“Da quasi un anno non possiamo accedere ai nostri laboratori di ceramiche, imprigionati nella zona rossa. Se non parte subito la ricostruzione post-sisma, la gloriosa tradizione artigiana di Castelli rischia seriamente di morire”.
È unanime il grido di dolore degli artigiani di Castelli (Teramo), uno dei poli mondiali della maiolica, colpito duramente dai terremoto del Centro Italia dell’ultimo anno, in particolare dalle scosse di ottobre 2016 e gennaio di quest’anno.
Su 20 botteghe del centro storico, la metà risulta oggi infatti inagibile; fuori dal centro, invece, 4 su 16. Gli eventi sismici hanno inferto danni anche a una quindicina di fabbriche della ceramica nella zona industriale.
La ricostruzione, nel piccolo comune del Teramano, stenta a decollare: nel centro storico sono ancora 45 le unità abitative classificate “E” con danni strutturali a seguito del terremoto dell’Aquila del 2009, cui se ne sono aggiunte altre 20 dopo le scosse più recenti. Le famiglie sfollate sono oggi nel complesso più di 70, metà delle quali da molti anni.
A rischio è finita, alla luce di questo quadro, un’attività economica antica di quattro secoli, legata all’arte della ceramica e che esprime ancora oggi un eccellenza di cui è testimone la mostra “La tradizione del futuro”, che resterà aperta fino al 3 settembre, per celebrare i 110 anni della scuola d’arte.
Accanto alla kermesse c’è anche la quinta edizione del “Festival della Storia dell’Arte”, che terminerà il 1° settembre e che ha visto come padrino il critico d’arte Vittorio Sgarbi. E ancora altre esposizioni e la celebrazione dei 400 anni del soffitto a tavelle di ceramica della chiesa di San Donato, definita dallo scrittore Carlo Levi la “Cappella Sistina” della maiolica.
Tutte iniziative messe in campo dall’amministrazione comunale del sindaco Rinaldo Seca per favorire l’afflusso di turisti, inevitabilmente crollato dopo le calamità sismiche, e per tenere alta l’attenzione sui problemi che attanagliano la capitale della ceramica.
Nelle parole dei diretti interessati, artigiani e imprenditori, si può toccare con mano la portata di queste difficoltà, ma anche la voglia di lottare e andare avanti. In coro chiedono in primis che il processo di ricostruzione finalmente decolli, e auspicano aiuti concreti al settore vitale delle attività produttive, come per esempio agevolazioni fiscali di maggiore durata rispetto ai 2 anni previsti dal “decreto terremoto” 2016. “Il mio laboratorio - spiega Ivano Pardi, storico artigiano locale - era ospitato nella storica bottega del Cinquecento di Orazio Pompei, tra i più grandi ceramisti dell’epoca. Ora è inagibile, perché il palazzo di fronte è stato danneggiato e dopo 10 mesi non sono state effettuate ancora le opere di messa in scurezza che mi consentirebbero di rientrare. Così non posso produrre né vendere. Se non ci saranno novità sarò costretto ad andare via da Castelli, e ad aprire altrove, in qualche modo devo pur campare”.
Pardi è uno degli artigiani che ha fatto richiesta di utilizzare uno dei sei box di legno donati dalla Caritas, grandi circa 15 metri quadri, collocati alle porte del centro storico. Ma le assegnazioni ancora non vengono effettuate. “Il box mi consentirà di tornare a esporre i miei prodotti anche se ovviamente i turisti non sono più numerosi come una volta - prosegue - Resta, poi, il problema della produzione, perché il mio forno resta ‘imprigionatoì dentro la bottega. Con i fondi post-sisma a favore delle attività produttive andrebbero realizzati laboratori provvisori attrezzati, il box per la sola vendita non è sufficiente”.
Spostandosi più a valle, nell’area industriale, ci si trova di fronte a problemi analoghi, come testimonia Angelo Giosuè, titolare di uno stabilimento che produce ceramica artistica d’arredamento e da tavola, commercializzata in tutta Italia e anche all’estero. “Dopo il terremoto dell’Aquila, il mio stabilimento aveva subìto danni alle scorte e alle attrezzature, solo in minima parte rimborsati - ricorda - Il sisma 2016 ha invece danneggiato parzialmente lo stabilimento. Sono venuti a fare i sopralluoghi e da allora non sappiamo più nulla. Poi è arrivata la grande nevicata di gennaio, che ha distrutto il tetto, che ci siamo riparati da soli. Per fortuna la produzione non si è fermata e non dipendiamo dal turismo in loco - spiega - che è notevolmente diminuito, visto che vendiamo la nostra merce fuori. La situazione resta difficile”.
“La verità - conclude l’imprenditore - è che già all’indomani del terremoto 2009 siamo stati abbandonati a noi stessi. Ma dovrebbero capire che se non aiutano, per esempio con sgravi fiscali di lunga durata, di almeno 5 anni, l’industria della ceramica, che è il motore di tutta quest’area interna, sarà inutile ricostruire le case perché resteranno vuote, visto che senza lavoro tanti giovani saranno costretti ad andarsene”.
Invita all’ottimismo, infine, Nino Facciolini, la cui bottega fuori il centro storico di Castelli è stata risparmiata dai terremoti. “Questo laboratorio è operativo da quarant’anni e sono determinato ad andare avanti - assicura - Grazie anche ai tanti eventi organizzati quest’estate i turisti si sono visti, e questo è un buon segno, soprattutto per i giovani che vogliono restare qui, a portare avanti la tradizione della ceramica dei loro padri e dei loro nonni”.
“Resta il fatto che il centro storico va ricostruito il prima possibile, perché quella è l’unica e vera sede delle botteghe della ceramica castellana, le strutture prefabbricate sono solo una soluzione di emergenza, spero di breve durata”, conclude Facciolini.
Fonte: La tradizione del futuro (www.latradizionedelfuturo.it)