Non fosse bastato il terremoto del 2009, non fosse bastata la nevicata del 2012 e, dunque, il maltempo del gennaio scorso che ha flagellato l'Abruzzo interno, la vita degli agricoltori 'resistenti', che continuano a lavorare la terra, investendo, così, sulla rinascita delle aree interne e facendo economia in territori desolati, è resa impossibile, ogni giorno, dalla burocrazia e da scelte politiche incomprensibili.
Giuseppe Turavani ha poco più di trent'anni, ha scelto di crescere i suoi bambini a Goriano Valli, frazione del comune di Tione degli Abruzzi: lì, coltiva 40 ettari di terreno o, almeno, ci prova; trascorre le serate 'sparando' petardi sulle sue proprietà, tentando di allontanare cinghiali e cervi che stanno devastando il suo lavoro.
Storia vecchia, quella degli animali selvatici che imperversano ai piedi del Sirente Velino, raggiungendo, troppo spesso, anche i centri abitati; a lungo, la discussione in Valle Subequana si è incancrenita sulla presunta necessità di rimodulare i confini del Parco regionale, come se i cinghiali potessero riconoscere le delimitazioni di un'area protetta, come se il problema fosse circoscritto alle aree sotto vincolo di tutela. In realtà, il problema dei cinghiali - e degli animali selvatici, più in generale - investe l'intera Penisola, dal Veneto alla Sicilia: nei giorni scorsi, il Copagri Abruzzo ha sollecitato la Regione ad essere tempestiva e solerte nelle iniziative tese a contenere numericamente i cinghiali presenti su tutto il territorio, ridisegnando magari il Piano Faunistico Regionale, e auspicando una continua ed attiva concertazione coi portatori d'interesse per mettere in campo azioni plurali che consentano una concreta diminuzione del numero dei cinghiali.
Purtroppo, la politica - a tutti i livelli - non è stata ancora in grado di dare risposte alle legittime proteste di cittadini e agricoltori soprattutto, che, fino a qualche tempo fa, se il terreno di proprietà era entro i confini di un'area protetta, come nel caso di Giuseppe, potevano almeno beneficiare degli indennizzi riconosciuti dall'Ente Parco a valere su fondi regionali, sebbene - racconta il giovane agricoltore - le perizie fossero mantenute sempre al ribasso, con l'anomalia che erano gli stessi tecnici del Parco a istruirle. "Stranamente, su 39 appezzamenti di terreno con caratteristiche diverse, alcuni più produttivi e altri meno, mi è stata riconosciuta la produzione minima su tutti e 39: ovviamente, significa avere meno soldi ad indennizzo dei danni", chiarisce Giuseppe.
Negli ultimi anni, però, ci s'è messa di mezzo pure l'Europa o, meglio, la cattiva interpretazione di una contestata norma comunitaria che, dal 2013, ha spinto le Regioni italiane, Abruzzo compreso, ad applicare il regime in de minimis sugli indennizzi, fuori e dentro le aree protette, visto che il risarcimento dei danni causati dalla fauna selvatica, stando alla 'lettura' degli Enti, si configurerebbe come aiuto di Stato; dunque, tetto massimo ai risarcimenti di 15mila euro in tre anni e, tra l'altro, la somma in questione dovrebbe comprendere altri contributi concessi dalla Regione in de minimis, sui fronti più svariati: crisi ortofrutticole, eventi calamitosi, acquisto di materiali per la difesa attiva, come le reti antigrandine.
Se non fosse che il Tar delle Marche, con sentenza 754 del 2015, ha accolto - nel frattempo - il ricorso proposto da alcuni allevatori marchigiani, negando la natura di aiuti di Stato agli indennizzi concessi per i danni subiti al patrimonio zootecnico e dichiarando, dunque, illegittimi i provvedimenti assunti.
Regione Marche s'è adeguata alla sentenza, l'Abruzzo - inspiegabilmente - ancora no.
Per questo, il 27 dicembre scorso gli agricoltori afferenti a Cia e Confagricoltura hanno manifestato innanzi all'Emiciclo, chiedendo, tra l'altro, la convocazione di un'apposita Conferenza dei Servizi per dirimere sulla questione. "Occorre un’assunzione di responsabilità del Presidente Luciano D’Alfonso e del Direttore Generale Cristina Gerardis per conciliare le diverse interpretazioni dei dirigenti regionali", ha spiegato Concezio Gasbarro, presidente di Confagricoltura Abruzzo. "Non vorremmo che dietro questo teatrino burocratico si celi la volontà di ridurre gli impegni regionali sui pagamenti limitando gli indennizzi a 15.000 in tre anni nelle aree ricadenti nel Parco Velino Sirente, nelle aree SIC ed in quelle di competenza regionale", ha aggiunto.
Alla manifestazione, ha partecipato anche Giuseppe. "Ci era stato dato appuntamento per l'inizio dell'anno", racconta a NewsTown; "poi, le scosse del terremoto e il maltempo di gennaio hanno rimandato l'incontro promesso con l'assessore competente; da allora, però, e nonostante i solleciti, non abbiamo avuto più notizie".
A Goriano Valli, Turavani ha avuto danni verificati e stimati del 100% e sul 100% della superficie aziendale, per 40mila euro circa nel 2015 e 20-25mila euro nel 2016, sebbene l'Ente Parco non abbia ancora inviato all'azienda la documentazione sulle perizie effettuate l'anno passato; a guardare le foto, non sta andando meglio quest'anno. "Significa lavorare un anno, spaccarsi la schiena e non guadagnare niente; per il 2014, ho avuto un indennizzo di circa 12mila euro: dunque, sulla carta avrei diritto ad altri 3mila euro per il 2015 e il 2016 innanzi a danni certificati per oltre 60mila euro".
Giuseppe ha investito di tasca propria tra i 10 e i 15 mila euro per il 2015 e la stessa somma per il 2016. Ora, non ce la fa più: "Come si fa ad andare avanti? Se devi chiedere un prestito, un anticipo di spese piuttosto che un mutuo, la banca chiede il fatturato dell'azienda: cosa dovrei rispondere?". Sta facendo altri lavori, per sostenere la famiglia; non potrà andare avanti a lungo. "Mi ammazzo di lavoro ogni giorno, per ritrovarmi - a sera - a sparare petardi con la speranza di mettere in fuga i cinghiali: ieri sera, ce n'erano 40 sul terreno appena seminato, e 15 cervi nell'appezzamento accanto".
Evidentemente, l'agricoltura è l'ultima delle priorità, nell'agenda politica: così, però, sparisce la piccola economia delle aree montane d'Abruzzo che pure, a parole, si vorrebbero rilanciare, e si contribuisce al processo di spopolamento che sta cancellando una ricchezza inestimabile, per il Paese.