“Ci vediamo al bar?”; “Come va zio?”. Le domande, inviate via sms, erano sempre seguite da uno o più puntini di sospensione, ciascuno dei quali stava a indicare il numero delle dosi di cocaina richieste. Un puntino equivaleva a una dose, tre puntini a tre dosi e così via. Lo scambio denaro-droga, però, avveniva in due momenti distinti: gli acquirenti incontravano i pusher per strada, quasi sempre in macchina, e cedevano il denaro. Solo a quel punto venivano indirizzati verso le dosi, preventivamente sistemate in nascondigli occasionali, in mezzo la vegetazione o tra le crepe di qualche muro di contenimento.
Un sistema di vendita della droga da asporto, sgominato dai carabinieri di L’Aquila, Avezzano e Teramo in un’operazione non a caso ribattezzata “Take away”, come i servizi di ristorazione che vendono cibo da consumare altrove.
In manette, su ordinanza di custodia cautelare gfirmata dal gip del Tribunale dell’Aquila Giuseppe Romani Gargarella, sono finite 8 persone, sei albanesi e due italiane. Il capo dell’organizzazione, Bledar Shehaj, classe 1980, è stato condotto in carcere mentre per gli altri sette - Armando Beccia e Romina Sabatini dell’Aquila; Anton Krygja, Ardian Ismaili, Piro Metushi, Idajet Saliaj e Enver Fusha, tutti di nazionalità albanese - sono scattati i domiciliari. Gli indagati sono, in tutto, 14. L’ordine di arresto era stato emesso anche nei confronti di un nono soggetto (sempre di nazionalità albanese), risultato, però, irreperibile.
Le accuse nei loro confronti sono quelle di spaccio, detenzione a fini di spaccio e reati collegati. Le indagini, durate nove mesi, dal settembre 2015 al maggio 2016, sono state condotte dai carabinieri delle stazioni di L’Aquila e Pizzoli, sotto la direzione del procuratore Roberta D’Avolio.
La banda di spacciatori operava soprattutto nei comuni dell’Alta Valle dell’Aterno (Montereale, Cagnano Amiterno, Pizzoli, Arischia, Barete) e nelle frazioni della zona est del Comune dell’Aquila, come Paganica e Bazzano.
La droga, soprattutto cocaina, veniva venduta a persone di varia estrazione sociale: professionisti, studenti, operai. Una clientela trasversale, che, per dosi che variavano da 0,40 ai 0,60 grammi, pagava dai 40 agli 80 euro. Dosi che il più delle volte venivano consumate subito dopo la "consegna" direttamente nelle automobili. Una circostanza che ha reso le indagini delle forze dell'ordine ancor più impegnative, visto che della droga, il più delle volte, non veniva lasciata traccia.
Il modus operandi era sempre lo stesso: gli acquirenti contattavano Shehaj mandandogli degli sms in codice, nei quali veniva indicato il numero di dosi; dopodiché incontravano i pusher in brevissimi scambi che servivano solo per consegnare il denaro. Solo a quel punto Shehaj dava indicazioni sui nascondigli in cui la droga erano state lasciate. Di solito si trattava di luoghi non lontani da quelli in cui era avvenuto il pagamento.
Lo stesso Sehahj era solito tenere la droga già confezionata non nella propria abitazione ma in barattoli e confezioni di riso chiuse ermeticamente, spesso nascoste tra la vegetazione a pochi metri dalle carreggiate stradali.
Le fonti di approvvigionamento della droga erano situate nel Teramano: Shehaj acquistava la cocaina all’ingrosso e poi la rivendeva, avvalendosi della rete di pusher che lavoravano per lui, sulla piazza aquilana. Eseguendo gli arresti, i carabinieri hanno sequestrato anche 4.600 euro in contanti, tutti proventi legati alla vendita degli stupefacenti.