Ennesima 'tegola' sull'insediamento di Accord Phoenix all'ex polo elettronico.
L'imprenditore anglo-indiano Ravi Shankar, infatti, azionista di maggioranza, si è dimesso; si tratterebbe di un atto dovuto, in vista della richiesta di patteggiamento che i legali avanzeranno durante l'udienza del 5 luglio nel merito dell'inchiesta che lo vede indagato con il componente del Cda Francesco Baldarelli e il responsabile della linea produttiva Hansen Jorgen Lundo per reati ambientali.
A dicembre, la Guardia di Finanza aveva posto i sigilli all'area produttiva; nello stabilimento, sarebbero stati stoccati rifiuti pericolosi e non - per complessivi 105mila chilogrammi di scarti di materiale elettronico, monitor in particolare - seppure non fossero state istruite le dovute autorizzazioni. Accord Phoenix avrebbe sì inoltrato al Servizio gestione rifiuti di Regione Abruzzo una comunicazione d'inizio attività parziale per il comparto dissemblaggio monitor, che non consentiva, però, "l'avvio delle attività di gestione rifiuti" poiché il direttore del lavori aveva dichiarato "la sola ultimazione delle opere edilizie dei locali del blocco uffici e sala monitor, escludendo le aree dove di fatto sono stati rinvenuti stoccati i rifiuti". Lo stesso tecnico avrebbe dichiarato che la pavimentazione interna del capannone non era impermeabilizzata; inoltre, le Fiamme Gialle avevano contestato anche le localizzazioni degli impianti che sono stati acquistati per l'avviamento della prima linea di produzione.
Ovviamente, c'è preoccupazione tra i lavoratori che attendono di essere ricollocati. "La novità delle dimissioni di Shankar non ci è stata comunicata ufficialmente e, per questo, attendiamo al più presto una convocazione", ha spiegato Clara Ciuca della Uilm al quotidiano 'Il Centro'. "Vogliamo sapere se ci saranno conseguenza sull'auspicata ripresa produttiva, dato che l'ingegnere è anche azionista di maggioranza ed è lui ad aver portato avanti l'investimento. Pensiamo, inoltre, che vada individuato un altro Presidente".
Un mese e mezzo fa, il Tribunale dell'Aquila aveva autorizzato Accord Phoenix ad avviare il piano di bonifica e adeguamento del sito produttivo presentato alle autorità inquirenti per il dissequestro; da allora, sono rientrati in fabbrica 20 operai per eseguire gli interventi previsti sotto la supervisione delle Fiamme Gialle. "I lavori stanno procedendo - ha confermato Ciuca - e si stanno seguendo le prescrizioni del giudice per ottenere il via libera". Soltanto a lavori realizzati, infatti, la società potrà ottenere l'AIA, l'Autorizzazione integrata ambientale, necessaria per l'esercizio di alcune tipologie di installazioni produttive che possono produrre danni ambientali significativi. A regime, l'azienda dovrebbe lavorare i Raee, rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche; si è insediata all'ex polo elettronico con un investimento che sfiora i 50 milioni di euro, 11 da fondi pubblici a valere sul 4% delle risorse per la ricostruzione destinate allo sviluppo economico, e dovrebbe occupare 80 dipendenti per la prima linea di produzione (60 riassorbiti per il 50% da Finmek e per il 50% da Fida, Intercompel e P&A Service), in attesa di capire se, in futuro, si riuscirà a far partire anche la seconda.
Ora, le dimissioni di Shankar gettano altre ombre sull'avvio della produzione. Anche perché restano ancora oscuri i contorni dell'altra inchiesta a carico di Francesco Baldarelli, cui è stato notificato - in gennaio - un avviso di garanzia con l'ipotesi di reato di truffa; accusa che sta in un altro capitolo di questa intricata vicenda. Stando all'autorità inquirente, infatti, la società avrebbe ottenuto parte del finanziamento pubblico sulla scorta di una "fittizia rappresentazione dei presupposti da parte dell'indagato, che avrebbe agito in concorso con altri soggetti al momento sconosciuti".