Mercoledì, 10 Maggio 2017 22:55

Acqua del Gran Sasso: che cosa è accaduto nel teramano? Non ancora diffuse le analisi Arta. Foro H20: "Toluene nell'acqua già il 4 maggio"

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Sarà un pool composto da tre magistrati - Stefano Giovagnoni, Greta Aloisi e Davide Rosati - coordinato dal procuratore capo di Teramo, Antonio Guerriero, ad indagare sul nuovo presunto episodio di inquinamento che ha portato, in via precauzionale, a sospendere l'utilizzo per fini potabili dell'acqua proveniente dalle captazioni del Gran Sasso e destinata a rifornire le utenze di 32 comuni del teramano, compreso il capoluogo. Si tenterà di fare luce su due episodi, l'ultimo dell'8 maggio e l'altro di agosto, riuniti in un unico fascicolo.

La Ruzzo Reti spa - l'azienda che gestisce il ciclo idrico integrato della provincia - aveva comunicato martedì pomeriggio che, "a seguito dei prelievi effettuati al Traforo del Gran Sasso", l'Arta aveva giudicato l'acqua in uscita "non conforme", e che pertanto il Sian dell'Asl di Teramo aveva disposto l'uso per soli fini igienici. Ai cittadini è stato spiegato che era stata rilevata "la non conformità dell'acqua per odore e sapore non accettabile". Nient'altro. Col risultato che le scuole di Teramo sono state chiuse in via precauzionale e che i negozi e i supermercati della provincia sono stati letteralmente presi d'assalto.

Poche ore, e l'acqua è 'tornata' potabile. "Sono state revocate le limitazioni d'uso dell'acqua in rete", ha comunicato la Asl, intorno alle 10 di mercoledì mattina; "l'esito dei risultati analitici sui campioni d'acqua prelevati il 9.5.2017 e pervenuti oggi alle ore 1:56 risulta, infatti, di conformità alla vigente normativa".

La crisi idrica, comunque, ha indotto il sindaco del capoluogo Maurizio Brucchi a ritirare le dimissioni presentate il 21 aprile scorso. "Notte praticamente trascorsa in Prefettura con il presidente Luciano D'Alfonso ad attendere i risultati delle analisi dell'Arta regionale che sono arrivati nelle prime ore del mattino - ha spiegato Brucchi su Facebook - Emergenza idrica per ora risolta, ma che desta molte preoccupazioni". Per questo, "sento il bisogno di riprendere il mio posto di sindaco - ha aggiunto - per difendere il bene più prezioso che abbiamo: la nostra acqua".

"È importante capire quello che è successo, perché è successo e cosa bisogna fare; questo non vuol dire che non affronterò contemporaneamente la crisi politica che mi ha portato alle dimissioni. Anzi, l'accaduto sarà un ulteriore stimolo a risolverla velocemente e con determinazione".

Ma che cosa è accaduto nel teramano?

Al momento, non sono state diffuse le analisi dell'Arta; sin da martedì, però, si sono rincorse le voci sulla presunta presenza di Toluene.

L’acqua contaminata è quella in uscita dal Traforo del Gran Sasso, lo certificano le analisi dell’8 maggio: la Asl ha comunicato che le acque del Laboratorio nazionale del Gran Sasso erano in scarico dal 1° maggio; in altre parole, da quel giorno le acque provenienti dai Laboratori non vengono immesse nella rete idrica dell'acquedotto. Inoltre, i LNGS hanno reso noto che, dai monitoraggi costantemente eseguiti in questi giorni, "le acque di scarico sono sempre risultate e tuttora risultano pulite e assolutamente conformi ai requisiti previsti per le acque potabili. Nessuna responsabilità è quindi da imputare a questi Laboratori per la disposizione di sospensione dell'uso a fini potabili delle acque in uscita dal Traforo del Gran Sasso". Dunque, il pensiero è andato a Strada dei Parchi che, giusto qualche giorno fa, aveva annunciato la chiusura del traforo il 3 e 4 maggio scorso per "urgenti lavori di manutenzione". Sarebbe stata effettuata una profonda verniciatura: la società che gestisce le autostrade abruzzesi, però, ha comunciato che "da oltre dieci anni" vengono utilizzati "gli stessi materiali e le stesse modalità per riverniciare le strisce sull’asfalto sotto il Gran Sasso". E in oltre dieci anni, "non è mai emerso un problema, non solo perché i materiali che utilizziamo sono quelli autorizzati dalle stesse ASL, ma soprattutto perché le quantità di solventi contenute nelle vernici sono davvero infinitesimali. Se non bastasse ciò a rendere infondata la possibilità che la nostra attività di manutenzione possa aver creato un qualche problema alla falda e all’acquedotto - ha ribadito Strada dei Parchi - ci pensano i fatti a dimostrare l’infondatezza del sospetto: basta considerare che sotto il manto stradale dove sono state fatte le strisce ci sono oltre 25 centimetri di catrame. Sotto ancora ci sono qualcosa come 30-70 centimetri di cemento armato che rendono ridicolo il solo pensare che ci possa essere un’ipotesi di filtraggio delle micro particelle di vernice con la falda".

