Mercoledì, 17 Gennaio 2018 22:17

Rigopiano, un anno dopo. I familiari delle vittime: "Lasciati soli"

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Macerie, neve e ghiaccio.

E' il silenzio ad avvolgere ciò che resta dell'Hotel Rigopiano, travolto un anno fa da una valanga di circa 120mila tonnelate che si è schiatata sul resort con la forza di quattromila tir a pieno carico. L'impronta della slavina è imponente, alzando lo sguardo. Voltandosi, resta l'insegna dell'albergo che lì, sotto la cresta del Monte Siella, non doveva stare: i familiari delle 29 vittime, come fosse un sacrario, vi hanno appeso le foto dei loro familiari con la scritta 'mai più'. L'area è ancora sotto sequestro, congelata a 12 mesi fa. L'inverno ha fermato i rilievi, riprenderanno in primavera.

D'altra parte, il tempo della giustizia non è quello del dolore.

Stamane, sole e cielo azzurro - anche se il freddo era pungente - hanno accolto i familiari delle vittime, semplici cittadini e autorità civili e militari. E' con il suono del silenzio che si è aperta alle 9.48 la cerimonia di deposizione di una corona davanti l'ingresso di quello che resta del resort: a presiedere la breve e toccante cerimonia è stato il vescovo della Diocesi Pescara-Penne Monsignor Tommaso Valentinetti che, nel corso della benedizione, ha pronunciato poche, sentite parole: "Concedi il riposo eterno ai fratelli e alle sorelle che hanno lasciato la vita terrena. Il sole che splende oggi si é appannato nel cuore di tutti coloro che sono qui. Signore noi ti chiediamo di ridarci ora questo sole e la pace eterna a coloro che non sono più fra noi".

Poi, alle 11, il corteo con fiaccolata fino alla chiesa parrocchiale di Farindola dove il Monsignore ha celebrato la messa. "Non possiamo rimanere schiacciati sotto il peso del dolore - le parole di Valentinetti, nella omelia - dobbiamo affrontare il dolore. Dobbiamo puntare il dito contro il dolore, dobbiamo andare al di là del dolore: a questo serve la fede, non a chiedere che le cose non succedano ma per attraversare il dolore e la sofferenza, e ad attraversare anche la morte perché la morte l'attraverseremo comunque. Il Signore ci ha regalato oggi una giornata di sole, un anno fa qua stava finendo il mondo invece... Il sole deve tornare a splendere nei vostri cuori". Davanti all'altare le foto delle 29 vittime dentro 29 cornici a forma di cuore e la scritta il fuoco del nostro Amore'. "Quando ci sono morti tragiche se ci sono responsabilità queste vanno accertate sicuramente", ha aggiunto il prelato.

Monsignor Valentinetti ha ricordato i bambini della scuola di San Giuliano di Puglia, in Molise, e i tre operai morti a Milano. "Chissà quante volte in quest'anno vi siete ripetuti 'ma perché quella valanga nessuno l'ha fermata?'. A questa domanda non c'è una risposta perché purtroppo più volte mi sono scontrato con la morte come avete fatto voi: ho dovuto celebrare il funerale dei 27 bambini a San Giuliano di Puglia. Ero diventato vescovo da due anni: vi assicuro che è stato il funerale più difficile della mia vita. Anche allora mi sono chiesto: perché la casa di fronte alla scuola non è crollata e la scuola è crollata? La risposta è la solidarietà umana che possiamo esprimerci - ha aggiunto Valentinetti - che ci deve far sentire un cuore solo e un'anima sola. Esiste anche una risposta di fede, di una fede forte e potente, perché la fede non serve come sapete per chiedere a Dio di non far succedere le cose. La vita ci insegna che 27 bambini sono morti, 29 persone sono morte, e che l'altro giorno 3 persone sono morte nella fossa mentre lavoravano a Milano".

