancora L'Aquila come fecero per i cortometraggi prodotti da “La Repubblica” nel 2009?
Cosa coglierebbero le capacità interpretative di questi autori della attuale situazione aquilana? Nel 2009 erano solo macerie e frammenti di dolore. Oggi cosa racconterebbero all'Italia e al mondo? Una storia deamicisiana sull'improba impresa della ricostruzione, per la quale ci vogliono grandi cuori, grandi menti e tanto sacrificio. Forse no. La situazione è complessa, molteplici sono gli attori e gli interessi, non basta il monocolo im-pietoso di un qualsiasi grande fratello per restituire al gentile pubblico una simile stratificazione e rendere giustizia di cinque anni di attività.
Se da telecamere o cineprese deve essere ancora raccontata L'Aquila, almeno che siano in grado di darci una lettura profonda e argomentata dei fatti, come spesso il buon cinema e il buon giornalismo sanno fare.