Ricordate il caso 'scoppiato' nell’estate del 2015? Sostanzialmente, venne 'rigettato' dagli uffici dell’Ente Parco Gran Sasso il progetto di sostituzione della seggiovia con un nuovo tragitto, "più sicuro e razionale" ha sempre ribadito l'associazione Progetto Montagna. Una seggiovia più lunga che metteva in collegamento la zona Scindarella con l’imbarco della funivia "evitando inutili e rischiose passeggiate, specialmente senza sci e in caso di maltempo, al riparo da una zona ventosa sin dai tempi della nascita di Eolo. Una scelta dettata da motivi di sicurezza, non certo dalla stoltezza umana, come qualcuno ha preferito credere".
Ebbene quella 'doccia fredda' fece scoppiare le ire dell'allora sindaco Massimo Cialente, poi quelle del Consiglio Di Amministrazione del Parco creando una spaccatura interna non da poco, poi quelle della popolazione. "Ma anche quelle delle associazioni ambientaliste - ricorda Progetto Montagna - che fecero quadrato appellandosi alla protezione di una zona 'preziosa'". Si arrivò cosi verso l’autunno abbastanza sicuri che tra la mera sostituzione e il nuovo progetto si scegliesse la strada della mediazione con una terza soluzione da trovare a tavolino. Ma così non fu.
"Come risulta dagli atti della Regione, infatti - denuncia l'associazione - il nuovo progetto fu 'ritirato' dall’Amministratore Unico del CTGS prima che potesse andare in discussione alla Commissione di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) che avrebbe potuto rivedere, scavalcare o mediare il parere degli uffici tecnici del Parco. Insomma, l’augurata strada della 'via di mezzo' non venne neanche intrapresa, in barba anche alle normative europee che, proprio per evitare costose risse, prevedono un’ampia discussione delle soluzioni alternative di un progetto in aree Sic e Zps. Un atro atto, dell’amministrazione del CTGS, del tutto arbitrario e privo di logica. Si usò la scusa dei fondi PAR-FSC per azzittirci - aggiuge Progetto Montagna - perché, cosi ci fu detto, rischiavano di essere persi decorso il 31/12/15 se non fosse partito il cantiere".
Cantiere partito nel luglio del 2017. Circa 2.5 milioni, assegnati al progetto dalla Regione Abruzzo, ai quali vanno ad aggiungersi altri 5.2 milioni di fondi CIPE, già in cassa, per completare l’opera, prevista per 7.7 milioni. Così, a gara ormai affidata, con regolare bando, si passò da un progetto di 1.4 km ad uno di mera sostituzione di soli 900 metri circa allo stesso prezzo, un vero affare. "Un danno economico pazzesco che le intricate maglie del Codice degli Appalti non hanno permesso di rivedere, cosi come l’esterrefatta ditta appaltatrice, che ci guardava con occhi sgranati e stupiti", l'affondo dell'associazione.
Ma che fine hanno fatto quei 2.5 milioni? "Dai recenti controlli effettuati, sui conti del CTGS non c'è traccia. Dall’esamina attenta del Disciplinare previsto per i fondi Par-Fsc, firmato tra CTGS e Regione Abruzzo, emerge che entro la data di avvio dei lavori e successivamente per altri 5 step dovevano essere richieste le rispettive anticipazioni (Sal). Quindi, ad oggi, dovevano essere stati richiesti almeno 3 Sal su 6 per un importo complessivo di circa 1.3 milioni". E’ stato fatto? "No e siamo fortemente preoccupati perché il suddetto disciplinare prevede una serie di cavilli, limiti, rivalse, more e ammende, del tutto legittimi in un finanziamento europeo, che potrebbero comportarne la revoca, con dei danni economici incalcolabili. Insomma ci ritroviamo un progetto che non volevamo per non perdere 2.5 milioni, ma è costato circa 1.5 in più e rischiamo di perdere la differenza. Purtroppo un altro pessimo esempio di come stiamo trattando le tasse dei contribuenti, i progetti di sviluppo europei e le casse disastrate di una Società pubblica".