Alle 14:30, la commemorazione nel Palazzetto dello Sport di Penne (Pescara) che fu base dei soccorritori: l'arcivescovo ha benedetto 29 piante di leccio che saranno messe a dimora vicino alla Cittadella dello Sport. Quindi, la potente vocalità del tenore Piero Mazzocchetti, accompagnato dall'Orchestra giovanile di fiati 'Claudio Monteverdi', è risuonata nel Palazzetto. Chiusura alle 18 con la 'Corale Monte Camicia'. 

Sugli eventi del 18 gennaio 2017, si è scritto e molto. E così delle responsabilità. Un anno dopo, sono 23 gli indagati; tra le accuse più gravi, contenute nelle migliaia di pagine che compongono il fascicolo, quelle di omicidio colposo plurimo e lesioni plurime colpose.

Quattro i filoni principali dell'inchiesta: il primo, sui ritardi nell'attivazione della macchina dei soccorsi, chiama in causa l'ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, il dirigente dell'area Protezione civile Ida De Cesaris e il capo di gabinetto Leonardo Bianco. Secondo l'accusa, soltanto a partire dalle ore 10 del 18 gennaio venne effettivamente attivato il Centro coordinamento soccorsi, nonostante i pericoli e le intemperie.

Il secondo, sulla gestione dell'emergenza, vede indagati Antonio Di Marco, presidente della Provincia di Pescara; Paolo D'Incecco, ex dirigente del settore Viabilità e referente di Protezione civile; Mauro Di Blasio, responsabile degli stessi servizi; Giulio Honorati, comandante della Polizia provinciale di Pescara; Tino Chiappino, tecnico reperibile secondo il Piano di reperibilità provinciale. Le contestazioni sono: la mancata attivazione della sala operativa di Protezione civile, la non effettuazione della ricognizione dei mezzi spazzaneve e la mancata chiusura al traffico del tratto di strada provinciale che conduce a Rigopiano.

Il terzo filone riguarda la realizzazione del resort e vede coinvolti il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, gli ex sindaci Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico, e i tecnici Luciano Sbaraglia ed Enrico Colangeli, in relazione alla mancata adozione del nuovo piano regolatore generale del Comune che, se fosse stato approvato - è la tesi dell'accusa - avrebbe impedito l'edificazione del nuovo hotel Rigopiano e quindi il verificarsi della tragedia. In riferimento al permesso rilasciato nel 2006, per la ristrutturazione del complesso alberghiero, quando l'area era soggetta a vincolo idrogeologico, sono invece indagati Marco Paolo Del Rosso, l'imprenditore che chiese l'autorizzazione, Antonio Sorgi, dirigente della Regione Abruzzo e il tecnico comunale Enrico Colangeli. Secondo la Procura i tre, in assenza di autorizzazione, permisero l'edificazione del nuovo resort con annesso centro benessere, eludendo il pericolo di valanghe e tenendo aperta la struttura, anche alle autovetture e anche in pieno inverno, prescindendo dall'intensità delle nevicate.

L'ultimo filone d'inchiesta attiene, invece, alla mancata realizzazione della Carta per il pericolo delle valanghe e vede indagati i dirigenti della Regione Abruzzo Pierluigi Caputi, Carlo Giovani, Vittorio Di Biase, Emidio Primavera e Sabatino Belmaggio. Su tutto la relazione dei periti della Procura secondo i quali per salvare le vite umane era necessario evacuare l'hotel due giorni prima della tragedia.

"Massimo rispetto per i tempi della Procura, ma comincio a preoccuparmi anche dei tempi di prescrizione", le parole del legale della famiglia di Sara Angelozzi, una delle vittime. "Restiamo in fiduciosa attesa che le indagini vengano concluse - ha aggiunto - e che vengano portati a giudizio coloro sui quali grava con nesso causale la responsabilità dei morti e di coloro che hanno subito le lesioni".

