Un accordo tra 'ndrangheta e mafia siciliana per spartirsi Abruzzo e Molise.
A parlarne è la Direzione investigativa antimafia, nell'ultima relazione semestrale al Parlamento. Che delinea uno scenario inquietante: a far gola, gli appalti nella ricostruzione post-terremoto dell'Aquila e del cratere del Centro Italia piegato dagli eventi a cavallo tra 2016 e 2017, con imprenditori compiacenti che renderebbero più facile l'infiltrazione dei clan; ma preoccupa anche lo spaccio di stupefacenti sulla costa adriatica, nelle province di Chieti e Pescara.
A darne notizia è l'Agi.
Nella relazione, gli inquirenti fanno riferimento più volte all'operazione "Isola Felice" che un anno fa portò all'arresto di 25 persone e a circa 150 avvisi di garanzia, con un dispiegamento di 200 carabinieri operativi in sei diverse regioni; tra le altre Abruzzo e Molise, appunto, terreno naturale (e di confine) per la criminalità organizzata delle regioni al Sud. Le evidenze investigative emerse con "Isola felice" vengono definite dalla Dia come importanti tessere del mosaico espansionistico della 'ndrangheta verso regioni "solo all'apparenza meno appetibili". Forte e "operativa" sarebbe la presenza del gruppo Ferrazzo di Mesoraca (Crotone) nelle due Regioni, con il capo 'ndrina che, prima di essere arrestato, aveva la propria residenza in provincia di Campobasso, e nel Sud dell'Abruzzo si era reso promotore di un'organizzazione composta sia dai "suoi" calabresi che dal clan Marchese di Messina.
Un sodalizio tra 'ndrangheta e mafia siciliana, insomma, per il controllo degli stupefacenti nel Sud dell'Abruzzo - nella zona di Vasto - e per aprire un nuovo fronte nelle due Regioni. "Le indagini - si legge nella relazione - hanno ben delineato come la cosca Ferrazzo volesse ricompattarsi in Abruzzo, arrivando, appunto, in un'isola felice per rinsaldare le proprie attività criminali". I Ferrazzo si erano rafforzati in seguito alla "caduta" del clan Cozzolino, della camorra campana, precedentemente egemone in Abruzzo e fortemente ridimensionato a seguito dell'operazione "Adriatico", anch'essa della procura distrettuale antimafia dell'Aquila.
Ma il dato rilevante è che per la prima volta la direzione nazionale parla di un'organica spartizione della regione da parte di associazioni di criminalità organizzata che si accordano per un maggiore controllo del territorio.
Nell'ultima relazione della Dia, nel territorio dell'Abruzzo si segnala anche la presenza di soggetti riconducibili alla cosca Morabito-Palamara-Bruzzaniti di Africo (Reggio Calabria). L'efficienza della cosca ha trovato conferma nell'ambito dell'operazione "Buena Ventura" che ha portato all'arresto di 19 affiliati, responsabili di traffico internazionale di stupefacenti, alcuni dei quali individuati a Pescara.
La contiguità geografica dell'Abruzzo con la Campania è tra i principali fattori che hanno favorito le infiltrazioni di clan camorristici, anche attraverso la complicità di imprenditori, interessati ad acquisire i finanziamenti statali per la ricostruzione post-terremoto, e maggiori spazi nei mercati di competenza, come quello ittico. Sotto il profilo dell'attività di aggressione patrimoniale, sempre secondo la relazione della Dia, la Guardia di Finanza ha eseguito decreti di sequestro preventivo di beni intestati a prestanome del clan Mallardo, compresi alcuni immobili situati a Castel di Sangro (L'Aquila). Non mancano, infine, aggregazioni criminali composte da stranieri e da propaggini di clan napoletani e pugliesi per lo spaccio di sostanze stupefacenti, importate attraverso la rotta adriatica.