Giovedì, 22 Dicembre 2016 16:16

Case popolari S. Gregorio, partono i ricorsi al Tar contro lo sgombero

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Un ricorso al Tar contro l’ordinanza di sgombero.

E’ l’azione annunciata dal comitato Riqualifichiamo S. Gregorio contro la misura voluta dal Comune - giustificata dall’amministrazione da motivi di sicurezza – che imporrebbe a 30 famiglie delle case popolari del paese di abbandonare le loro abitazioni per consentire i lavori di ricostruzione degli edifici e di riqualificazione del quartiere.

Secondo i residenti l’ordinanza - che prevede, per la durata dei lavori, il loro trasferimento temporaneo negli alloggi del Progetto Case e nei map - non avrebbe ragion d’essere visto che le case sono a suo tempo state classificate, in base alle perizie svolte dalla Protezione civile, di categoria “A”, ossia prive di danni strutturali, e tali sono rimaste. Gli unici danni riportati sono lesioni superficiali (e in alcuni casi nemmeno quelle).

La situazione, sostengono sempre gli abitanti, non è cambiata nemmeno dopo i terremoti del 24 agosto e del 30 ottobre: in base ai nuovi controlli effettuati dai tecnici del Comune, non sarebbero emerse ulteriori criticità.

Una versione che, in pratica, smentisce quella fornita, poco più di un mese fa, da Franco Marulli, presidente di Assocasa anch’egli residente nel complesso di edilizia popolare.

Marulli, ai microfoni di NewsTown, aveva parlato di “residenti preoccupati” e di crepe e altri danni importanti riscontrabili all’interno degli alloggi – per la cui riparazione il Comune, proprietario delle case, non aveva mai stanziato i fondi necessari – e di un intero blocco (quello centrale, disabitato e completamente inagibile) a rischio crollo.

Le 21 famiglie che hanno dato mandato all’avvocato Fausto Corti di presentare ricorso al tribunale amministrativo riconoscono i pericoli legati al blocco pericolante ma negano che le altre case abbiano danni tali da giustificare uno sgombero tramite ordinanza. “Quegli edifici A erano e A sono rimasti” obiettano “Non abbiamo intenzione di lasciare le nostre abitazioni per andare nel Progetto Case o nei map. Significherebbe andare via senza sapere quando tornare”.

La paura, infatti, è che il progetto di riqualificazione del quartiere annunciato dal comune – un intervento del quale, per il momento, non si sa molto, se non che dovrebbe costare circa 13 milioni di euro – sia una specie di operazione di gentrification mascherata, e per giunta dai tempi di realizzazione biblici. “Invece se il Comune ci desse i 10 mila euro che nel 2009 spettavano alle case classificate A, potremmo riparare tutto in tempi rapidi e con una spesa molto minore”.

La nota completa del comitato

Il Comitato confortato dalla forte presenza dei Meetup Riuniti del M5S, della senatrice Enza Blundo e dell’avvocato Fausto Corti ha esposto le ulteriori azioni intraprese per bloccare l’Ordinanza di sgombero adottata dal Comune contro 30 famiglie di S. Gregorio .

In particolare, l’arch. Antonio Perrotti in risposta alla nota n.0054699 del 15.12.2016 della Prefettura, pur ringraziando per la sensibilità e per il senso di responsabilità dimostrato, ha fatto presente di non potere aderire alle controdeduzioni fatte dal Comune in quanto:

  • lo stato dei fabbricati è rimasto anche dopo le ultime scosse quello registrato dopo il terremoto del 2009;
  • gli affittuari vi abitano (anche su solleciti comunali fatti a suo tempo), ormai, da 7 anni;
  • in alcune abitazioni sono stati eseguiti lavori di sistemazione in proprio e (forse proprio) in forza di questi lo stesso Comune non ha preteso i canoni;
  • la situazione della rete fognante risalente a prima dello stesso terremoto del 2009, permane e può essere risanata con l'esecuzione di una nuova rete autonoma senza interrompere l’attuale servizio;
  • i saggi relativi ai fabbricati classificati C (ritenuti ultronei) possono essere fatti dall'esterno;
  • i saggi geotecnici risultano,nel caso, inutili e costosi in quanto le faglie sono ubiquitarie, il complesso non presenta fenomeni di cedimenti e nel comune vi sono centinaia di edifici posizionati in aree a caratteristiche geologiche analoghe (vedi complessi commerciali da Zugaro a Bazzano);
  • le motivazioni dello sgombero non appaiono per niente suffragate e motivate, in quanto il Progetto proposto, prevedendo la demolizioni di tutti gli alloggi classificati E e la loro sostituzione con un edificio pluriuso a destinazione pubblica, configura una Variante al PRG che avrebbe dovuto essere approvata dal Consiglio Comunale per assumere i presupposti di pubblica utilità ed urgenza;
  • per la riparazione di edifici con analogo danno (si sottolinea !!) si sono spesi nel 1° periodo dell’emergenza, dai 10.000 euro per le A ai 40/50.000 per le C e, per lo più , senza sgombero dei residenti e con un tempo contenuto per l’esecuzione dei lavori (da 40 gg a 180 gg);
  • al tempo, conseguentemente, sarebbero bastati meno di 2 Ml di euro per ristrutturare le A e le C senza creare inutili disagi e tacita-informale elusione dei Canoni.

