Mercoledì, 01 Marzo 2017 22:45

Appalti di Regione Abruzzo, il 'caso' di Penne: per D'Alfonso, l'accusa è di corruzione. Il governatore: "Condotta lecita e meritoria"

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Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio, istigazione alla corruzione e abuso d'ufficio, in concorso con altri: sono queste le ipotesi di reato contestate al presidente della Regione, Luciano D'Alfonso, nel filone d'indagine legato alla cessione di un immobile di proprietà del Comune di Penne nell'ambito della maxi inchiesta della Procura della Repubblica dell'Aquila su una serie di appalti della Regione Abruzzo [qui, i dettagli].

Il governatore che, nei giorni scorsi, aveva 'ammesso' con una nota di essere coinvolto in questo fronte, è indagato insieme all'ex sindaco pennese, Rocco D'Alfonso, che attualmente è impiegato proprio nello staff del presidente a Pescara.

Anche Rocco D'Alfonso è indagato in concorso con altri per corruzione, per un atto contrario ai doveri d'ufficio e istigazione alla corruzione.

La vicenda è legata alla cessione di un immobile di proprietà comunale, messo in vendita nel 2015 perché il Comune di Penne aveva bisogno di fare cassa, essendo a rischio lo sforamento del patto di stabilità interno.

Per portare a termine l'operazione occorreva, però, superare il vincolo dei Beni culturali; l'allora primo cittadino chiese alla Soprintendenza che il vincolo decadesse e ha atteso il parere della relativa commissione per completare la vendita. La commissione, tuttavia, tardava a riunirsi e Rocco D'Alfonso, vista l'urgenza di chiudere il bilancio, ha chiesto l'intervento del presidente della Regione.

Luciano D'Alfonso ha telefonato, dunque, a un funzionario dei Beni culturali per sollecitare il parere; questa telefonata sarebbe stata letta dagli inquirenti come una "pressione indebita" sul funzionario per favorire la decadenza del vincolo e la vendita dell'immobile che, comunque, è stato svincolato, secondo quanto si è appreso dopo qualche mese.

 

D'Alfonso convoca la stampa e si difende: "Condotta lecita, dovuta e, permettemi, meritoria"

Stamane, il governatore ha convocato la stampa nella sala stampa della Regione, in viale Bovio a Pescara. "Ho ritenuto importante tenere l'incontro con la stampa perché la rassegna delle agenzie di ieri ha rappresentato per me il bisogno di offrire il mio punto di vista", ha spiegato D'Alfonso.

"Voglio concorrere - sulla base della documentazione che ho potuto leggere e acquisire - a facilitare il lavoro delle libera stampa, della stampa non emotiva, affinché si assumano le dimensioni del fatto secondo ciò che conosco", ha aggiunto. "Una delle ragioni per cui mi sono sentito stimolato è perché s'invoca una fattispecie ed una condotta rilevante - presumibile da parte di chi svolge questo importante lavoro per lo Stato - che è la corruzione: anche nel mio linguaggio significa la rottura delle leggi".

D'Alfonso prova a riprorre, nello specifico, di cosa si tratta, "ciò che mi viene contestato, qual è la fattispecie e la condotta precisa; per mandato statutario, ho il compito di aiutare i Comuni e ho pure una formazione mentale che ritiene i Comuni addirittura come luoghi del bene vivere inventati da Dio. Dunque, se un Comune mi rappresenta una questione amministrativamente affrontabile mi sento non convocato bensì precettato".

Il governatore sottolinea di non sentirsi perseguitato, piuttosto "caratterizzato da una grande volontà di perseguire l'interesse pubblico; non sono scandalizzato che si facciano riletture giustenalistiche, sulla base di documenti che si acquisiscono, sono impensierito però dai danni che vengono prodotti dalla rappresentazione sulla stampa. Ieri sera, il TG5 ha connesso il mio nome, la mia vicenda, il mio viso con un reato gravissimo qual è la rottura delle leggi; arrivo a pensare che, a volte, la rottura delle leggi sia necessaria per raggiungere interessi pubblici. Aprire un Tribunale prima che sia collaudato, l'ho fatto; sottoporre a verifica una scuola, in assenza di fondi idonei, lo farò; aiutare un Comune a rispettare il patto di Stabilità l'ho fatto e lo farò sempre".

Nel caso di Penne, la fattispecie riguarda la messa in esercizio del piano di alienazione demaniale, "idoneamente deliberato dal Comune - sottolinea D'Alfonso - e che, per quanto attiene al bene di cui si sta trattando, e cioé un fondaco, aveva un problema di visto del Ministero dei Beni culturali che doveva essere espresso entro un lasso di tempo, che è il lasso di tempo dell'esercizio finanziario e amministrativo che scade entro il 31 dicembre di ogni anno. Il sindaco mi ha rappresentato questa esigenza, ho letto documentazione idonea dei revisori dei conti competenti, e mi sono prodigato, realizzando premura istituzionale".

