Venerdì, 20 Aprile 2018 00:17

Gioco d'azzardo: tre province abruzzesi tra le prime dieci per spesa pro capite

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Dal verde dei boschi e delle montagne a quello dei tavoli da poker, reali e virtuali.

L’Abruzzo non ha solo il primato delle riserve naturali ma anche quello della spesa pro capite per il gioco d’azzardo.

Nella classifica che misura la quota di denaro che, nelle varie province d'Italia, le persone scialano in gratta e vinci, lotterie e giochi online, sono ben tre le province abruzzesi nelle prime 10 posizioni. E due – Teramo e Pescara – occupano il secondo e terzo posto.

E’ quanto emerge da alcuni dati forniti dai Monopoli di Stato, rielaborati da Maurizio Fiasco, presidente di Alea (Associazione per lo studio del gioco d’azzardo), e divulgati qualche giorno fa (martedì 17 aprile) da Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera.

Un report dal quale emergono diverse cifre allarmanti.

Anzitutto, la crescita abnorme del fenomeno, che, in dieci anni, ha visto quintuplicare le proprie dimensioni.

E poi i magri incassi che lo Stato ottiene dalle giocate sotto forma di tasse. Dinanzi alla cifra monstre di oltre 100 miliardi di euro - tanti sono i soldi spesi dagli italiani nel 2017 - all’erario sono andati a finire pochi spiccioli.

I numeri

Nel 2017, il consumo di giochi d’azzardo è stato, in Italia, di 101,85 miliardi di euro, con una spesa pro capite media di 1897 euro.

La maggior parte di questi soldi (75%) è andata ai giochi "fisici": gratta e vinci, lotterie varie, slot machine. Il resto (25%) è andato a finire nell’online.

Rispetto al 2016 c’è stato un aumento del 6% ma quello che più impressiona è l’esplosione del fenomeno rispetto a dieci anni fa: +142% sul 2007, anno in cui gli italiani spesero nel gioco d’azzardo 24,7 miliardi di euro: 721 euro pro capite. Nel 1998 erano stati 12,5 miliardi.

La febbre del gioco d’azzardo ha contribuito, insieme ad altri fattori, a rosicchiare la proverbiale capacità di risparmio degli italiani, passata dall’8,5% al 7,8%. E ai giochi legali vanno aggiunti anche quelli illegali, in mano per lo più alla criminalità organizzata: secondo le stime rappresenterebbero almeno un altro 20% in più.

Abruzzo maglia nera

Come si diceva, nella classifica fatta in base all'importo pro capite destinato al gioco d’azzardo, nelle prime 10 posizioni ci sono ben tre province abruzzesi: Teramo e Pescara sono addirittura al secondo e terzo posto assoluti - dietro Prato (prima con 3796 euro) - con, rispettivamente, 2472 e 2429 euro. Al decimo c’è la provincia dell’Aquila con 2204. Tra la terza e la decima posizione ci sono Sondrio (2384 euro), Como (2357 euro), Fermo (2279 euro), Salerno (2252 euro), Milano (2241 euro) e Verbano-Cusio-Ossola (2221 euro). Ma la provincia dell’Aquila detiene un altro triste primato, quello del numero di slot machine per numero di abitanti.

Lo Stato incassa briciole

In sette anni, gli incassi dell’erario sul gioco d’azzardo sono diminuiti di un terzo.

Basti un dato, quello dei giochi online: su 27 miliardi spesi da 4 milioni di giocatori nel 2017, allo Stato ne sono andati a finire appena 304mila 673. L’1,13%. E questa è solo una media perché, denuncia Fiasco, ci sono anche casi dove la quota dell’erario può ridursi al 2 per mille.

Nel 2004 il settore era tassato al 29,44%. Nel 2017 il tetto è sceso al 9,63%.  

Se con il lotto si finanziano i restauri...

“La ricostruzione non si finanzia con il gratta e vinci!”.

Era uno degli striscioni che campeggiavano a piazza Montecitorio il 16 giugno 2009, nella prima manifestazione organizzata dagli aquilani a Roma per chiedere fondi e tempi certi per la ricostruzione. Quel giorno alla Camera dei deputati era in discussione il decreto terremoto, che avrebbe disciplinato la ricostruzione negli anni a venire.

Con quello slogan si intendevano chiedere coperture finanziarie certe e non aleatorie, per avere un flusso costante di denaro anno dopo anno.

Eppure, non è mica vero che i soldi delle lotterie non possano essere destinati a progetti e obiettivi nobili.

Fino a qualche anno fa, per esempio, con i soldi del lotto si finanziavano il recupero e la conservazione dei beni culturali.

Nel 1998, quando al governo c’era Romano Prodi, per volere dei ministri Veltroni e Visco le estrazioni settimanali del lotto vennero portate a due e venne stabilito che una parte degli incassi andasse al Mibact.

Lo chiamarono il Piano-Lotto e nel primo triennio, dal 1998 al 2000, consentì di finanziare circa 200 interventi di restauro, per un ammontare complessivo di 442 milioni di euro, come rivela un recente report di Lottomatica.

Il piano venne confermato anche gli anni successivi, di triennio in triennio.

Dal 2001 al 2003, dalle giocate degli italiani il Mibact ricavò 445 milioni di euro, con i quali vennero finanziati altri 200 interventi.

Nel triennio 2004-2006 la cifra destinata ai restauri e al recupero dei beni culturali si assottigliò a 332 milioni perché una quota, 113 milioni, venne “dirottata” su cinema, teatro e spettacoli.

Le cose iniziarono a cambiare dal 2007.

Nel triennio 2007-2009 il Piano Lotto scese a 273 milioni  (91 milioni l’anno) per poi diminuire ancora negli anni successivi. Nonostante, come si è visto, il volume d'affari del settore, nel frattempo, aumentasse.

Nel 2010 i milioni drenati dal Piano Lotto furono 60, 47 nel 2011, 48 nel 2012, 29 nel 2013 e 22 nel 2014, che fu anche l’ultimo anno del Piano, visto che, stando sempre al report di Lottomatica, dopo quell’anno non risultano più programmazioni.

Ultima modifica il Venerdì, 20 Aprile 2018 14:52

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