Con riferimento poi al programma /progetto proposto,

Si constata che la procedura intrapresa è invece improntata alla logica del Mega-Appalto (siamo arrivati a 13 milioni?) e rischia di portare il Comune di L’Aquila, da un lato, ad una spesa ultronea/sovradimensionata e, dall’altro, ad un danno sociale, funzionale e psicologico ad almeno 21 famiglie che hanno in questi ormai 8 anni resistito anche con lavori in proprio in alloggi a tutt’oggi a lievi danni sismici.

Bisogna infatti ribadire che per la ristrutturazione di alloggi A nel recente passato, (senza espulsione dei residenti), erano ammessi contributi di 10.000 euro e che per alloggi classificati C sono stati spesi mediamente 40/50.000 euro per un totale massimo plausibile di 5 Ml di euro.

Il Comitato ha evidenziato che tali lavori (che gli altri cittadini hanno fatto entro il settembre 2009), non abbisognano di una “progettazione internazionale” ma di un buon Computo metrico da mettere a base della gara e che l’esecuzione potrebbe essere fatta in 6 mesi/1 anno. È stato anche sottolineato che probabilmente, per defezioni/accettazioni di altre soluzioni, gli alloggi classificati E potrebbero non essere ricostruiti con un ulteriore forte economia.

Per quanto sopra detto, il Comitato ha invitato il Comune ad una opportuna e responsabile riflessione sulla proposta e per una conseguente rimodulazione del progetto; in parallelo, ha invitato il Prefetto a prendere una posizione ferma, e gli Enti di controllo ad inibire la defatigante e costosa procedura delineata dal Comune.

In aderenza a tale linea, l’avv. Corti ha illustrato poi il ricorso al Tar configurando una palese Violazione dell’art.54 TUEL per Eccesso di potere, irrazionalità manifesta e difetto di motivazione. Infatti, a suo tempo stante la possibilità di godere degli appartamenti loro assegnati (sia pure solo parzialmente per gli alloggi classificati con esito C), il Comune dell’Aquila vietò ai ricorrenti la permanenza nella tendopoli o l’assegnazione di MAP e alloggi del Piano Case disponendo il loro rientro negli alloggi comunali occupati prima del sisma senza procedere come tutti gli altri privati (che lo hanno fatto entro settembre 2009) all’immediato risanamento statico, nè alla demolizione degli alloggi classificati E che sono rimasti lì a costituire fino ad oggi un vero pericolo.

Premesso che la classificazione con esito A comporta che “L'edificio può̀ essere utilizzato in tutte le sue parti senza pericolo per la vita dei residenti, anche senza effettuare alcun provvedimento di pronto intervento", ciò̀ non implica che l'edificio non abbia subito danni, ma solo che la riparazione degli stessi non è un elemento necessario per il mantenimento dell'esercizio in tutto l'edificio. Nel caso di edificio agibile non si hanno unità immobiliari inagibili e nuclei familiari e/o persone da evacuare. E’ evidente che nella specie, tali presupposti non ricorrono stante il fatto che il Comune sta sgombrando degli alloggi agibili, come riportato nello stesso provvedimento impugnato.

Nell’Ordinanza infatti la contingibilità intesa come impossibilità di fronteggiare l'emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell'accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e l'urgenza come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile mancano completamente: “L'adozione di un'ordinanza sindacale contingibile e urgente presuppone necessariamente situazioni non tipizzate dalla legge di pericolo effettivo, la cui sussistenza deve essere suffragata da un'istruttoria adeguata e da una congrua motivazione, in ragione delle quali si giustifica la deviazione dal principio di tipicità degli atti amministrativi e la possibilità di derogare alla disciplina vigente, stante la configurazione residuale, quasi di chiusura, di tale tipologia provvedimentale, nella quale la contingibilità deve essere intesa come impossibilità di fronteggiare l'emergenza con i rimedi ordinari, in ragione dell'accidentalità, imprescindibilità ed eccezionalità della situazione verificatasi e l'urgenza come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile”.

Il Comitato, supportato dalla senatrice Blundo che nel suo intervento si è particolarmente accalorata contro l’atteggiamento irresponsabile di questa amministrazione comunale, resisterà a qualsiasi ulteriore tentativo di sgombero opponendo una procedura più economica e condivisa come il pagamento dei canoni già da tutti anticipati per i mesi di novembre e dicembre e l’allestimento di una proposta progettuale più economica e spedita che preveda l’allestimento di un computo metrico con relativo Capitolato da dare immediatamente in appalto con le abbondanti somme disponibili. In parallelo, nella logica offerta oggi dalle norme del “baratto amministrativo” impegnerà gli affittuari ad eseguire in proprio le opere con la dovuta contabilizzazione da defalcare in  conto futuri canoni.

 

Ultima modifica il Giovedì, 22 Dicembre 2016 16:47

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