Condannati in primo grado i vertici della casa farmaceutica Menarini: 10 anni e sei mesi per riclicaggio da frode fiscale alla presidente Lucia Aleotti, punita anche per corruzione, 7 anni e mezzo al fratello Giovanni, vicepresidente. Non solo: il Tribunale di Firenze ha ordinato anche la confisca per un miliardo di euro nei conti all'estero della famiglia. E' caduta invece l'accusa di truffa.
"C'erano elementi seri per ritenere che i reati contestati non fossero sostenibili", il commento di Alessandro Traversi, difensore dei fratelli Aleotti, che ha annunciato ricorso in appello.
La più grande casa farmaceutica italiana - ha un'importante stabilimento anche in Abruzzo, all'Aquila, che occupa oltre 160 persone - sarebbe diventata tale perpetrando per quasi trent'anni, dal 1984 al 2010, una colossale frode ai danni del sistema sanitario nazionale. Usando società estere fittizie per l'acquisto dei principi attivi dei farmaci, ne avrebbe aumentato il prezzo finale grazie a una serie di false fatturazioni. Lo Stato, rimborsando medicinali con prezzi gonfiati, ci avrebbe rimesso 860 milioni di euro. E la famiglia Aleotti, proprietaria della Menarini, ci avrebbe guadagnato oltre mezzo miliardo di euro: quei soldi sarebbero stati riciclati all’estero insieme con altri proventi illeciti accumulati grazie alla corruzione e a numerosi reati di frode fiscale, per un totale di circa 1.2 miliardi di euro.
Assolti tutti gli altri imputati compreso la madre dei due fratelli, Massimiliana Landini. Gli altri imputati assolti sono Giovanni Cresci, Licia Proietti e Sandro Casini.
Al processo si sono costituite parti civili il Ministero della Salute, sei Regioni e oltre 100 Asl. Non essendo però stata provata la truffa - i giudici hanno assolto gli Aleotti da quest'accusa con la formula della 'vecchia' insufficienza di prove - non ci saranno risarcimenti. Ci sarà invece, e cospicuo (100.000 euro) per la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Nel corso delle indagini dei carabinieri del Nas, sono state anche documentate “serrate attività di pressione” della famiglia Aleotti “su esponenti politici, negli anni 2008-2009”, per contrastare l'operato di alcune Regioni che “avevano adottato delibere a favore di farmaci generici”. Pressioni, anche attraverso lettere, sull'ex premier Silvio Berlusconi e sull'ex ministro Claudio Scajola, e ‘interventi’ sull'allora assessore toscano alla salute, e oggi presidente della Regione, Enrico Rossi, e su altri esponenti politici, fra i quali Gianni Letta e vari ex sottosegretari. Su questo tipo di attività, tuttavia, la procura non ha mosso alcun rilievo penale.
Diverso il caso del senatore ex Pdl Cesare Cursi, che era accusato di corruzione: la sua posizione è stata archiviata dopo la decisione del Senato di negare l'autorizzazione all'utilizzo delle intercettazioni che lo riguardavano. Già presidente della commissione Industria e Commercio, Cursi si attivò più volte, su richiesta degli Aleotti, per bloccare o limitare i poteri delle Regioni sulla prescrizione dei farmaci, con l'obiettivo di difendere la quota di mercato di quelli coperti da brevetto. E' per questo episodio corruttivo che è scatatto il risarcimento per la Presidenza del Consiglio.