Accord Phoenix, area produttiva ancora sotto sequestro.
Sono congelate le attività dell'azienda che dovrebbe occuparsi del recupero dei Raee, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche, insediata all'ex polo elettronico con un investimento che sfiora i 50 milioni di euro, 11 da fondi pubblici a valere sul 4% delle risorse per la ricostruzione destinate allo sviluppo economico.
Giovedì scorso, si è tenuto un incontro tra i vertici dell'azienda e i sindacati, alla presenza del vice presidente della Giunta regionale Giovanni Lolli e del sindaco dell'Aquila Massimo Cialente; si è capito che i tempi saranno ancora lunghi.
Come noto, a novembre le attività in azienda erano state sospese a seguito di un accertamento della Asl che aveva ricostrato alcune anomalie da sanare. In particolare, sarebbe stata rilevata la mancata installazione di una balaustra intorno ad una buca del cantiere e l'assenza di percorsi segnalati per i muletti. Questioni operative, insomma.
Poi, a dicembre, il blitz della Guardia di Finanza che ha posto i sigilli all'area produttiva. Nello stabilimento, sarebbero stati stoccati rifiuti pericolosi e non - per complessivi 105mila chilogrammi di scarti di materiale elettronico, monitor in particolare - seppure non fossero state istruite le dovute autorizzazioni; Accord Phoenix avrebbe sì inoltrato al Servizio gestione rifiuti di Regione Abruzzo una comunicazione d'inizio attività parziale, per l'attività del comparto dissemblaggio monitor, che non consentiva, però, "l'avvio delle attività di gestione rifiuti poiché il direttore del lavori ha dichiarato la sola ultimazione delle opere edilizie dei locali del blocco uffici e sala monitor escludendo le aree dove di fatto sono stati rinvenuti stoccati i rifiuti". Lo stesso tecnico avrebbe dichiarato che la pavimentazione interna del capannone non è impermeabilizzata; inoltre, le Fiamme Gialle hanno contestato anche le localizzazioni degli impianti che sono stati acquistati per l'avviamento della prima linea di produzione. Per questo, sono finiti sul registro degli indagati il presidente del Consiglio d'amministrazione Ravi Shankar, il componente del Cda Francesco Baldarelli e il responsabile della linea produttiva Hansen Jorgen Lundo.
Al di là delle responsabilità personali, a margine della riunione di settimana scorsa si è appreso che per risolvere l'impasse, per arrivare cioé al dissequestro dell'area produttiva, l'azienda dovrà ottenere l'AIA, l'Autorizzazione integrata ambientale, necessaria per l'esercizio di alcune tipologie di installazioni produttive che possono produrre danni ambientali significativi.
Soltanto a quel punto potrà avviarsi la prima linea di produzione e, dunque, Accord Phoenix procederà con le assunzioni promesse; al momento, i dipendenti sono 22: 13 assunti tra coloro che erano già impiegati all'ex polo elettronico, 3 amministratori, un ingegnere tecnico ambientale, un ragnista con esperienza pluriennale, due tecnici saldatori industriali, due commerciali addetti ad acquisire i materiali e poi a vendere i prodotti ricavati e un consulente, un tecnico scozzese, progettista delle macchine e del ciclo produttivo. La società avrebbe dovuto assumere altre 58 persone, in due step: il primo, entro novembre 2016 e, l'altro, nei primi mesi del 2017, arrivando, così, a 80 dipendenti, con 60 lavoratori riassorbiti per il 50% da Finmek e per il 50% da Fida, Intercompel e P&A Service.
Assunzioni bloccate, come ovvio; e al momento, non c'è alcuna certezza sui tempi. L'AIA infatti, è una autorizzazione non semplice da ottenere: solitamente, ci vogliono molti mesi per istruire la pratica autorizzativa, integrata perché - nelle relative valutazioni tecniche - sono considerati congiuntamente i diversi danni all'ambiente causati dall'attività da autorizzare, nonché tutte le condizioni di funzionamento dell'istallazione (non solo a regime, ma anche nei periodi transitori e in fase di dismissione).
Per questo, i sindacati sono molto preoccupati e, con loro, ovviamente, i lavoratori dell'ex polo elettronico che attendono oramai da anni di poter essere riassorbiti e che già avevano dovuto accettare il mezzo passo indietro dell'azienda che, inizialmente, aveva promesso 129 assunzioni.
Preoccupa meno invece, così si è detto almeno, la vicenda penale che coinvolge Francesco Baldarelli, indagato per truffa in concorso; stando agli inquirenti, la società avrebbe ottenuto parte del finanziamento da 11 milioni assicurato da Invitalia sulla scorta di una "fittizia rappresentazione dei presupposti da parte dell'indagato, che avrebbe agito in concorso con altri soggetti al momento sconosciuti". Una vicenda che, è stato spiegato a sindacati e lavoratori, riguarda Baldarelli, appunto, e non la società che, ottenuta l'AIA, potrà avviare le attività.