A seguito delle modifiche introdotte con la legge di Stabilità, l'ufficio centrale per i referendum presso la Cassazione - che in precedenza, il 26 novembre scorso, aveva dichiarato conformi alla legge sei quesiti referendari contro le trivellazioni - ha ora disposto che solo uno dei quesiti mantiene i requisiti di conformità.
In sostanza, vengono dichiarati inammissibili i referendum che investono norme dello Sblocca Italia, mentre è ammesso quello che riguarda misure del decreto Sviluppo sul divieto di trivellazioni per l'estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia marine. Per chiedere il divieto di queste attività e un referendum per l'abrogare le norme, 10 Regioni avevano depositato quesiti referendari: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Abruzzo, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise.
Il Governo Renzi, insomma, non è riuscito a evitare il referendum sul petrolio. Almeno, il quesito sulle estrazioni in mare ha motivo di svolgersi. "È un ulteriore passo in avanti - ha dichiarato Enzo Di Salvatore, costituzionalista abruzzese del fronte contrario alle trivelle all'Huffington Post. "E questo prova che i dubbi che il Coordinamento Nazionale No Triv nutriva sulle reali intenzioni del Governo sul mare fossero fondati".
I quesiti referendari, come detto, erano sei: tre quesiti, erano stati già soddisfatti con le modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2016. Il Parlamento ha accettato di modificare le norme sulla strategicità, indifferibilità ed urgenza delle attività petrolifere. Di qui, la decisione della Corte di Cassazione. Un successo innegabile, per gli attivisti, se è vero che la dichiarazione di strategicità delle opere avrebbe comportato il dimezzamento dei termini processuali nei ricorsi e una disciplina poco garantista per gli enti territoriali circa la loro partecipazione ai lavori della conferenza di servizi. E' stata cancellata, inoltre, la previsione del "vincolo preordinato all'esproprio" già a partire dalla fase della ricerca degli idrocarburi: con ciò il diritto di proprietà del privato è salvo. Il Parlamento ha inoltre accettato di cancellare quelle norme che consentivano al Governo di sostituirsi alle Regioni in caso di mancato accordo sui progetti petroliferi e sulle infrastrutture necessarie alla realizzazione di tali progetti: oggi non è più possibile arrivare ad una decisione sui progetti petroliferi se non aprendo una trattativa con le Regioni.
Un quesito è stato riammesso dalla Cassazione: si tratta del quesito sul divieto delle attività petrolifere in mare entro le 12 miglia. Il Parlamento ha accettato di modificare la norma del codice dell'ambiente, che consentiva la conclusione dei procedimenti in corso, prevedendo, però, che i permessi e le concessioni già rilasciati non avessero più scadenza e senza chiarire che i procedimenti in corso dovessero ritenersi definitivamente chiusi e non solo sospesi. La Cassazione ha ammesso che la modifica del Parlamento non soddisfa la richiesta referendaria, in quanto non corrisponde alle reali intenzioni dei promotori del referendum.
Il referendum sulle estrazioni in mare, anche entro le 12 miglia dalla costa, riguarda non solo 'Ombrina', ma anche altri progetti al largo dell'Emilia Romagna, nel golfo di Taranto, in Sicilia.
Restano insoddisfatti altri due quesiti e, rispetto ad essi, c'è ancora spazio per promuovere un ricorso davanti alla Corte costituzionale: si tratta del quesito relativo alla durata dei permessi e delle concessioni e del quesito sul "piano delle aree". Per questo, la battaglia continua: l'obiettivo finale è ottenere che la Corte Costituzionale, chiamata a dire l'ultima parola sui referendum la settimana prossima, bocci le modifiche apportate dal Parlamento sulle norme in materia di ricerca ed estrazione di idrocarburi. Per fare questo, però, occorre che le Regioni sollevino un conflitto di attribuzione davanti alla Consulta.
Il Coordinamento No triv non intende darsi per vinto. "La decisione della Cassazione sulle proroghe dei titoli già concessi e sulla questione del piano estrazioni ci lascia insoddisfatti", sottolinea ancora Di Salvatore all'Huffington Post. Su questi due temi "l'idea è di sollevare un conflitto di attribuzione per trascinare in giudizio il Parlamento perché le modifiche apportate al decreto Sblocca Italia attraverso la legge di stabilità restano elusive. E su questo si può pronunciare la Corte Costituzionale: se la Corte le annulla rivivono le norme sulle proroghe e sul piano e dunque si può andare a referendum anche su questo, visto che la Cassazione aveva già dato il suo ok a fine novembre".