Domenica, 22 Gennaio 2017 11:43

La Commissione Grandi Rischi ha ancora senso di esistere?

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Ieri la Commissione grandi rischi ha diffuso un comunicato stampa con il quale afferma che sarebbero "possibili scosse di magnitudo 6-7 Richter" lungo l'Appennino centrale già vessato dai terremoti negli ultimi sette anni e mezzo.

La nota dell'organismo, che dovrebbe fungere da consulente qualificato della presidenza del Consiglio dei ministri, ha gettato nel panico migliaia di persone, principalmente concentrate all'Aquila e nel suo comprensorio, la zona più popolosa tra quelle prossime agli epicentri delle scosse del 18 gennaio scorso.

Si tratta di una struttura di collegamento tra il Servizio nazionale della Protezione Civile e la comunità scientifica. La sua funzione principale è fornire pareri di carattere tecnico-scientifico su quesiti del Capo Dipartimento e dare indicazioni su come migliorare la capacita di valutazione, previsione e prevenzione dei diversi rischi. Essa non appare come un organo operativo - anzi - ma più che altro di alta consulenza di "provenienza accademica", tant'è vero che tutti i suoi componenti sono riconosciuti come esperti nei rispettivi settori di competenza.

Della Commissione grandi rischi, fino al 2009 nome pressoché sconosciuto alla popolazione italiana, è noto si sia parlato lungamente in questi anni: la riunione del 30 marzo 2009 si svolse a una settimana dal terremoto che sconvolse L'Aquila il 6 aprile. Negli anni seguenti l'organo fu accusato di aver rassicurato gli aquilani, e non di "non aver previsto il terremoto" come è stato spesso affermato da alcuni media ed esponenti politici. I suoi membri furono condannati in primo grado, ma assolti in Appello e in Cassazione, eccezion fatta per l'ex vice capo della Protezione Civile, condannato in tutti i gradi di giudizio.

E' naturale pensare che il comunicato di ieri, praticamente identico a quello diffuso dopo la scossa in Umbria dello scorso 30 ottobre, sia nei toni legato a doppio filo alle polemiche che hanno investito la Commissione negli ultimi anni.

La credibilità della Commissione è stata una delle ragioni che hanno portato al processo dopo il terremoto dell'Aquila. Un processo che ha innegabilmente posto in cattiva luce l'organo, procurando una forte perdita di credibilità agli occhi dell'opinione pubblica (soprattutto quella aquilana), a prescindere dall'esito del procedimento stesso.

Con i terremoti del 2016 la Commissione ha dimostrato una chiara ed esplicita inversione di tendenza nell'approccio alla comunicazione del rischio sismico. Lo dimostrano il tenore delle note di ieri e di ottobre, che tendono a ribadire il concetto secondo il quale "potrebbero verificarsi delle forti scosse", senza naturalmente circostanziare ad un periodo temporale definito, perché come è noto non è possibile ad oggi prevedere i terremoti.

Ma se non è possibile circostanziare la previsione di un evento sismico, e non è raccomandabile la rassicurazione della popolazione, non è ormai squalificata l'informazione diffusa, qualsiasi essa sia, da parte della Commissione?

Leggendo il comunicato sono presenti ambiguità persino nel luogo individuato: nella nota, rivolta alla popolazione e non agli addetti ai lavori, non è neanche chiaro quali siano queste "tre aree contigue" alla faglia Monte Vettore-Gorzano che viene citata.

Se non è possibile affermare con certezza X o al contrario ribadire Y e, soprattutto, se la natura (accademica) della Commissione è generare una credibilità col tempo ormai perduta, essa ha ancora senso di esistere? E' utile alla collettività?

Ultima modifica il Domenica, 22 Gennaio 2017 13:03

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