Fiammetta Borsellino, figlia del giudice Paolo ucciso nell'attentato di via D'Amelio il 19 luglio del 1992, ha incontrato in carcere i boss mafiosi Giuseppe e Filippo Graviano, e ha chiesto loro di rivelare quanto sanno sulle stragi di mafia.
È la stessa Borsellino a raccontare, in una lettera pubblicata oggi da "Repubblica", i colloqui avuti con i due fratelli, reclusi al 41 bis uno a Terni e l'altro a L'Aquila, un tempo capimafia del quartiere palermitano di Brancaccio e al centro della strategia stragista di Cosa Nostra; la figlia del giudice simbolo della lotta alla Mafia ha scritto al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per essere autorizzata ad incontrare i boss, rinchiusi dal gennaio 1994. Ricevuta l'autorizzazione, si è recata prima a Terni da Giuseppe Graviano e poi a L'Aquila da Filippo.
"Sono andata da Giuseppe e Filippo Graviano - scrive Fiammetta Borsellino - con l'idea che può vivere e morire con dignità non soltanto il magistrato che sacrifica la propria vita, ma anche chi pur avendo fatto del male è capace di riconoscere il grave male che ha inflitto alle famiglie e alla società, è capace di chiedere perdono e di riparare il danno. Riparare il danno per me vuol dire non passare il resto della propria vita all'interno di un carcere, ma dare un contributo concreto per la ricerca della verità. Si tratta di un contributo di onestà che gli uomini della criminalità organizzata devono dare principalmente a loro stessi, perché chi uccide, uccide la parte migliore di sé. E poi soltanto contribuendo alla ricerca della verità, i figli potranno essere orgogliosi dei padri".
Fiammetta Borsellino ha aggiunto che si è trattato di un incontro "guidato unicamente da un lungo, complesso percorso personale e dettato da una forte e urgente esigenza emotiva. Ho sentito la necessità, in quanto figlia di un uomo che ha sacrificato la propria vita per i valori in cui ha creduto e per amore della sua terra, di dovere attraversare questo ulteriore passaggio importante per il mio percorso umano e per l'elaborazione di un faticoso lutto. Un incontro che ha assunto come unico motore la necessità di esprimere un dolore profondo inflitto non solo alla mia famiglia, ma alla società intera".