Dopo aver respinto la scorsa estate la richiesta di sospensiva, il Tar ha rigettato il ricorso presentato dal Comune di Sulmona per salvare il punto nascita del SS.ma Annunziata.
Una bocciatura amministrativa che hanno subito anche gli altri tre reparti di maternità a rischio chiusura in Abruzzo: Ortona, Penne e Atri.
Il Comune di Sulmona ha presentato ricorso contro il decreto 10/2015 firmato dal Commissario ad acta alla sanità Luciano D’Alfonso sulla riorganizzazione dei punti nascita. Per il reparto di maternità peligno, i giudici amministrativi si sono fermati al fatto che - al reparto - non possa essere concessa alcuna deroga, dal momento che non riesce a stare nemmeno al pari del parametro minimo delle 500 nascite annue, dimezzato rispetto a quello a livello nazionale sulla base di condizioni ororgrafiche particolari. In più, il Tribunale amministrativo fa riferimento al fatto che il numero dei parti sia funzionale alla sicurezza del reparto stesso nei confronti della salute delle mamme e dei nascituri, non valutando, se non in accenno alla fine della sentenza, le questioni legate al potenziamento della rete dei trasporti e delle distanze con l’ospedale.
"Il Consiglio di Stato con una sentenza si è già espresso contro il mantenimento di altri reparti – ha sottolineato l’avvocato del Comune di Sulmona, Guido Blandini – quindi vedremo se sarà il caso di continuare e presentare ricorso o meno. Faremo quello che l’amministrazione deciderà". E l'amministrazione ha intenzione di tirare dritto: "Il ricorso è un atto amministrativo dovuto e la bocciatura non ferma assolutamente la battaglia che è in corso", ha rassicurato il sindaco Peppino Ranalli. "In un incontro di fine anno, l’assessore regionale alla sanità dichiarò che il punto nascita di Sulmona è l’unico che merita la deroga", ha ricordato.
Dunque, la partita si giocherà sul tavolo politico: con il trasferimento del reparto e il potenziamento dei servizi in sala parto potrebbe aprirsi una nuova fase di inversione di tendenza, alla luce anche delle disposizioni dell’Agenas e del nuovo decreto Lorenzin che riaccende la speranza per i punti nascita montani.