Forum H20: Toluene, etilbenzene e xilene nell'acqua del Gran Sasso già dal 4 maggio

A fare un poco di chiarezza, sta provando il Foro dell'acqua che ha sveltato alcune lettere di Arta e Asl che confermano come nell'acqua del Gran Sasso erano presenti Toluene, Etilbenzene e Xilene già il 4 e il 5 maggio.

In occasione dei lavori di verniciatura realizzati tra il 3 e il 5 maggio nei tunnel, sono stati condotti prelievi per due giorni consecutivi in vari punti a Isola del Gran Sasso (uscita gallerie; primo fontanino) e l'ARTA vi ha riscontrato la presenza di Toluene con concentrazioni variabili, con picco di 18,6 microgrammi/litro, assieme a tracce di Etilbenzene (0,2 microgrammi/litro) e (p)Xilene (max 0,8 microgrammi/litro).

L'ARTA risulta aver segnalato con una nota di anticipazione dei risultati la presenza di queste sostanze alla ASL di Teramo l'8 maggio, evidentemente perchè rilevante ai fini delle valutazioni della ASL; quest'ultima, con nota dell'8 stesso (data in calce al documento; in realtà la data di uscita del protocollo è il 9 maggio), ha scritto a vari enti circa il ritrovamento di queste sostanze nell'acqua, ponendole in possibile relazione ai lavori di verniciatura realizzati nelle gallerie.

L'8 maggio è anche il giorno della raccolta dei nuovi campioni di acqua al Gran Sasso, risultati non conformi per odore e sapore al prelievo secondo la comunicazione dell'ARTA alla ASL. "Ricordiamo che questi due parametri sono previsti dalla legge ai fini della prevenzione", aggiunge il Foro. "Il 9, non appena ricevuta la comunicazione della non conformità da parte dell'ARTA, la ASL ha posto le restrizioni al consumo alimentare, operando secondo le normali ed obbligatorie prassi operative (a maggior ragione visti i risultati dei giorni precedenti; le concentrazioni potevano essere molto più elevate e le sostanze presenti potevano essere le più diverse viste le condizioni di irregolarità strutturale delle captazioni nel Gran Sasso). Ricordiamo - inoltre - che il toluene, secondo una nota della ASL, fu già trovato in passato nelle acque del Gran Sasso, come dimostra un passaggio di una nota della ASL del 10/10/2016 - Prot.82932/16".

Il Forum H20 ribascide con forza "la richiesta di pubblicare tutti i referti delle ultime settimane e la corrispondenza intercorsa tra i vari enti, sia sul lato teramano che sul lato aquilano, visto che ai primi di maggio anche su quest'ultimo versante sono arrivate segnalazioni di acqua maleodorante nei giorni scorsi"; ed esprime "indignazione per le condizioni di rischio in cui versa uno degli acquiferi più grandi d'Europa, risorsa strategica fondamentale per la vita di centinaia di migliaia di persone e per la biodiversità. I fenomeni di contaminazione si stanno ripetendo e non si può rincorrere i problemi perchè con l'acqua si deve fare prevenzione. Evidenziamo che la crisi che abbiamo visto, con scene di panico e isteria, sarebbe nulla in confronto con quello che accadrebbe con un eventuale incidente massivo con il coinvolgimento delle migliaia di tonnellate di sostanze tossiche e/o pericolose stoccate nei laboratori del Gran Sasso (tra l'altro, 1.250 tonnellate di trimetilbenzene e 1.000 tonnellate di acqua ragia). In tal caso è lecito aspettarsi conseguenze per decenni visto che tali materiali sono stoccati praticamente all'interno di una montagna piena d'acqua e uno sversamento causerebbe danni probabilmente permanenti in un tale contesto geologico".

