Apparentemente era un uomo a modo. Mai problemi sul posti di lavoro. Si spacciava per imam ma il suo vero obiettivo era quello di reclutare aspiranti terroristi sul territorio italiano.
A scoprire le vere intenzioni di un marocchino di 35 anni, è stata la polizia di Chieti che ieri notte, dopo averlo fermato in mattinata, lo ha condotto a Fiumicino per il rimpatrio nel suo Paese.
E' stato direttamente il ministro dell'Interno Angelino Alfano ad emettere il decreto di espulsione applicando per la prima volta in Abruzzo la norma per la lotta al terrorismo. Come prevede la legge, è stato poi il questore di Chieti, Vincenzo Feltrinelli, a rendere esecutivo il provvedimento, convalidato dal giudice di pace, di accompagnamento coattivo all'aeroporto eseguito dagli uomini dalla Digos.
Il marocchino, che la polizia teneva sotto controllo da circa 3 mesi, incitava alla Jihad, alle stragi di Parigi e Bruxelles e al super terrorista Salah Abdeslam.
Lo faceva dal piccolo Comune del Chietino di Fara Filiorun Petri, dopo essere stato licenziato da una cooperativa che gestisce il mattatoio comunale di Chieti.
I suoi spostamenti, le sue telefonate, sono stati registrati. Ora fanno parte di un fascicolo al momento coperto da segreto di Stato poiché, probabilmente, contiene nomi di altre persone con cui il nordafricano era in contatto.
L'inchiesta parte da una denuncia presentata all'ufficio immigrazioni della questura di Chieti sul permesso di soggiorno scaduto al 35enne. Tale permesso si basava su motivi di salute. Successivamente, nonostante fosse scaduto, l'uomo ha continuato a lavorare come clandestino fino a che una sua parente stretta lo ha denunciato alla polizia perché si sarebbe sentita minacciata.
E' così che gli investigatori scoprono che esiste un secondo permesso di soggiorno, intestato a un tunisino, con evidenti "anomalie", come viene descritto sul decreto di espulsione. Non è escluso che la donna, dopo la sua denuncia, abbia anche chiesto protezione.