“Concorso più snello e graduatoria nazionale. A Medicina parte il nuovo sistema di accreditamento delle scuole di specializzazione”.
Iniziava con questi toni trionfalistici il comunicato stampa con cui il ministero dell’Istruzione presentava, a maggio, la grande riforma delle scuole di specializzazione di Medicina, quelle che formano i chirurghi, i cardiologi e gli oncologi di domani. Una riorganizzazione avviata tre anni fa dall’allora responsabile del Miur Maria Chiara Carrozza - quando il presidente del Consiglio era Enrico Letta – e passata attraverso altre due ministre.
Dalla pubblicazione di quel comunicato sono passati quattro mesi ma il nuovo sistema non ha ancora dato i suoi frutti con la conseguenza che il nuovo bando per l’accesso alle scuole, che doveva uscire a luglio, non è ancora stato pubblicato.
Risultato: circa 15 mila aspiranti specializzandi rischiano di perdere l’anno accademico.
Ma andiamo per ordine.
Il nuovo sistema di accreditamento delle scuole di specializzazione di Medicina prevede che “le nuove regole di accreditamento delle strutture sanitarie utilizzabili per la formazione delle specializzande e degli specializzandi […] abbiano “parametri più rigorosi ed efficaci” .
Negli ultimi due anni, il ministero della Salute e quello dell’Istruzione hanno avviato un lavoro di monitoraggio per verificare, nelle scuole di specializzazione, l’esistenza di tali parametri – per esempio: strutture all’altezza, tutor, un numero minimo di interventi chirurgici, ricoveri ecc.
Sennonché il rapporto presentato dall’Osservatorio nazionale per la formazione medica specialistica, che proponeva di togliere l’accreditamento al 10% delle scuole (135 strutture su 1433) perché mancanti di alcuni requisiti, è stato “bocciato”, per deficit nell’istruttoria, dallo stesso ministero della Salute, che, per paura di essere seppellito dai ricorsi, ha chiesto una nuova relazione.
Quest’ultima, però, ancora non è arrivata. E finché non si saprà quali sono le scuole accreditate in cui mettere i posti a concorso, il bando non potrà essere pubblicato. La nuova normativa, poi, impone che tra l’emanazione del bando e le prove debbano passare 60 giorni.
Il Miur ha annunciato che il nuovo regolamento uscirà domani; il che vuol dire che, se va bene, il concorso si farà a novembre. Ma gli aspiranti specializzandi sono molto preoccupati e lo sono anche i direttori dei dipartimenti di Medicina.
Oggi, davanti a Montecitorio, ci sarà una manifestazione indetta dalle associazioni dei giovani medici, tra cui Federspecializzandi, per chiedere non solo che si sblocchi subito l’accreditamento e che quest’ultimo venga fatto con criteri meno stringenti ma anche che vengano aumentate le borse e i contratti per i futuri specializzandi e che vengano corretti alcuni aspetti del bando.
Quest’ultimo, infatti, prevede 6105 borse nazionali (a cui forse se ne aggiungeranno altre 600 finanziate da regioni e privati) a fronte, come detto, di circa 15 mila aspiranti specializzandi.
Inoltre, per la prima volta, si sceglierà la specializzazione solo dopo aver sostenuto la prova, una novità che l’Anaao giovani ha già bollato come “assurda”.
L’Aquila: a rischio due scuole di specializzazione
“Siamo ancora in attesa di conoscere l’esito della valutazione dell’osservatorio ma dai documenti, non ufficiali e non firmati dal ministro, filtrati finora sembrerebbero a rischio, per Univaq, due scuole di specializzazione: Cardiologia e Neurologia”.
A parlare, ai microfoni di NewsTown, è una preoccupata Maria Grazia Cifone, direttrice del Mesva, dipartimento di Medicina clinica, Sanità pubblica, Scienze della vita e dell'ambiente dell’Università dell’Aquila.
“Abbiamo chiesto spiegazioni” spiega la professoressa Cifone “Il problema di cardiologia è che non è convenzionata presso la nostra Asl. La convenzione che abbiamo è stata fatta con una casa di cura privata che, pur essendo accreditata, non ci consente di garantire i cosiddetti requisiti assistenziali perché ci sono cose che le cliniche private non possono fare. Per quanto riguarda neurologia, invece, non abbiamo compreso il senso della valutazione perché i requisiti li ha tutti. Il decreto, in teoria, prevede la possibilità di consentire alle strutture deficitarie di definire una sorta di programma per rientrare in possesso dei requisiti richiesti dal ministero ma i criteri in base ai quali le scuole di specializzazione vengono ammesse con riserva o bocciate sembrano essere del tutto arbitrari”.
“La perdita di due scuole di specializzazione sarebbe un colpo durissimo per questo territorio” spiega la direttrice del Mesva “che ridurrebbe la nostra offerta formativa e l’attrattività della nostra sede, con conseguente calo degli iscritti. Cardiologia e Neurologia esistono da quando c’è la facoltà di Medicina e hanno sempre formato bravi medici. Non vedo come di punto in bianco possano essere ritenute inadeguate”.
“Sono molto preoccupata” afferma la Cifone “per questo sostengo tutte le azioni che si stanno portando avanti in difesa di un’offerta formativa che possa consentire ai laureati di trovare il giusto sbocco. Di questo passo, se si considera anche il problema del numero chiuso ai corsi di laurea in medicina e il fatto che chi va in pensione non viene reintregrato, arriveremo a breve a non avere più medici e saremo costretti a chiamare gli specialisti dall’estero”.
Secondo la Cifone il nuovo sistema di valutazione pensato dal ministero è troppo rigido e penalizza soprattutto i piccoli e medi atenei come quello aquilano, avvantaggiando le grandi università. Il ridimensionamento di alcune scuole di specializzazione potrebbe essere solo la prima mossa di una strategia di lungo termine che, depotenziando i piccoli atenei, punterebbe a “concentrare il sistema universitario in poche sedi, ovvero nei mega atenei delle grandi città. Una cosa che sarebbe penalizzante per le famiglie e i cittadini”.