È del tutto evidente che le importanti ricerche in corso nel Gran Sasso devono tener conto dei rischi per vastissimi territori, che comprendono tre province (l'acqua del Gran Sasso sgorga nelle sorgenti dell'aquilano, teramano e pescarese, Sorgenti del Pescara incluse). "Un incidente più rilevante stravolgerebbe per anni l'intera area. Per questo devono essere imposti limiti severi all'uso delle sostanze. Ovviamente sia sul versante laboratori sia su quello autostradale servono anche interventi infrastrutturali sulle captazioni ma questi ultimi non inciderebbero se non di poco sui rischi di incidente rilevante".

D'altra parte, già a marzo 2017 l'Istituto superiore di sanità aveva rilevato "una generale non conformità della localizzazione dei locali ed installazioni dei Laboratori nazionali del Gran Sasso e delle attività condotte rispetto ai dettami dell'articolo 94 del decreto legislativo n. 152 del 2006". Ancora prima, la Asl di Teramo aveva disposto la sospensione, in via cautelativa, dell'immissione in rete delle acque dal pozzetto di prelievo n. 1917, inerente all'acquedotto Ruzzo, a seguito della rilevata presenza di diclorometano nelle acque, senza, per altro, darne tempestiva comunicazione ai cittadini.

Per questo, l'auspicato superamento dell'emergenza - da chiarire con dati alla mano - non fa venire meno i problemi che permangono e che "sono gli stessi evidenziati 15 anni fa", hanno sottolineato Wwf, Legambiente, Arci e Mountain Wilderness. "L'approvvigionamento idrico di metà degli Abruzzesi dipende dalla falda del Gran Sasso che è a contatto con due fonti potenzialmente inquinanti: i Laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e le gallerie autostradali A24. Per la messa in sicurezza di questo sistema fu anche nominato un commissario che ha avuto a disposizione milioni di euro che evidentemente però non sono stati sufficienti. È da questa semplice verità che si deve ripartire se non si vuole vivere nuovamente la situazione paradossale di ieri, quando una delle popolazioni più fortunate per l'abbondanza di risorse idriche si è ritrovata a litigare nei supermercati per le bottigliette di acqua minerale".

Le Associazioni ritengono che sia arrivato il momento di affrontare una volta per tutte questa situazione. "Nel 2002 fu la società civile a far emergere i problemi del Gran Sasso, ma fu poi messa da parte da una gestione commissariale che non lasciò spazio a nessun tipo di partecipazione e dal disinteresse della classe politica e amministrativa che si dimenticò del problema. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ora si tratta di riprendere gli spazi di confronto necessari". In questo senso, le Associazione auspicano che si possa creare un movimento partecipato a partire dal territorio teramano e invitano le altre associazioni e i cittadini ad aderire ad un Osservatorio indipendente sull'acqua del Gran Sasso d'Italia. "Primo obiettivo di questo Osservatorio sarà ottenere tutte le informazioni con i relativi dati dei prelievi effettuati in questo periodo di crisi: la massima trasparenza su quanto è accaduto, oltre ad essere prevista dalla legge, rappresenta l'unica strada per restituire ai cittadini la fiducia verso gli enti di gestione e quelli di vigilanza. Secondo obiettivo è la convocazione, già nella prossima settimana, di un incontro cittadino per un confronto pubblico con tutti gli enti competenti per comprendere cosa è effettivamente successo nella giornata di ieri, qual è il grado di sicurezza del sistema di approvvigionamento idrico dal Gran Sasso e cosa deve essere fatto nel concreto per migliorarlo. Tanti anni fa furono proprio le associazioni ambientaliste insieme alle altre associazioni della società civile ad avviare e portare avanti la battaglia per la difesa dell'acqua del Gran Sasso contro il terzo traforo e l'ampliamento dei Laboratori dell'INFN: ora si tratta di ricreare quel movimento ampio e trasversale per garantire nuovamente la sicurezza della nostra e delle generazioni future".

 

Ultima modifica il Giovedì, 11 Maggio 2017 12:12

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