250 km quadrati di territorio mangiati in 2 anni, 35 ettari al giorno, 4 metri quadrati al secondo.
È la fotografia scattata dal rapporto Ispra 2016 (Istituto superiore per la protezione ambientale) sul consumo di suolo, presentato il 12 luglio a Roma.
L'Istituto ha lanciato un allarme sull'urgenza di assicurare un contenimento del fenomeno dando ai Comuni direttive chiare e strumenti utili.
"L’obiettivo non è bloccare il settore edilizio" sostiene l'Ispra "bensì promuovere un’edilizia di qualità, sostenibile nell’uso delle risorse ambientali".
Un appello rivolto soprattutto alla politica, che, a dire il vero, qualcosa ha cominciato a fare: a maggio scorso la Camera ha approvato un ddl contro il consumo di suolo. Il provvedimento, però, è fermo al Senato e alcuni deputati pensano che difficilmente potrà completare l'iter fino all'approvazione definitiva.
Il dossier
Secondo l’Ispra il consumo di suolo in Italia continua a crescere ma, negli ultimi anni, ha conosciuto un rallentamento non trascurabile: tra il 2013 e il 2015 il cemento ha sommerso 250 chilometri quadrati di territorio, ovvero, in media, circa 35 ettari al giorno, 4 metri quadrati al secondo.
Una velocità che però si è ridotta rispetto a qualche anno fa: nel 2008 l'Ispra aveva calcolato 8 metri quadrati di suolo persi al secondo. Il rallentamento è iniziato subito dopo (tra i 6 e i 7 metri quadrati al secondo) e si è consolidato negli ultimi due anni.
Guardando allo storico il dossier mostra come, a livello nazionale, il suolo consumato sia passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7,0% stimato per il 2015, con un incremento di 4,3 punti percentuali e una crescita percentuale del 159% (1,2% ulteriore tra il 2013 e il 2015). In termini assoluti, si stima che il consumo di suolo abbia intaccato ormai circa 21.100 chilometri quadrati del territorio.
Le zone più colpite
Le aree dove il problema della cementificazione selvaggia è più grave si trovano al Nord, soprattutto nel Nord-Ovest. Il valore percentuale più elevato si registra in Lombardia e in Veneto (oltre il 10%) e poi in Campania, Puglia, Emilia Romagna, Lazio, Piemonte, Sicilia e Liguria dove troviamo valori compresi tra il 7 e il 10%.
L'Abruzzo
Rispetto alle regioni più cementificate, l'Abruzzo presenta dei valori più bassi: la nostra regione oscilla tra il 4,3 e il 6,3%.
Tuttavia, se si vanno a guardare gli incrementi percentuali annui, si scopre che la nostra è una delle regioni in cui il consumo di suolo è cresciuto di più. Rispetto ai valori del 2012, infatti, il suolo consumato in Abruzzo nel 2015 è aumentato dello 0,8%, uno dei valori maggiori, superiore persino a quello di regioni come l'Emilia-Romagna (0,5%), Veneto (0,7%), Campania (0,6%) e Liguria (0,3%).
La cementificazione di coste, laghi e fiumi
Dove, invece, la nostra regione presenta valori tra i più alti d'Italia è nel tasso di cementificazione delle coste.
Come premessa bisogna dire che, a livello nazionale, più di un quinto della fascia costiera compresa entro i 300 metri dal mare è ormai consumato.
Tra le regioni con i valori più alti entro questa fascia ci sono Marche e Liguria con oltre il 45% di suolo consumato. L'Abruzzo, insieme a Campania, Emilia Romagna e Lazio, segue con valori compresi tra il 30 e il 40%. Tra i 300 e i mille metri, invece, la “regione verde d'Europa” primeggia, insieme a Emilia-Romagna, Campania e Liguria, con oltre il 30% di consumato.
Per quanto riguarda, invece, quello che l'Ispra chiama “il consumo di suolo lungo i corpi idrici permanenti”, vale a dire i laghi e i fiumi, il 5,6% del suolo entro i 150 metri in Abruzzo è consumato (il primato spetta alla Liguria con il 23,8%). Percentuale che scende al 4,8 se si oltrepassa tale soglia. Rispetto al 2012 l'incremento di suolo consumato a ridosso di laghi e fiumi, in Abruzzo, è stato dello 0,7% nelle fascia inferiore ai 150 metri e di 0,8% oltre i 150 metri. Tra il 2012 e il 2015 sono stati consumati, in tutto, 5 ettari di suolo nella striscia compresa dentro i 150 metri.
Le aree a rischio idrogeologico e sismico
Sul totale di suolo consumato in Italia, l’11,7% ricade all’interno di aree classificate a pericolosità da frana da moderata a molto elevata, il 16,2% in aree a pericolosità idraulica moderata e il restante 72,1% al di fuori di aree a pericolosità idrogeologica.
Per quanto riguarda l'Abruzzo, la percentuale di suono consumato in aree a pericolosità da frana è del 2,1% in zone P4 (pericolosità molto elevata), 2% in zone P3 (pericolosità elevata), 4,9% in zone P2 (pericolosità media) e 2,1% in zone P1 (pericolosità moderata). Anche in questo caso, dal 2012 al 2015 si è verificato un incremento dei valori.
Sul consumo di suolo in aree a rischio idraulico, il rapporto Ispra dice che in Abruzzo la percentuale di suolo consumato in aree a pericolosità idraulica è del 8,9% in zone P3 (rischio elevato), del 14,2% in quelle P2 (rischio medio) e 9,6% in zone P1 (pericolosità bassa).
I dati del rapporto confermano, inoltre, l’elevata presenza di aree costruite all’interno delle zone a pericolosità sismica alta, con i valori massimi in Lombardia (14,3%) e in Veneto (12,5%) e nelle zone a pericolosità molto alta (il 4,5% a livello nazionale, il 6,5% in Campania).
In Abruzzo la percentuale di suolo consumato in zone ad alta pericolosità sismica è del 5,2% e del 2,9% in quelle a pericolosità molto alta. Il paradosso è che, anche dopo il terremoto, sia continuato a costruire sia nelle prime che nelle seconde: il tasso di incremento nelle aree a pericolosità alta, rispetto al 2012, è stato infatti dello 0,8% e dell'1% in quelle a pericolosità molto alta.