Il presidente della Giunta regionale mostra, dunque, una mail, "fatta su espressa mia volontà e firmata da Claudio Ruffini, riguardante questo dossier, che rappresenta il bisogno di sollecitudine del parere. Solo casualmente, la mail è connessa ad una comunicazione ricevuta dal vicesindaco di Penne; solo casualmente ho ritrovato un atto parlamentare che sul problema addirittura vede interessato un deputato che rivolge interrogazione a risposta scritta alla Camera dei Deputati, e proprio sul rispetto dei tempi".

"Mi dispiace molto che, in questa vicenda, sia capitato il mio segretario particolare Ruffini che ha operato secondo la mia volontà di coltivare la sollecitudine di questa pratica; mi dispiace che sia capitato in questa vicenda un funzionario che ha i tratti somatici di uno studioso di pergamente ebraiche: credo non sappia neanche come si sceglie un avvocato, tale Orsatti del quale non so connettere cognome a viso a funzione, so soltanto che era - in quel momento - l'interlocutore".

Perché questo incontro con la stampa? "Perché la fattispecie che mi viene contestata ha una sua gravità", ribadisce D'Alfonso; "io che pure ho una frequentazione con letture di questo tipo, so che quanto si rompono le regole, affinché si integri il reato, c'è bisogno dell'interesse privato. Arriverei a dire che quando si concorre con un Comune a fare interesse pubblico, ho difficoltà a rinvenire un reato. Avendo profondo rispetto per le attività svolte dalla Magistratura, non mi sento né un inseguito né un perseguitato, ma soltanto una persona fortemente determinata nel perseguire l'interesse pubblico. E devo avvisare che se mi capitassero altre circostanze di questo tipo, naturalmente sarei portato, senza riflessione, a replicare attività di questo tipo, se c'è di mezzo una scuola, una università, un'industria rilevante". D'Alfonso esclude la presenza di un interesse privato riguardante questa fattispecie, "interesse privato che potrebbe riguardare per esempio l'acquirente, e non sapevo neanche chi fosse, mi sono informato stamane ed è un venditore di semenze al pomodoro; mi risulta anche che questa conduzione commerciale andasse avanti da oltre 10 anni".

Tra l'altro, "ho potuto ritrovare un atto che descrive come il Piano di alienazione demaniale fosse particolarmente spintonato dal revisore dei conti comunale.
Ci sono gli ingredienti per una condotta non solo, permettetemi, lecita, non solo - secondo il mio linguaggio - dovuta, ma per una condotta meritoria; mi aspetto una istruttoria per diventare cittadino onorario a Penne. Dopo di che, la giustizia farà il suo corso e darò ogni sorta di mia collaborazione, ma in 25 anni avrà fatto cento di queste azioni".

"Ho usato, in questo caso, una delle risorse di cui dispone il Presidente della Regione che è il suo protagonismo istituzionale: se telefona il Presidente, ha modo di segnare velocizzazione e, qui, l'aspettativa era di velocizzazione.

Inchiesta su appalti in Regione: 9 filoni d'indagine, 32 indagati

C'è anche l'architetto Roberto Orsatti della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio (Sbaep) dell'Abruzzo tra gli indagati nell'ambito della maxi inchiesta della procura della Repubblica dell'Aquila su una serie di appalti della Regione Abruzzo. Orsatti, 44 anni, originario di Guardiagrele (Chieti), è accusato di corruzione aggravata in concorso per un atto contrario ai doveri d'ufficio nel fronte di indagine riferito al contributo pubblico per una iniziativa immobiliare a Giulianova (Teramo) per il quale sono indagati per corruzione aggravata in concorso per un atto contrario ai doveri d'ufficio Giovanni Mosca, ingegnere, e Roberta Caralla, imprenditrice, proprietaria tra l'altro di un ristorante nel centro giuliese.

In questo filone, è sotto inchiesta anche il capo della segreteria della presidenza ed ex consigliere del Pd Claudio Ruffini, per le ipotesi di reato in concorso con altri di corruzione aggravata per un atto contrario ai doveri d'ufficio e istigazione alla corruzione.

Secondo l'accusa, i due professionisti si sarebbero rivolti ai rappresentanti degli enti pubblici per velocizzare procedure propedeutiche all'erogazione del contributo pubblico.

Sono arrivati così a 32 gli indagati noti nei 9 fronti investigativi attualmente aperti. Tra i coinvolti, dirigenti e funzionari regionali, professionisti esterni e imprenditori, oltre a D'Alfonso e agli assessori regionali Marinella Sclocco, Silvio Paolucci e Dino Pepe.

 

Ultima modifica il Venerdì, 03 Marzo 2017 14:10

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