L'ex presidente della Giunta regionale, Ottaviano Del Turco, ricorre in Cassazione.
Condannato in primo grado a 9 anni e 6 mesi, per associazione per delinquere e induzione indebita nell'ambito del processo 'Sanitopoli' su presunte tangenti nel mondo della sanità, l'ex governatore, in Appello, il 20 novembre scorso, ha visto ridursi la condanna a 4 anni e 2 mesi di reclusione, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Pescara il 22 luglio 2013.
In secondo grado, Del Turco è stato assolto infatti da 12 capi di imputazione riferiti ai reati scopo dell'associazione contestata per insussistenza dei fatti, nonché da tutti quelli relativi ai reati strumentali (abuso in atti di ufficio e falso ideologico).
Ora, il ricorso alla Suprema Corte, presentato dall’avvocato Giandomenico Caiazza, che punta ad ottenere l’annullamento della sentenza d'appello, "carente, contraddittoria e illogica", ha sottolineato.
I giudici aquilani hanno puntato sulla credibilità di Vincenzo Angelini, il grande accusatore, ex titolare della clinica Villa Pini, assolto in appello dopo la condanna a 3 anni e 6 mesi inflitta nel primo grado di giudizio, per corruzione. Stando a Caiazza, però, "le emergenze probatorie danno conto, in definitiva, della denunciata incomponibilità logica non solo con riguardo a singoli episodi delittuosi narrati dell'Angelini, ma con l'intera sua propalazione, così radicalmente e ripetutamente sconfessata nei suoi assunti strutturali".
"La Corte di Appello, nonostante abbia riconosciuto siffatta incompatibilità, ha tuttavia affermato che dalla irragionevole narrazione di Angelini non scaturissero conseguenze in punto di attendibilità", si legge nel ricorso. "Ma tale operazione ricostruttiva è palesemente viziata in quanto la motivazione utilizzata risulta priva di qualsiasi riferimento rispetto al tema da provare e comunque manifestamente illogica".
"La Corte di Appello, pur di mantenere inalterata la valutazione di credibilità oggettiva di Angelini - si legge nel ricorso - ha giustificato le assoluzioni facendo leva sulla asserita carenza, per i singoli capi di imputazione, di riscontri con carattere individualizzante. La ricostruzione della Corte appare viziata oltre che per violazione dell'art. 192 del codice di procedura penale anche per manifesta contraddittorietà e illogicità della motivazione".
Infatti - sostiene Caiazza - "il complesso di radicali smentite alla narrazione accusatoria, rinvenibile nei motivi di assoluzione per i capi 22, 24 e 38, nonché la dimostrata incompatibilità storica con il racconto di Angelini di ben dieci presunti incontri con Del Turco costituiscono, in realtà, prove dirette a discarico dell'imputato".
In particolare, l'avvocato di Del Turco si è concentrato sulla tangente da 200mila euro che sarebbe stata consegnata all'allora governatore in un cesto di mele: le dichiarazioni dell'ex autista e dell'ex segretaria di Angelini, "così come le fotografie asseritamente risalenti al 2 novembre 2007, non costituiscono affatto riscontro estrinseco alla narrazione di Angelini, né tantomeno prove 'oculari' della dazione".
Si punta, insomma, sul dato di fatto che "nell'intero corpo della motivazione non vi è un solo passaggio che abbia esplicitato illegittimità di sorta nell'amministrazione della Giunta Del Turco", sicché la asserita gestione illegale della materia sanitaria abruzzese resterebbe completamente priva di sostegno motivazionale, ed anzi "è irrimediabilmente smentita dalla stessa posizione assunta dalla Corte di Appello, che ha assolto tutti gli imputati appartenenti alla Giunta Del Turco, e lo stesso ricorrente, da tutti i reati (di falso ideologico ed abuso in atti di ufficio) che sia nel capo di imputazione che nella sentenza di primo grado erano stati formalmente qualificati come reati strumentali al perseguimento degli scopi della associazione per delinquere".
Hanno presentato ricorso anche l'ex consigliere regionale Camillo Cesarone, l'ex segretario della Presidenza Lamberto Quarta, gli ex assessori Bernardo Mazzocca e Antonio Boschetti, l'ex manager della Asl di Chieti Luigi Conga, e Angelo Bucciarelli.