"Le nostre aspettative sono sempre le stesse, non sono cambiate" ha chiarito Gianluca Tanda, portavoce del Comitato vittime. "Siamo convinti che la tragedia si potesse evitare, ne vogliamo la conferma". E' passato un anno ma il dolore non si è attenuato. "Il periodo di Natale per noi è stato drammatico. Le mamme e i papà che hanno perso i loro figli hanno sempre lo stesso sguardo di allora e gli occhi lucidi. Siamo molto più sensibili emotivamente, casa nostra è cambiata, è cambiato tutto. Ci proviamo a convivere con questo dolore, ma non ci riusciamo. E' una ferita aperta, che non si rimarginerà mai", lo sfogo amaro di Tanda che, nella valanga, ha perso il fratello Marco, morto con la fidanzata Jessica Tinari. "In tutto questo tempo - ha aggiunto - nessuno ha mai detto 'forse ho sbagliato, forse potevo fare di più, ero incompetente, non potevo ricoprire quel ruolo'. Il nostro auspicio è che presto siano indagati tutti i responsabili e che inizi il processo". 

"Soffro da quel 18 gennaio" ha sottolineato Giampaolo Matrone, pasticciere di Monterotondo, l'ultimo dei superstiti: è rimasto 62 ore sotto cumuli di macerie e neve. E' invalido, ma i segni più profondi sono quelli dell'anima: a Rigopiano, ha perso la moglie Valentina Cicioni di 32 anni, infermiera al Policlinico Gemelli di Roma, mamma della piccola Gaia, 6 anni. "Tutte le mattine mi sveglio e ho Rigopiano tatuato sul corpo con le cicatrici e nel cuore per la perdita di mia moglie Valentina. Rigopiano sarà per tutta la vita. Oggi non vedo più il futuro - ha chiarito - ma combatterò per due motivi: fare di tutto perché mia figlia abbia sempre il sorriso e portare a casa la giustizia per le 29 vittime". 

Matrone non manca di sottolineare come i familiari delle vittime non abbiano avuto nessuno, accanto: "abbiamo invitato Sergio Mattarella in occasione del primo anniversario, ma non verrà da quanto ho capito. E forse fa bene: se non è stato presente fino ad ora, arrivare in giacca e cravatta oggi non sarebbe servito a nulla. Doveva esserci prima". In realtà, il Capo dello Stato ha inviato una lettera: "Ad un anno dalla tragedia dell'Hotel Rigopiano, profonda ferita per la comunità coinvolta e per il Paese intero, desidero rivolgere un commosso pensiero alle vittime e rinnovare la mia solidale vicinanza ai loro familiari e ai superstiti", ha scritto Mattarella. "Le angosciose immagini diffuse in quei giorni durante le operazioni di salvataggio, scandite dal repentino susseguirsi, con il passare del tempo, di sentimenti ora di speranza e ora di sconforto - si legge ancora nella nota - sono presenti nel cuore e nella memoria di tutti, così come la straordinaria generosità dei soccorritori, impegnati in attività di particolare complessità e in condizioni di estremo pericolo, a testimonianza dell'autentica solidarietà corale che il popolo italiano riesce a offrire nelle prove più drammatiche".

Anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, ha inteso mostrare vicinanza al dolore di Rigopiano. "È passato un anno, ma la tragedia è ancora viva nella memoria di tutti. Un Paese intero seguì con trepidazione, speranza, dolore le operazioni di soccorso, gioì per le persone messe in salvo, pianse per coloro che non ce l'avevano fatta. Sono vicina, anche a nome della Camera dei deputati, alle famiglie delle vittime e ai superstiti, e con loro esprimo l'auspicio che quanto prima sulla vicenda venga fatta piena chiarezza". 

 

Le ore della tragedia, minuto per minuto

Il 18 gennaio 2017, in Abruzzo, è in atto una violenta bufera di neve e si verificano 4 scosse di terremoto. Gli ospiti dell'Hotel Rigopiano, completamente isolato dalla nevicata, vogliono andarsene. Il proprietario invia diverse richieste d'aiuto.

Nel pomeriggio, tra le 16.30 e le 16.50, la valanga travolge la struttura.

Alle 17.08 Giampiero Parete, illeso perchè si trovava nel parcheggio, lancia l'allarme al 118: dice che c'è stata una valanga e che l'albergo è crollato. Alle 17.10 la prefettura chiama l'hotel, ma nessuno risponde. Alle 17.40 una funzionaria della prefettura contatta il direttore dell'hotel, Bruno Di Tommaso, che però è a Pescara e dice di non sapere nulla. Alle 18.03 Parete chiama il suo titolare Quintino Marcella, che fa diverse telefonate al 112 e al 113. Alle 18.08 e alle 18.20 Marcella parla per due volte con la prefettura di Pescara, ma in entrambi i casi la funzionaria liquida la richiesta d'aiuto come un falso allarme.

Solo alle 18.57 un volontario della Protezione civile crede al racconto di Marcella e la macchina dei soccorsi si attiva.

Le squadre del Soccorso alpino si mettono in cammino con le ciaspole e gli sci già la sera del disastro, ma raggiungono il luogo della tragedia soltanto all'alba del 19 gennaio. Poco dopo arriva la colonna dei soccorritori, dietro le turbine che hanno lavorato tutta la notte per sgomberare la strada. Vengono subito tratte in salvo due persone, scampate alla valanga: si trovavano all'esterno dell'hotel. Le macerie, però, restituiscono anche le prime vittime.

Le operazioni termineranno il 25 gennaio con un bilancio di 29 morti e 11 sopravvissuti.

 

Il docufilm 'Voci dal Gelo'

La gioia di una vacanza attesa, bagni in piscina sotto la neve, l’atmosfera magica del Natale in quell’hotel addobbato con migliaia di luci colorate, alberi, palline.

Nel documentario ‘Voci del gelo’, trasmesso su canale 9, è stata ricostruita, attraverso le testimonianze dei sopravvissuti e i filmati originali di chi non c’è più, la tragedia di Rigopiano. Firmato da Marco Visalberghi, il film è stato prodotto da DocLab per Discovery Italia.

La prima parte del documentario è stato realizzato esclusivamente con i video girati dalle vittime, dai superstiti, ritrovati sui cellulari o inviati ai parenti. Sono stati utilizzati anche gli audio dei messaggi WhatsApp per ricostruire le ore precedenti la tragedia. I primi minuti raccontano la gioia di una vacanza in un posto esclusivo e splendido anche se con tantissima neve che creava problemi e qualche timore.

Nel documentario sono state ricostruite anche le telefonate di aiuto partite da Giampaolo Parete e Quintino Marcella.

Il manutentore Fabio Salzetta ha ricordato quelle infinite ore d’attesa. "Eravamo in macchina, faceva freddo. Marcella ci chiamava dicendo che nessuno voleva crederci".

Drammatica la ricostruzione di quelle due ore di telefonate a vuoto per cercare di lanciare l’allarme inascoltato. Poi, il racconto altrettanto drammatico e disperato della colonna dei soccorsi che impiegherà più di 12 ore per giungere all’hotel. Muri di neve e turbina in tilt rallentarono la marcia verso le vittime fino a far decidere ad una decina di soccorritori di avviarsi con gli sci. Furono loro i primi ad arrivare, alle 4.30, ma per molte ore non poterono fare molto: non c’erano le condizioni per iniziare un lavoro di recupero tra buio, gelo, devastazione e pochi mezzi.

Quando sono arrivati i soccorritori, "abbiamo provato una gioia indescrivibile" ha detto Salzetta. E’ stato proprio lui che conosceva bene l’hotel ad aiutare i Vigili del Fuoco a trovare i superstiti. Con l’aiuto di una piantina, non ha mai smesso di dare indicazioni su dove scavare, su come fosse disposto il resort prima dei crolli. Un aiuto determinante. Per 5 giorni non si è mai mosso da lì. Solo quando hanno trovato il corpo di sua sorella, Linda, è risceso. "Ho abbracciato tutti per quello che avevano fatto e sono andato via senza guardarla".

Toccante anche il racconto dei soccorritori che hanno ammesso il forte scoramento al momento dell’arrivo nei pressi dell’hotel: "ci aspettavamo un albergo di 4 piani e invece non c’era più niente. Non sapevamo da dove partire, cosa fare. Non eravamo preparati per una tragedia del genere".

Solo dopo oltre 20 ore verranno raggiunti i primi superstiti.

Ultima modifica il Venerdì, 19 Gennaio 2018 00:09

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